Egitto: 52 morti per le proteste, annunciate nuove manifestazioni anti Morsi
I problemi politici e sociali in Egitto sono ''una vera minaccia '' per la sicurezza
del Paese. Così, il ministro della Difesa e capo delle forze armate egiziane, Abdel
Fatah el Sisi. A Port Said annunciata per questa sera una manifestazione di protesta
contro il presidente Morsi, mentre migliaia di persone hanno accompagnato i feretri
delle due vittime degli scontri di questa notte. Rimane, comunque, il coprifuoco e
la legge di emergenza nelle tre principali città egiziane sul canale di Suez. Il servizio
di Massimiliano Menichetti:
A Port Said,
Ismailiya e Suez sono in vigore le leggi di emergenza ed il coprifuoco notturno, provvedimenti
imposti dal presidente Mohamed Morsi per contenere l’ondata di violenza scoppiata
nel secondo anniversario della rivolta anti-Mubarak, venerdì scorso, e dopo la sentenza
di condanna a morte di 21 imputati nel processo per il massacro dello stadio di Port
Said. L’opposizione rifiuta l’invito al dialogo del presidente e, contestando anche
il referendum che ha approvato la recente Costituzione, chiede che Morsi riconosca
la propria responsabilità politica per gli socntri di piazza. Il governo, intanto,
ha deciso di estendere i poteri dell'esercito, incluso quello di arrestare i civili
in caso di problemi all'ordine pubblico. Amnesty International sollecita affinché
sia abbassata la forza della repressione da parte dei militari. Scontri si sono registrati,
comunque, anche oggi Al Cairo: ucciso dal fuoco incrociato, di polizia e contestatori,
un passante. Un’altra vittima si segnala proprio a Port Said, 21 i feriti per scontri
davanti a una stazione di polizia. In città, intanto, migliaia di persone sono scese
in strada per accompagnare i feretri di due persone uccise nella notte, 52 le vittime
complessive per i disordini in tutto il Paese. I movimenti rivoluzionari e il Fronte
delle opposizioni delle tre città sul canale di Suez hanno annunciato manifestazioni
di protesta per questa sera. In questo scenario il ministro della Difesa e capo delle
forze armate egiziane, Abdel Fatah el Sisi, ha ribadito che i problemi politici e
sociali sono ''una vera minaccia'' per la sicurezza del Paese e che se la situazione
attuale dovesse proseguire ci sarebbero “gravi conseguenze per la stabilità”. Il commento
di Massimo Campanini docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di
Trento:
R. - L’Egitto
sta attraversando un periodo molto delicato, perché la fase della transizione dalla
rivoluzione al consolidamento delle strutture sociali politiche è ancora in corso
e praticamente non se ne vede la fine. Io penso che ci siano degli agenti provocatori
che abbiano interessi a mantenere alta la tensione. Bisogna vedere se si tratta di
azioni che vogliono restringere gli spazi di partecipazione democratica e di espressione
pubblica o semplicemente di gente che cerca di approfittare della situazione per fini
privati. Però indubbiamente penso che l’Egitto stia rischiando veramente molto in
quelle che potrebbero essere le evoluzioni e il consolidamento della rivoluzione.
D.
- Le opposizioni riunite nel Fronte nazionale di liberazione respingono l’invito al
dialogo del presidente Morsi definendolo soltanto formale. Per sedersi al tavolo chiedono
che il presidente riconosca le proprie responsabilità nelle violenze…
R. -
Che il presidente abbia delle responsabilità oggettive, visto il ruolo istituzionale,
è indubbio, ma ho anche l’impressione che le forze di opposizione non siano molto
disposte al dialogo. In realtà queste non hanno accettato fin dall’inizio la vittoria
dei Fratelli musulmani; hanno sempre costantemente cercato di approfittare della situazione
di transizione per poter - sia pure legalmente - rovesciare il governo. Sarà importante
verificare alle prossime elezioni politiche, previste per aprile, se ci sarà una riconferma
dei partiti islamici e del voto di orientamento islamico.
D. - I militari hanno
giocato un ruolo importante nella prima fase di transizione: ricordiamo che detengono
i gangli vitali dell’economia del Paese. Adesso che ruolo hanno?
R. - L’impressione
è che per il momento i militari si muovano obbedientemente dietro alle indicazioni
di intervento del governo e del presidente. Però, questo non vuol dire che non ci
possano essere all’interno del’esercito, delle forze che potrebbero prima o poi favorire
un intervento radicale o un nuovo colpo di Stato. Questo però farebbe ripiombare l’Egitto
nell’incubo delle leggi di emergenza, e sarebbe gravemente pregiudiziale per la vita
politica e democratica del Paese.
D. - A livello economico i militari possono
effettivamente imprimere dei cambiamenti?
R. - I militari sono una forza a
livello economico, anche se non si sa bene in che proporzione dominino l’economia
egiziana. Però certamente il fatto che occupino certi spazi del mondo civile ed economico,
fa si che rappresentino una forza con cui bisogna fare i conti e che non può essere
dismessa con troppa facilità, anche perché il problema economico è il problema principale
che oggi l’Egitto si trova a fronteggiare. Il Paese è sull’orlo di una crisi che potrebbe
essere estremamente pericolosa per gli equilibri interni. Quindi la risoluzione del
problema economico è nell’interesse del governo chen certamente, da questo punto di
vista, dovrà fare i conti con l’importanza industriale e commerciale del sistema militare.