Al card. Vegliò l'onorificenza "Stella della Romania" al Seminario su "Migrazioni
e solidarietà nella fede"
“Sincero apprezzamento per un gesto che, nella mia persona, il governo di Romania
rivolge alla Santa Sede e, in particolare, come attestazione di ossequio al Santo
Padre”. Lo ha espresso il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ricevendo l’onorificenza
dell’Ordine Nazionale "Stella della Romania" nell’ambito di un Simposio sul tema:
"Migrazioni e solidarietà nella fede". A promuoverlo, martedì sera a Roma, l’Ambasciata
della Romania presso la Santa Sede in collaborazione con il dicastero vaticano, la
Comunità di Sant’Egidio e la Diocesi Ortodossa Romena d’Italia. Oggi, ha detto nel
suo intervento il cardinale Vegliò, citando Benedetto XVI, le migrazioni sono una
realtà diffusa che, non di rado, “invece di un pellegrinaggio animato dalla fiducia,
dalla fede e dalla speranzadiventa un «calvario» per la sopravvivenza”. Anche
la Romania, ha continuato, “ha dovuto confrontarsi negli ultimi decenni con non pochi
problemi migratori. Si stima che oggi circa tre milioni di rumeni lavorino all’estero,
in particolare in Spagna, in Italia, in Irlanda e in Germania”. Perché l’immigrazione
possa garantire la dignità di ogni persona e rappresentare un itinerario di civiltà,
ha affermato il porporato, “chi ha responsabilità di governo è chiamato ad agire sul
piano della progettazione, per individuare e realizzare modelli di integrazione e
di coesione, aggregando tutte quelle forze sociali, culturali, educative, istituzionali
ed ecclesiali che ne hanno competenza”. Ma qual è stato l’andamento dei flussi migratori
dei romeni in Italia? Adriana Masotti lo ha chiesto ad Alberto Quattrucci
della Comunità di Sant’Egidio:
R. - Questo
è un fenomeno emigratorio - immigratorio in Italia - dei romeni, che effettivamente
si colloca dall’89 in poi, dopo la fine della dittatura di Ceausescu. Quella data
ha segnato comunque l’inizio di una nuova Romania, quindi di un’apertura all’estero,
all’Europa ed in particolare all’Italia. Devo dire che tra i due Paesi c’è una certa
affinità di tipo storico: nel secondo dopoguerra, una delle più grandi immigrazioni
in Romania - quindi, al contrario, quella dei popoli stranieri entrati in Romania
- è stata proprio quella italiana, soprattutto nella zona della Transilvania. Dagli
anni’90 fino al 2000, effettivamente, c’è stata un’emigrazione dalla Romania che è
andata crescendo numericamente. Teniamo sempre presente quando parliamo di emigrazione
di romeni in Italia, di un fenomeno interessante anche per un altro verso: l’emigrazione
dei romeni è un’emigrazione di cristiani e soprattutto di cristiani ortodossi. Si
riteneva che in Italia fosse l’islam la seconda appartenenza religiosa dopo quella
cristiana cattolica, in realtà è diventata quella del cristianesimo ortodosso, grazie
proprio alla presenza molto vasta dei romeni in Italia, tanto da essersi stabilita
qui una diocesi ortodossa romena, con mons. Siluan, fatto vescovo nel 2004. Ora,
questa storia di immigrazione evidentemente ha presentato dei problemi: soprattutto
negli anni ’90 e all’inizio del 2000, per un certo pregiudizio e per una certa idea
sui romeni, si legava molto il discorso tra zingari e romeni, rom e romeni, confusione
che si fa nella stessa Romania. Poi c’è stato un passaggio, secondo me, abbastanza
interessante - quello del gennaio 2007 - quando la Romania è entrata nell’Unione Europea.
Questo salto ha permesso un certo sviluppo della Romania, tant’è che abbiamo assistito
nel 2007 e nel 2008 ad un ritorno in patria di diversi immigrati romeni, perché ad
un certo punto c’era quasi più possibilità di lavoro - soprattutto nella manovalanza
e nell’edilizia - in Romania, che in Italia. A questo però ha fatto seguito - per
problemi di grossa fragilità politica interna, a fine 2008 inizio 2009 in poi - di
nuovo un crollo, una crisi, un indebitamento, per cui la situazione economica del
Paese è tornata ad essere profondamente problematica. Solo in questi ultimi tempi
c’è un nuovo governo che, in qualche modo, presenta una certa stabilità, ma forse
è ancora troppo presto per dirlo. Da un punto di vista di immigrazione dei romeni
in Italia, oggi c’è, tutto sommato, una certa stabilità da un punto di vista numerico.
D. - Alla luce di tutto questo, ci sono delle cose che non sono andate bene
nella gestione di questi flussi immigratori? E oggi, cosa si può fare di più, anche
da parte delle comunità ecclesiali per un rapporto più integrato tra italiani e romeni?
R.
- Per la prima domanda, se qualcosa non è stata fatta bene, questo vale per i romeni
ma vale anche per tante altre forme di immigrazione. Non dobbiamo mai dimenticare,
che comunque qualsiasi tipo di immigrazione è anche una grande chance, una grande
risorsa di energie e di lavoro per il Paese che ospita. Questo non va mai dimenticato,
perché in fondo si tratta dell’altra faccia della medaglia: l’immigrazione romena
in Italia ha garantito e garantisce tutta una serie di lavori, di forza lavoro, di
sostegno al Paese Italia, che gli italiani non fanno, dall’edilizia, alle badanti
per gli anziani. Quindi, c’è un aspetto positivo e questo è stato gestito poco e male,
tante volte con politiche molto provvisorie, non stabili e che invece dovrebbe essere
fatto in maniera più costruttiva e stabile. Da un punto di vista ecclesiale, evidentemente
questo discorso è importante, proprio per quello che citavo prima: la nascita di questa
diocesi ortodossa di Italia, dal 2004 - ma poco più di un anno fa è stata riconosciuta
a livello nazionale la personalità giuridica di questa realtà - e si prevede anche
una visita del Patriarca di Romania, probabilmente entro quest’anno in Italia, un
fatto importante che può spingere ad una forma di solidarietà, di collaborazione a
livello ecclesiale estremamente preziosa, che evidentemente ha i suoi risvolti anche
da altri punti di vista.