Siria: la Russia sempre più distante dal regime di Assad
L’opposizione siriana riunita ieri a Parigi. Il presidente del consiglio nazionale,
George Sabra, ha detto che occorrono 500 milioni di dollari per fronteggiare l’emergenza
umanitaria. Sulla questione delle armi chimiche interviene Israele che si dice pronto
a lanciare raid aerei preventivi per impedire che gli arsenali siriani finiscano nelle
mani delle milizie sciite o degli Hezbollah libanesi. In serata attacco Kamikaze nel
nord. Intanto la Russia ha fatto sapere di vedere imminente un cambio alla guida del
Paese. “Ogni giorno che passa, ogni settimana, ogni mese, le possibilità che resti
al potere diventano sempre più scarse'', ha detto il premier russo Medvedev in un’intervista
alla Cnn. Un’affermazione, la sua, che fa presagire una rottura dell’alleanza che
da anni vede Mosca e Damasco vicinissime. Salvatore Sabatino ne ha parlato
con Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni
russe:
R. - Credo che
la Russia - come gli altri Paesi - stia più o meno segretamente trattando per cercare
di uscire da questa situazione di stallo che sta decimando il popolo siriano e non
ha alcun dividendo politico per nessuno.
D. - L’alleanza tra Russia e Siria
si è sempre basata su interessi di tipo strategico, pensiamo solo alla presenza della
flotta navale russa nel Mediterraneo. Questa rottura vuol dire che la Russia si è
rivolta ad altri Paesi?
R. - Tutto va considerato in un quadro più globale.
Credo che la Russia non voglia farsi impiccare alle sorti di Assad, avendo comunque
tutta una serie di questioni globali in ballo, ed essendo un Paese che ha una posizione
abbastanza delicata, perché la Russia - al di là delle trattative diplomatiche - vive
sostanzialmente di esportazione di materie prime che ovviamente devono avvenire in
un quadro - almeno dal punto di vista commerciale - di relativa pace internazionale.
Quello che rischia la Russia - considerate anche le strategie americane, ad esempio
sul petrolio e tante altre cose che si potrebbero dire - è l’isolamento, perché il
Paese fa un pochino il pendolo tra la potenza emergente asiatica della Cina e la potenza
tradizionale degli Stati Uniti. Quindi in questo momento probabilmente il pendolo
russo ha considerato più importante per i propri interessi di staccarsi dalla questione
Assad che è sostanzialmente a questo punto una questione israelo-americana, e avvicinarsi
a posizioni un pochino più ragionevoli.
D. - Tra l’altro Mosca nei giorni scorsi
è stata tirata in ballo dalla stampa turca sugli arsenali chimici detenuti da Assad,
dicendo che per poterli utilizzare il presidente siriano avrebbe dovuto avere l’autorizzazione
di Mosca, quindi un coinvolgimento diretto…
R. - Credo che comunque in queste
cose bisogna sempre tenere in conto la questione della propaganda. Nel momento in
cui la rivolta in Siria ha cominciato un pochino a battere in testa - perché certi
proclami trionfalistici sono ormai stati accantonati da settimane - è spuntata la
questione delle armi chimiche che spunta regolarmente da 15 anni a questa parte. Francamente,
la realtà dei fatti ci dimostra che le armi di distruzione di massa o non esistono,
come era il caso dell’Iraq, o non vengono comunque utilizzate, altrimenti non si capirebbe
per quale ragione ad esempio Al Qaeda mise in piedi tutta la questione delle Torri
Gemelle, quando avrebbe potuto -se avesse avuto disponibilità di armi chimiche - colpire
ancora più duramente e ancora più facilmente. Credo che su queste cose bisogna essere
molto prudenti.