2013-01-31 14:30:46

Crisi e salute pubblica nell'Ue. Il commissario Tonio Borg: riorganizzare la sanità europea


La crisi economica che si è abbattuta dal 2008 sull’Europa ha avuto pesanti ripercussioni sui Servizi Sanitari Nazionali, che ad oggi rappresentano le prime voci di spesa per i singoli Stati. Necessari, dunque, piani di intervento per ridurre i costi, puntando sulla trasparenza, la riduzione degli sprechi e campagne di prevenzione mirate. Il nostro inviato a Bruxelles, Salvatore Sabatino, ha intervistato, in esclusiva, il commissario europeo Tonio Borg, chiedendogli quale sia attualmente la situazione della Sanità nel Vecchio Continente:RealAudioMP3

R. - Ci sono grandi divari: ci sono ineguaglianze nel settore della sanità, della salute, ed io sono convinto che dobbiamo inventare una politica nuova, di coesione, non soltanto per ragioni economiche, ma anche per le questioni relative alla salute pubblica. Questo non vuol dire che la nostra regione non abbia un livello alto di protezione circa la salute, ma ci sono delle differenze e l’Unione Europea, che ha l’ambizione di arrivare ad una maggiore integrazione, deve trovare delle soluzioni a questo problema, soprattutto in questo momento di crisi finanziaria, dove ci sono riduzioni della spesa e quindi anche sulla salute pubblica e qualche volta con gravi conseguenze.

D. - La crisi è arrivata nel 2008; quindi sono cinque anni che ha colpito pesantemente il continente europeo e ovviamente una delle voci che ha bisogno di tagli è quella della spesa sanitaria. Però i tagli come vanno fatti per non creare poi disagi al cittadino...

R. - Devono essere fatti in modo intelligente, attraverso l’utilizzo di tecnologie moderne che garantiscano un livello di salute pubblica soddisfacente. Ci sono dei limiti, dei parametri da rispettare; non dobbiamo dimenticare la dimensione sociale, perché questo è importante. Ad esempio, in Irlanda del Nord utilizzano l’e-health, cioè un sistema di monitoraggio nella casa stessa: un anziano può tenere sotto controllo il livello della pressione del sangue e dell’ipertensione senza andare in ospedale.

D. - Puntare sul territorio in pratica…

R. - Sì, questo è conveniente per il paziente e per gli Stati e riduce la spesa pubblica. Ci sono altre cose da fare, e questo è importante, perché i sistemi della salute pubblica non saranno più sostenibili se non facciamo anche dei tagli ma in modo intelligente e con una buona riorganizzazione. La responsabilità per questo, rimane degli Stati membri, ma la Commissione può coordinare questi sforzi.

D. - So che lei non ama fare le classifiche. Però, ci sono dei Paesi che si comportano bene e che sono più virtuosi, ed altri che avrebbero bisogno di un aiuto anche nella gestione...

R. - È difficile rispondere a questa domanda, perché un Paese può avere dei problemi in un settore, ma essere invece molto organizzato in altri settori, come quello della salute pubblica. Ma generalmente, il sistema e l’efficienza di un Paese riflette il suo sistema economico, cioè indica se è economicamente forte o no. É il Pil che fa la differenza. Ma questo è il punto di partenza. Talvolta ci sono Paesi ricchi che non sono molto organizzati, forse lo sono nella difesa, ma non nel sistema sanitario. La Commissione ha il compito di mandare questo messaggio: la salute deve essere uguale per tutti, sia per quelli che hanno i mezzi, sia per quelli che non li hanno. Quindi non una salute povera per i poveri, perché se dimentichiamo questa direzione sociale creeremo più problemi per noi stessi.

D. - Ci sono ovviamente delle priorità e delle sfide dell’Europa. Una di queste è la lotta all’alcool, poi al fumo, ed ovviamente l’aumento della popolazione anziana, che determina un cambiamento dei servizi sanitari nazionali…

R. - Certo, queste sono le sfide moderne in cui si impegna la Commissione, almeno chi collabora con me, ad eccezione del cancro, dove c’è una strategia particolare. La nostra strategia è attaccare le cause delle malattie croniche, cioè più che avere una strategia per il diabete o per le malattie cardiovascolari, dobbiamo avere una strategia che attacca le cause di tutte queste cose e queste sono, come lei ha detto: l’obesità, il consumo di alcool, il fumo e poi la mancanza di attività fisica.

D. - Prevenzione pura…

R. - Prevenzione, perché purtroppo tutti gli Stati membri dedicano solo il tre percento per la prevenzione e il restante 97 percento per curare le malattie. Allora dobbiamo incoraggiare ancora di più gli Stati membri e i governi ad investire maggiormente sulla prevenzione. Questo è chiaro, ma purtroppo non accade.

D. - Perché secondo lei questo non accade?

R. - Non accade perché forse non c’è più tanta coscienza di queste cose. Ci sono malattie che vengono inevitabilmente contratte, ma altre - come il diabete - si possono prevenire. Per quanto riguarda il diabete si registra una forte incidenza anche tra i giovani, non solamente tra gli anziani, in modo particolare nei Paesi del Sud, dove è un problema, ma anche nei Paesi del Nord. L’obesità e la mancanza di attività fisica producono o accelerano il passo verso questa malattia. Ad esempio, anche certi tipi di cancro, possono essere prevenuti, altri possono essere diagnosticati con lo screening. Bisogna investire di più in queste cose, e la Commissione ha il compito di creare questa coscienza fra gli Stati membri. La nostra intenzione è quella di ridurre il numero dei fumatori del due percento in Europa nei prossimi cinque anni. Questa è un’altra meta che dobbiamo raggiungere.







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