Il Papa all'udienza generale: l'onnipotenza di Dio è nel lasciarci liberi di amarlo
Il Papa, nell’udienza generale di stamani, ha proseguito la sua catechesi sul Credo
in occasione dell’Anno della fede. La sua riflessione si è incentrata sulle prime
parole della professione di fede: in particolare sulla “fondamentale definizione
di Dio che il Credo ci presenta: Egli è Padre”.
“Non è sempre facile oggi
– ha sottolineato - parlare di paternità. Soprattutto nel mondo occidentale, le famiglie
disgregate, gli impegni di lavoro sempre più assorbenti, le preoccupazioni e spesso
la fatica di far quadrare i bilanci familiari, l’invasione distraente dei mass media
all’interno del vivere quotidiano sono alcuni tra i molti fattori che possono impedire
un sereno e costruttivo rapporto tra padri e figli. La comunicazione si fa a volte
difficile, la fiducia viene meno e il rapporto con la figura paterna può diventare
problematico; e problematico diventa anche immaginare Dio come un padre, non avendo
modelli adeguati di riferimento. Per chi ha fatto esperienza di un padre troppo autoritario
ed inflessibile, o indifferente e poco affettuoso, o addirittura assente, non è facile
pensare con serenità a Dio come Padre e abbandonarsi a Lui con fiducia”.
“Ma
la rivelazione biblica – ha proseguito - aiuta a superare queste difficoltà parlandoci
di un Dio che ci mostra che cosa significhi veramente essere “padre”; ed è soprattutto
il Vangelo che ci rivela questo volto di Dio come Padre che ama fino al dono del proprio
Figlio per la salvezza dell’umanità. Il riferimento alla figura paterna aiuta dunque
a comprendere qualcosa dell’amore di Dio che però rimane infinitamente più grande,
più fedele, più totale di quello di qualsiasi uomo. «Chi di voi, – dice Gesù per mostrare
ai discepoli il volto del Padre – al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra?
E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete
dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose
buone a quelli che gliele chiedono» (Mt 7,9-11; cfr Lc 11,11-13). Dio ci è Padre perché
ci ha benedetti e scelti prima della creazione del mondo (cfr Ef 1,3-6), ci ha resi
realmente suoi figli in Gesù (cfr 1Gv 3,1). E, come Padre, Dio accompagna con amore
la nostra esistenza, donandoci la sua Parola, il suo insegnamento, la sua grazia,
il suo Spirito”.
Benedetto XVI ha quindi rilevato che Dio - come rivela Gesù
– “è il Padre che nutre gli uccelli del cielo senza che essi debbano seminare e mietere,
e riveste di colori meravigliosi i fiori dei campi, con vesti più belle di quelle
del re Salomone (cfr Mt 6,26-32; Lc 12,24-28); e noi – aggiunge Gesù - valiamo ben
più dei fiori e degli uccelli del cielo! E se Egli è così buono da far «sorgere il
suo sole sui cattivi e sui buoni, e … piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45),
potremo sempre, senza paura e con totale fiducia, affidarci al suo perdono di Padre
quando sbagliamo strada. Dio è un Padre buono che accoglie e abbraccia il figlio perduto
e pentito (cfr Lc 15,11ss), dona gratuitamente a coloro che chiedono (cfr Mt 18,19;
Mc 11,24; Gv 16,23) e offre il pane del cielo e l’acqua viva che fa vivere in eterno
(cfr Gv 6,32.51.58). Perciò l’orante del Salmo 27, circondato dai nemici, assediato
da malvagi e calunniatori, mentre cerca aiuto dal Signore e lo invoca, può dare la
sua testimonianza piena di fede affermando: «Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato,
ma il Signore mi ha raccolto» (v. 10). Dio è un Padre che non abbandona mai i suoi
figli, un Padre amorevole che sorregge, aiuta, accoglie, perdona, salva, con una fedeltà
che sorpassa immensamente quella degli uomini, per aprirsi a dimensioni di eternità.
«Perché il suo amore è per sempre», come continua a ripetere in modo litanico, ad
ogni versetto, il Salmo 136 ripercorrendo la storia della salvezza. L’amore di Dio
Padre non viene mai meno, non si stanca di noi; è amore che dona fino all’estremo,
fino al sacrificio del Figlio. La fede ci dona questa certezza, che diventa una roccia
sicura nella costruzione della nostra vita: noi possiamo affrontare tutti i momenti
di difficoltà e di pericolo, l’esperienza del buio della crisi e del tempo del dolore,
sorretti dalla fiducia che Dio non ci lascia soli ed è sempre vicino, per salvarci
e portarci alla vita eterna”.
“È nel Signore Gesù – ha aggiunto il Papa - che
si mostra in pienezza il volto benevolo del Padre che è nei cieli. È conoscendo Lui
che possiamo conoscere anche il Padre (cfr Gv 8,19; 14,7), è vedendo Lui che possiamo
vedere il Padre, perché Egli è nel Padre e il Padre è in Lui (cfr Gv 14,9.11). Egli
è «immagine del Dio invisibile» come lo definisce l’inno della Lettera ai Colossesi,
«primogenito di tutta la creazione… primogenito di quelli che risorgono dai morti»,
«per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati» e la riconciliazione
di tutte le cose, «avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che
stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (cfr Col 1,13-20)”.
Il
Papa ha poi osservato che “la fede in Dio Padre chiede di credere nel Figlio, sotto
l’azione dello Spirito, riconoscendo nella Croce che salva lo svelarsi definitivo
dell’amore divino. Dio ci è Padre dando il suo Figlio per noi; Dio ci è Padre perdonando
il nostro peccato e portandoci alla gioia della vita risorta; Dio ci è Padre donandoci
lo Spirito che ci rende figli e ci permette di chiamarlo, in verità, «Abbà, Padre»
(cfr Rm 8,15). Perciò Gesù, insegnandoci a pregare, ci invita a dire “Padre nostro”
(Mt 6,9-13; cfr Lc 11,2-4). La paternità di Dio, allora, è amore infinito, tenerezza
che si china su di noi, figli deboli, bisognosi di tutto. Il Salmo 103, il grande
canto della misericordia divina, proclama: «Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso coloro che lo temono, perché egli sa bene di che siamo
plasmati, ricorda che noi siamo polvere» (vv. 13-14). E’ proprio la nostra piccolezza,
la nostra debole natura umana, la nostra fragilità che diventa appello alla misericordia
del Signore perché manifesti la sua grandezza e tenerezza di Padre aiutandoci, perdonandoci
e salvandoci. E Dio risponde al nostro appello, inviando il suo Figlio, che muore
e risorge per noi; entra nella nostra fragilità e opera ciò che da solo l’uomo non
avrebbe mai potuto operare: prende su di Sé il peccato del mondo, come agnello innocente,
e ci riapre la strada verso la comunione con Dio, ci rende veri figli di Dio. È lì,
nel Mistero pasquale, che si rivela in tutta la sua luminosità il volto definitivo
del Padre. Ed è lì, sulla Croce gloriosa, che avviene la manifestazione piena della
grandezza di Dio come “Padre onnipotente”.
Il Papa pone una domanda: “come
è possibile pensare a un Dio onnipotente guardando alla Croce di Cristo, a questo
potere del male che arriva fino ad uccidere il Figlio di Dio? Noi vorremmo certamente
un’onnipotenza divina secondo i nostri schemi mentali e i nostri desideri: un Dio
“onnipotente” che risolva i problemi, che intervenga per evitarci ogni difficoltà,
che vinca le potenze avverse, cambi il corso degli eventi e annulli il dolore. Così
che oggi diversi teologi dicono che Dio non può essere onnipotente altrimenti non
ci sarebbero tanta sofferenza, tanto male nel mondo. In realtà,davanti al male e alla
sofferenza, per molti, per noi, diventa problematico, difficile, credere in un Dio
Padre e crederlo onnipotente; alcuni cercano rifugio in idoli, cedendo alla tentazione
di trovare risposta in una presunta onnipotenza “magica” e nelle sue illusorie promesse.
Ma la fede in Dio onnipotente ci spinge a percorrere sentieri ben differenti: imparare
a capire che il pensiero di Dio è diverso dal nostro, che le vie di Dio sono diverse
dalle nostre (cfr Is 55,8) e anche la sua onnipotenza è diversa: non si esprime come
forza automatica o arbitraria, ma è segnata da una libertà amorosa e paterna. In realtà,
Dio creando creature libere, dando libertà, ha rinunciato a uan aprte del suo potere
lasciando il potere della nostra libertà: così ama e rispetta la risposta libera di
amore alla sua chiamata. Come Padre, Egli desidera che noi diventiamo suoi figli,
col cuore, e viviamo come tali nel suo Figlio, in comunione, in piena familiarità
con Lui. La sua onnipotenza non si esprime con la violenza, non si esprime nella distruzione
del potere avverso come noi desidereremmo, ma si esprime nell’amore, nella misericordia,
nel perdono, nell'accettare la nostra libertà e nell’instancabile appello alla conversione
del cuore, in un atteggiamento solo apparentemente debole: Dio sembra debole se vediamo
Gesù Cristo che prega, ci invita, che si fa uccidere, un atteggiamento apparentemente
debole, fatto di pazienza, di mitezza e di amore: dimostra che questo è il vero modi
di esprimere il potere ... questa è la potenza di Dio: e questo vincerà. Il saggio
del Libro della Sapienza così si rivolge a Dio: «Hai compassione di tutti, perché
tutto puoi - L'onnipotenza di Dio, aggiunge il Papa a braccio, ha come effetto che
ha compassione di tutti! - chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il
loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono… Tu sei indulgente con
tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita» (11,23-24a.26)”.
“Solo
chi è davvero potente – ha affermato - può sopportare il male e mostrarsi compassionevole;
solo chi è davvero potente può esercitare pienamente la forza dell’amore. E Dio, a
cui appartengono tutte le cose perché tutto è stato fatto da Lui, rivela la sua forza
amando tutto e tutti, nella paziente attesa della conversione di noi uomini, che desidera
avere come figli. Dio aspetta la nostra conversione. L’amore onnipotente di Dio non
conosce limiti, tanto che «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato
per tutti noi» (Rm 8,32). L’onnipotenza dell’amore non è quella del potere del mondo,
ma è quella del dono totale, e Gesù, il Figlio di Dio, rivela al mondo la vera onnipotenza
del Padre dando la vita per noi peccatori. Ecco la vera, autentica e perfetta potenza
divina: rispondere al male non col male ma con il bene, agli insulti con il perdono,
all’odio omicida con l’amore che fa vivere. Allora il male è davvero vinto, perché
lavato dall’amore di Dio; allora la morte è definitivamente sconfitta perché trasformata
in dono della vita. Dio Padre risuscita il Figlio: la morte, la grande nemica (cfr
1 Cor 15,26), è inghiottita e privata del suo veleno (cfr 1 Cor 15,54-55), e noi,
liberati dal peccato, possiamo accedere alla nostra realtà di figli di Dio. Quindi,
quando diciamo “Io credo in Dio Padre onnipotente”, noi esprimiamo la nostra fede
nella potenza d’amore di Dio che nel suo Figlio morto e risorto sconfigge l’odio,
il male, il peccato e ci apre alla vita eterna, quella dei figli che desiderano essere
per sempre nella “Casa del Padre”. Dire 'Credo in Dio Padre onnipotente', nella
sua potenza, nel suo modo di essere padre è ... un atto di fede, di conversione, di
trasformazione del nostro pensiero, del nostro affetto, di tutto il nostro modo di
vivere.
Il Papa ha concluso: “Cari fratelli e sorelle, chiediamo al Signore
di sostenere la nostra fede e di aiutarci a trovare veramente la fede e di darci la
forza di annunciare Cristo crocifisso e risorto e di testimoniarlo nell’amore a Dio
e al prossimo. E Dio ci conceda di accogliere il dono della nostra filiazione, per
vivere in pienezza le realtà del Credo, nell’abbandono fiducioso all’amore del Padre
e alla sua misericordiosa onnipotenza, che è la vera onnipotenza e salva”.