Siria: marcia di solidarietà per i sequestrati in Mesopotamia
Una marcia di solidarietà con le vittime dei sequestri; un corteo per sensibilizzare
l’opinione pubblica verso il fenomeno dei rapimenti; una “assemblea di speranza” che
ha visto riunite tutte le componenti della società: cristiani, musulmani, curdi, associazioni
e Ong, leder delle chiese e capi della moschee, funzionari pubblici. Come appreso
dall’agenzia Fides, l’iniziativa, tenutasi giovedì 24 gennaio ad Hassake, capoluogo
della Mesopotamia, dove la popolazione civile è ridotta allo stremo, scuote l’area
della Siria orientale. Nella regione si vive un precario equilibrio fra le forze di
opposizione (fra le quali milizie islamiste), le forze curde, l’esercito regolare
siriano, in lotta fra loro. A fare le spese del conflitto permanente è la popolazione
che è dunque scesa in piazza – oltre tremila presenti al corteo – con striscioni e
slogan per chiedere “un futuro di pace e di speranza per la Mesopotamia”. I partecipanti,
che hanno dato vita alla “Associazione di solidarietà con le famiglie delle persone
rapite”, hanno marciato dal quartier generale della Chiesa ortodossa siriana al Palazzo
di Giustizia della città, esprimendo la loro sofferenza e le loro rivendicazioni.
E’ stato presentato un memorandum al Procuratore della Repubblica, chiedendogli di
svolgere i suoi compiti e chiedendo al governo locale di assicurare la protezione
ai cittadini innocenti. “Il sequestro di persona è diventato un fenomeno quotidiano
per le strade di questa città. I rapitori non esitano a commettere crimini alla luce
del giorno. Circa tre settimane fa, tre uomini armati, a volto scoperto, hanno fermato
un taxi e rapito un ragazzo di 10 anni, Saeed Afram Aho, mentre stava andando alla
scuola elementare” spiega a Fides l’arcivescovo siro-ortodosso Eustathius Matta Roham,
Metropolita di “Jazirah ed Eufrate”. “Circa sei mesi fa i sequestri di persone hanno
iniziato a moltiplicarsi, opera di alcune bande”. Oggi le vittime sono 43, appartengono
e tutte le componenti della società (cristiani, musulmani, yazidy, curdi e arabi),
sono di età e ceto sociale diversi: bambini, studenti, medici, ingegneri, commercianti
e gente comune. L’arcivescovo racconta a Fides “i momenti molto difficili, la paura
e il dolore delle famiglie” anche perché i rapitori, nota, “utilizzano forme di tortura
verso vittime innocenti, in spregio alle virtù umane, morali e religiose, per ottenere
un forte riscatto”. Un bambino, Bashar, è stato lasciato per due giorni senza cibo
e acqua in una cella sotterranea, in una fattoria lontana dalla città. “Oggi – spiega
– molte famiglie cristiane sono fuggite, cercando salvezza nei Paesi vicini e in Occidente”.
Mons. Matta Roham ha preso parte alla marcia con gli altri due vescovi della città,
il vescovo siro-cattolico Jacques Behnan Hindo e il vescovo Mar Afrem Natanaele, della
Chiesa assira. In questo periodo di forte crisi, i tre presuli si incontrano regolarmente
per discutere questioni di interesse sociale e religioso. (R.P.)