Egitto: accordo per fine violenze. Il vescovo di Giza: pensare a bene del Paese
Un patto per rinunciare alla violenza e per formare un comitato che fissi l’agenda
del dialogo nazionale. È quanto hanno sottoscritto ieri i rappresentanti delle diverse
forze politiche, religiose e sociali dell’ Egitto, riunite sotto la mediazione del
grande imam della moschea di Al-Azhar al Cairo. Intanto, prosegue lo stato di emergenza
dopo le violenze dei giorni scorsi, costate la vita a 56 persone. Il Fronte di salvezza
nazionale e i movimenti rivoluzionari egiziani hanno indetto per oggi proteste ''pacifiche''
nel Paese e davanti al palazzo del presidente perché, si legge in un comunicato,
''la voce del popolo arrivi ad un potere che non vuole sentire e capire''. Per un
commento, Marco Guerra ha intervistato il vescovo di Giza, mons. Antonios
Aziz Mina:
R. - Se prima
c’era una maggioranza relativa per i Fratelli Musulmani, che raggruppano con
loro anche tutte le tendenze musulmane, ora la cosa è cambiata; c’è una grande maggioranza
di opposizione composta da piccole minoranze. Purtroppo non hanno lo stesso programma
o le stesse idee ma hanno un solo obiettivo: essere opposizione contro questa tendenza
islamica e la situazione si è ribaltata.
D. - La situazione sembra fuori controllo.
La leadership egiziana non è in grado di far rispettare l’ordine?
R. – La rivoluzione
c’è stata per trovare la libertà, la dignità, per una vita più umana. Niente di questo
è stato realizzato. Quindi, il popolo si è ribellato contro lo stato di emergenza
che è stato imposto. Il governo non può mantenere l’ordine, perché gli ordini che
dà non godono di una intesa interna: il popolo non è d’accordo con quello che viene
ordinato.
D. - Quello che colpisce è anche un certo silenzio del presidente
Morsi e dei Fratelli Musulmani…
R. – Prima, il presidente, quando parlava,
parlava spontaneamente e godeva di una certa base popolare che lo sosteneva. Ora non
parla spontaneamente, tutto viene preparato, tutto viene scritto. Parla meno ed è,
secondo me, un metodo per non affrontare la realtà.
D. – El Baradei ha aperto
al dialogo. Come va letto questo passo dell’opposizione?
R. - Va letto bene,
perché l’opposizione si limitava a fare solo il contraccolpo, la reazione e non l’azione.
El Baradei, a mio giudizio, doveva prendere questo ruolo molto tempo prima, per guidare
un dialogo proficuo. Prima o poi il governo prenderà parte a questo dialogo per sapere
che cosa pensa l’opposizione.
D. - In questo clima di instabilità qual è la
situazione dei copti e cosa rischia la minoranza cristiana in Egitto?
R. –
Ora non è il tempo di pensare alle minoranze cristiane o a come stanno le cose per
una certa fazione, ma piuttosto bisogna pensare a come sarà l’Egitto nel suo insieme.
Avremo noi i nostri diritti e potremo trovare pace in questo Paese, vivendo con dignità,
solo se difendiamo i diritti umani di ogni egiziano sulla terra egiziana.