Sinodo della Chiesa caldea. Il cardinale Sandri porta la benedizione del Papa
E’ iniziato ieri a Roma il Sinodo della Chiesa Patriarcale di Babilonia dei Caldei,
convocato da Benedetto XVI per l'elezione del nuovo Patriarca che dovrà succedere
al cardinale Emmanuel III Delly. Presiede il Sinodo il cardinale Leonardo Sandri,
prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Ieri mattina, mons. Enrico Dal
Covolo, rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense, ha proposto ai
presuli elettori una meditazione sulla prima comunità di Gerusalemme, icona della
Chiesa e di ogni comunità cristiana. Sergio Centofanti ha chiesto al cardinale
Leonardo Sandri quali siano gli auspici del Papa per questo Sinodo:
R. – Sono quelli
di realizzare nella comunione e nella missione la vita nuova della Chiesa caldea,
con l’elezione del nuovo Patriarca. Il Santo Padre ha inviato la sua benedizione e
segue da vicino questo Sinodo che segnerà il futuro della Chiesa cattolica caldea.
In questo Sinodo abbiamo la presenza del piccolo mosaico della sofferenza del Medio
Oriente: i vescovi dell’Iraq, e sappiamo bene tutto quello che hanno sofferto e che
soffrono; due vescovi dell’Iran, i vescovi della diaspora – negli Stati Uniti, in
Canada, in Australia – uno del Libano e infine quello della Siria, dove la sofferenza
la tocchiamo tutti i giorni attraverso i mezzi di comunicazione. Quindi, questa Chiesa
sofferente è riunita, illuminata dallo Spirito Santo, per scegliere il nuovo capo
che la guiderà nella collegialità e nella sinodalità per i prossimi anni. E il Papa
auspica che nell’Anno della Fede sia proprio un momento di crescita, che porti frutti
dopo tante sofferenze e tanti dolori.
D. – Quali sono le principali sfide che
dovrà affrontare la Chiesa caldea?
R. – Le principali sfide sono quelle della
Chiesa in generale: la fede e, nel caso particolare della Chiesa caldea, ovviamente,
una grande importanza è riservata al dialogo ecumenico e al dialogo interreligioso.
La carenza di fede, perché i cristiani sono pochi e molti dei nostri hanno dovuto
fuggire, migrare, andare altrove per cercare quella pace e quella sicurezza che mancavano
nella loro patria. In questa situazione di violenza e di sofferenza, la fede si è
affievolita. In quest’Anno della Fede, il Papa ci chiama proprio a rinvigorirla e
a viverla con tutta l’intensità in modo tale che sia non soltanto una fede intellettuale,
di parole, ma una fede di vita che si trasmette attraverso il proprio esempio e la
propria testimonianza.
D. – Lei è stato recentemente in Iraq. Quali impressioni
ha riportato?
R. – Le impressioni sono che nonostante tutto quello che noi
apprendiamo dalle notizie, per la situazione di violenza e di terrorismo, c’è una
Chiesa viva, la Chiesa in Iraq che si manifesta sia attraverso la Chiesa caldea sia
attraverso la Chiesa siro-cattolica, sia attraverso la Chiesa latina. Ci sono i nostri
fratelli che vivono il Vangelo, che cercano di mettere tutta la loro vita nelle mani
del Padre, attraverso Gesù Cristo, nella comunione dello Spirito Santo. E questo l’ho
visto nelle divine liturgie alle quali ho partecipato e che mi hanno veramente rincuorato
nella speranza di un futuro migliore. E poi, la sensazione di vedere che appartengono
con tutto il loro animo alla Chiesa universale, alla Chiesa cattolica; sentono l’abbraccio
paterno del Papa, sentono la vicinanza di lui a loro e di tutti noi, che con la preghiera
e con l’affetto li seguiamo sempre con tanta ammirazione e con tanta fraternità.
D.
– Nei Paesi arabi sta soffiando un vento islamista. Quale dialogo è possibile, oggi,
con il mondo musulmano?
R. – Intanto il dialogo al quale ci chiama il Concilio
Vaticano II: dopo aver parlato dei nostri fratelli ebrei, parla anche – in primo luogo
– dei musulmani e di coloro che appartengono ad altre religioni. Con i musulmani,
noi condividiamo la fede nel Dio unico. Ma c’è un impegno comune che può essere abbinato
anche a questa cosiddetta Primavera araba, che è quello di dare tutta l’importanza
alla dignità della persona umana, a quella sua dignità che si manifesta nella sua
libertà, specialmente nella libertà religiosa, nella difesa dei diritti fondamentali
degli uomini e delle donne.
D. – Ma ci sono dei timori per il futuro tra i
cristiani?
R. – I cristiani, vivendo in un Paese a maggioranza islamica, possono
avere dei timori, ma non tanto a causa dell’islam, perché anche l’islam è una religione
che vuole la concordia e la pace; tutto quello che è deformazione dell’islam, come
la violenza o il voler imporre con la forza la propria religione, quello non ha nulla
a che vedere con l’islam. Con l’islam autentico c’è possibilità di dialogo e di intesa.