Egitto. I vescovi cattolici: la rivoluzione ha ripreso vigore
“L’Egitto è un Paese profondamente diviso” e le proteste represse duramente da esercito
e polizia, sono “contro il presidente Morsi e il suo regime islamista. Si manifesta
contro la religione nella sua forma fondamentalista e contro la mancanza di libertà.
La rivoluzione non è morta, si era fermata, ma ora ha ripreso vigore”. È quanto afferma
il portavoce dei vescovi copto-cattolici egiziani, padre Rafiq Greiche, che commenta
all'agenzia Sir le violente manifestazioni di questi giorni nel Paese, a 2 anni dalla
rivoluzione che defenestrò il presidente Mubarak. Per riportare la calma non sono
bastati gli inviti al dialogo del presidente Morsi all’opposizione, rispediti al mittente
dal suo leader, El Baradei. Un rifiuto motivato poiché, spiega il portavoce, “si tratta
di un dialogo privo di agenda, fatto a uso delle telecamere. Non è stato fatto nulla
per riportare la calma, necessaria a impostare un dialogo fruttuoso”. Sullo sfondo
resta l’insoddisfazione per l’approvazione di una Costituzione che non garantisce
i non musulmani e i liberali. “Il dialogo non può prescindere dal ridiscutere una
nuova Carta”, afferma padre Greiche, per il quale “i giovani che manifestano sono
più avanti nella lotta politica dell’opposizione. I giovani rappresentano ancora la
grande chance per l’Egitto”. Ma, intanto, il Paese ha necessità di uscire subito da
questa grave crisi politica: la strada da seguire, per padre Greiche, chiede che “il
presidente Morsi si stacchi dai Fratelli Musulmani, diventando di fatto, il presidente
di tutto il popolo” e che “la presidenza, intesa come istituzione, si liberi dall’influenza
dei partiti; altri punti sono riportare la calma nella popolazione, creare una nuova
Commissione per rivedere la Costituzione e aprire il Governo ad altre istanze politiche,
che non siano solo quelle islamiste, così da condurre il Paese fuori dal guado di
una crisi che mina anche la ripresa economica. Le Chiese in Egitto sono pronte a fare
la loro parte favorendo contatti e relazioni avendo come obiettivo il dialogo e la
pace. Ma perché ciò avvenga è necessario che la comunità internazionale faccia pressioni
politiche e diplomatiche sul governo Morsi a difesa dei diritti umani delle minoranze
e della popolazione intera”. (R.P.)