Mali. Denuncia di Intersos: è dramma umanitario, ma soldi per aiuti non arrivano
Cresce la preoccupazione per la critica situazione umanitaria in Mali, mentre proseguono
le operazioni militari che vedono l’esercito francese affiancare da quello governativo
nella riconquista del Nord del Paese occupato dai ribelli islamisti. A complicare
lo scenario di guerra si aggiungono scontri interetnici. Intanto il primo ministro
ad interim Traoré ha annunciato l’intenzione di indire elezioni politiche il prossimo
31 luglio. Roberta Gisotti ha intervistato Federica Biondi, coordinatrice
di Intersos, che si trova nella capitale Bamako:
R. – Noi di
Intersos siamo presenti in Mali, nella regione di Mopti, che è la regione-tampone
tra il Nord e il Sud, che accoglieva già all’inizio della crisi, nel Nord del Mali,
nel gennaio 2012, più di 40 mila persone sfollate. Al momento, si registrano dei movimenti
della popolazione di diversa natura. Da un lato, ci sono famiglie che si spostano
di nuovo dalle zone dei combattimenti di guerra verso le zone sicure. Dall’altro,
questo movimento di riconquista del Nord da parte dell’Esercito maliano e dell’esercito
francese fa sì che le persone seguano gli eserciti per ritornare sin da subito, in
maniera spontanea, nei loro Paesi di origine.
D. – L’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite ieri in un comunicato indicava 350 mila rifugiati, fuggiti dal Nord
del Mali...
R. – Dal Nord del Mali c’è stato, sin dall’inizio della crisi,
un afflusso continuo verso i Paesi limitrofi: in Mauritania, in Burkina Faso e in
Niger. Noi, come Intersos, siamo presenti in Mauritania, nel campo di M'berra,dove i rifugiati al momento sono 65.210. Il numero sta crescendo vertiginosamente
e ha superato il livello dei mille arrivi al giorno.
D. – Ancora peggiore è
la situazione dei rifugiati all’interno del Paese, che forse mancano anche dei servizi
primari?
R. – Sicuramente. La situazione degli sfollati interni al Mali è particolarmente
preoccupante. Per prima cosa, al Nord non c’è accesso umanitario e quindi la prima
questione da affrontare è quella di avere accesso ai luoghi dove assistere le persone
rimaste in quell'area, probabilmente quelle più povere, che non potevano nemmeno pagarsi
il trasporto per andare al Sud o nei Paesi limitrofi e, poi, assistere le persone
sfollate. Oggi, l’equipe di Intersos, a Mopti, sta facendo una distribuzione di beni
di prima necessità per le nuove famiglie, arrivate a seguito di questa crisi, determinata
dall’intervento degli Esercito francese e maliano.
D. – Si parla già di organizzare
il possibile ritorno di alcune di queste migliaia di sfollati...
R. – Assistiamo
a un ritorno spontaneo. La comunità internazionale si sta interrogando su quale sia
l’accompagnamento più corretto e consono da fare rispetto a questi ritorni: per il
diritto internazionale deve essere volontario, e soprattutto deve essere garantita
la sicurezza minima, per non trovarsi di fronte a movimenti di andata e ritorno, cioè
di ritorno verso le zone di origine e poi di ulteriore sfollamento.
D. – Siamo
quindi di fronte ad una situazione ancora molto fluida...
R. – Siamo di fronte
ad una situazione molto fluida, alla quale stiamo cercando di dare risposta e per
la quale abbiamo bisogno di avere i mezzi per rispondere. E’ una coincidenza particolare
che ieri ci fosse sia la richiesta di fondi per finanziarie la campagna militare ad
Addis Abeba e, nello stesso tempo, a Bamako il lancio della richiesta di fondi per
gli aiuti umanitari. I fondi allocati allo sforzo bellico sono stati intensi: si parla
di 445 milioni di dollari, già raccolti. Per quelli umanitari, invece, hanno chiesto
370 milioni di dollari per far fronte alla crisi del Mali nel 2013. Questa richiesta
al momento è stata finanziata solo all’1%. Quindi, i bisogni ci sono e sono estremamente
importanti. Bisogna poter mobilitare le risorse, per poter dare una risposta.