Il direttore di “Popoli”: il Papa chiede di non sottrarsi alla sfida dei social
network
“Un mese di Pontifex”: è l’indagine realizzata dal mensile internazionale dei Gesuiti,
"Popoli", sul primo mese di Benedetto XVI su Twitter. Dalla ricerca statistica, risulta
che i tweet del Papa hanno generato oltre 270 mila messaggi di risposta. La
maggior parte sono stati neutrali, 26 mila circa positivi e 22 mila circa negativi.
L’indagine – consultabile sul sito www.popoli.info – ha anche analizzato la presenza
sui Social Network della gerarchia ecclesiale. Sui dati salienti dell’indagine su
@Pontifex, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore di Popoli,
Stefano Femminis:00:02:48:72
R. – I numeri sono impressionanti:
270.456 persone, che hanno commentato coerentemente con quello che è lo spirito di
un social network, che prevede l’interazione. C’è stata una grande quantità di messaggi
neutrali, cioè persone che hanno semplicemente ritwittato il messaggio del
Papa. Tra quelli che l’hanno fatto, però, i tweet positivi sono stati di più:
sono stati oltre 26 mila contro i 22.500 negativi. Abbiamo poi fatto anche un’analisi
dei contenuti di questi tweet, analizzandone un campione. Tra quelli positivi
emergono in particolare le citazioni del Papa stesso e poi una grande fetta di messaggi
positivi, anche di ringraziamenti e auguri e una parte rilevante dedicata a preghiere.
Il Papa nel mese che abbiamo analizzato ha spesso invitato a pregare sulle vicende
della Nigeria e della Siria, in particolare. Questo ha colpito molto il popolo di
Twitter. Per quanto riguarda invece i messaggi negativi, emergono cose interessanti.
E’ interessante che, tolta una quantità, non solo di critica, ma di veri e propri
insulti, che purtroppo fa parte dell’essere presenti su un social network, ci sono
poi una serie di rilievi negativi che hanno a che fare con questioni tristemente note,
come quelle di alcuni sacerdoti, protagonisti di episodi di pedofilia, piuttosto che
critiche sul potere e la ricchezza della Chiesa, del Vaticano. Come a dire che l’annuncio
del Vangelo, l’annuncio del messaggio di Cristo, in qualche modo, non è l’oggetto
delle critiche, ma sono altri gli elementi sotto accusa. Questo, credo, possa far
riflettere in generale la Chiesa sulle potenzialità della presenza sui social network,
appunto a livello di istituzioni o di personalità ecclesiali.
D. – In qualche
modo questa indagine, con i suoi chiaroscuri, dimostra appunto l’importanza del non
lasciare questo terreno ad altri...
R. – Certo, il Papa ha più volte sottolineato
l’importanza e il desiderio della Chiesa di essere là dove è l’uomo: su Twitter, su
Facebook e su altri social network, sulla Rete l’uomo c’è, è presente con i propri
problemi, con le proprie domande e anche con le proprie critiche. Quindi, è importante
per la Chiesa essere anche lì e dialogare con le persone più lontane o comunque più
critiche. Bisogna sempre tener presente che la distinzione tra mondo digitale e mondo
reale è ormai una distinzione che si regge sempre di meno, proprio perché l’uomo,
l’essere umano, è presente sui social network in modo integrale. Quindi anche nell’annuncio
evangelico e nella trasmissione del messaggio della Chiesa non ci si può tirare fuori
da questo mondo e da questa sfida.