2013-01-30 14:29:29

Carceri: al via la campagna per introdurre in Italia il reato di tortura


Ripristinare la legalità nel sistema carcerario italiano. Con questa finalità sono state depositate ieri presso la Corte suprema di Cassazione tre proposte di legge di iniziativa popolare per introdurre in Italia il reato di tortura, ridurre l’affollamento penitenziario e riformare la legge sulle droghe. L’iniziativa rientra nell’ambito della Campagna “Tre leggi per la giustizia e i diritti. Tortura, carceri, droghe” promossa da varie organizzazioni, tra cui Antigone e Volontari in carcere. Sulle tre proposte, cominciando dalla prima sul reato di tortura, Amedeo Lomonaco ha intervistato Mauro Palma, portavoce della Campagna:RealAudioMP3

R. - L’Italia ha ratificato, nel lontano 1988, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e ormai sono passati più di venti anni. Le varie legislature non sono riuscite a introdurre questo reato. E’ vero che l’Italia ha sempre detto di perseguire quei comportamenti con altri reati, tipo le lesioni, le lesioni aggravate, e via dicendo. Però, è altrettanto vero che, anzitutto, dare al reato il nome di tortura ha effetto nel far capire l’unicità di questo tipo di azione. E poi, è anche vero che le figure con cui i reati sono attualmente perseguiti sono figure penali deboli, che vanno in rapida prescrizione. Tanto è vero che quest’anno, per esempio, per almeno tre volte ci siamo trovati di fronte a sentenze in cui il giudice diceva: questo è configurabile come tortura, però dal momento che devo perseguirlo come violenza, lesioni, lesioni aggravate e via dicendo, tutto è andato prescritto. Questo è grave perché lancia un messaggio di impunità e non è rispettoso anche di chi ha subito simili comportamenti.

D. – La seconda delle proposte di legge riguarda i diritti dei detenuti e temi cruciali come la riduzione dell’affollamento penitenziario…

R. - Su questo tema abbiamo, da un lato, il supporto del presidente della Repubblica e, dall’altro lato, anche le parole dello stesso Pontefice rispetto alla dignità delle carceri. Ciò nonostante abbiamo un parlamento che - se mi si permette il termine - è stato “balbettante” nei provvedimenti. Qualche piccolissima cosa è stata fatta. Le intenzioni espresse dall’ultimo ministro della Giustizia, il ministro Severino, sono intenzioni largamente condivisibili. Ma i provvedimenti sono inadeguati rispetto alla gravità del problema. L’Italia continua a essere anche condannata in sede internazionale - dalla Corte di Strasburgo, la Corte per i diritti umani - per le strutturali deficienze del sistema detentivo e il suo sovraffollamento. Lacune che fanno sì che, a volte, le condizioni di detenzione diventino offensive della dignità delle persone che vi sono rinchiuse. Allora, bisogna intervenire riducendo i flussi in ingresso e riportando il carcere a quel termine “extrema ratio”. Poi, invece, si fanno sempre leggi che sembrano dare al carcere la prima scelta. Viene subito preferita questa misura. Io ricordo che il termine “extrema ratio” rispetto al carcere venne introdotto, nel suo intervento nel 1996, in un convegno proprio di Antigone, dal cardinale Martini che utilizzò questo tipo locuzione che poi molti hanno ripreso. Si deve quindi ridurre il ricorso al carcere, facilitare la possibilità per chi è meritevole delle misure alternative, abolendo la legge cosiddetta “ex Cirielli” - legge che dà l’impossibilità di concedere misure alternative a chi ha commesso più di un reato, a chi è stato recidivo - istituire un garante sulle condizioni di detenzione che sia anche di monitoraggio continuo e anche di supporto alla stessa amministrazione per affrontare i problemi strutturali.

D. - Per ridurre il ricorso al carcere e anche per prevedere pene detentive meno severe, la terza proposta vuole modificare la legge sulle droghe…

R. – La legge sulle droghe, la cosiddetta legge “Fini-Giovanardi”, è una delle leggi che determina molta carcerazione e la determina perché assume, al suo interno, una categoria indistinta che mette insieme coloro che coltivano piantine per uso personale, coloro che detengono droghe, coloro che invece spacciano, coloro che fanno traffico, i narcotrafficanti. Cioè, mette insieme una serie di comportamenti assolutamente non assimilabili e li mette insieme in una logica penalizzante. Allora, per noi, il primo punto è togliere quello che la legge stessa definisce “fatti di lieve entità” e trattarli a parte con forme non detentive. Il secondo punto è depenalizzare l’uso farmacologico delle droghe perché altrimenti, in Italia, abbiamo anche la situazione in cui persone devono ricorrere a cure all’estero proprio perché da noi tutto è totalmente bloccato. Il terzo punto è non interrompere, con la detenzione, coloro che stanno facendo un percorso di disintossicazione.

Ultimo aggiornamento: 31 gennaio







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