Giornata della memoria: l'eccidio dimenticato dei rom, le discriminazioni continuano
anche oggi
Cinquecentomila uomini, donne e bambini perseguitati, imprigionati deportati e uccisi
nei lager nazisti, sterminati nelle camere a gas e nei forni crematori. E’ la persecuzione
subita da Rom e Sinti in Europa tra il 1934 e il 1945. Una tragedia che in Italia
non ha ancora ricevuto nessun riconoscimento ufficiale. Per questo ieri nella Giornata
della memoria ha fatto tappa a Roma una campagna di sensibilizzazione volta a combattere
pregiudizi e stereotipi nei confronti di queste popolazioni. Il servizio di Irene
Pugliese:
Si chiama Porrajmose in pochi sanno che cosa vuol dire. In lingua romaní, quella parlata dai rom,
Porrajmos significa "distruzione". Al pari della Shoah, infatti, durante la Seconda
Guerra Mondiale, ci fu un altro genocidio, quello dei Rom e Sinti, basato su analoghe
teorie razziste. Una tragedia dimenticata, come spiega il consigliere Marco De
Giorgi, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali:
“Non
si parla mai di un evento molto importante, che è il Porrajmos. Nella Giornata della
memoria, quindi, ricordiamo che oltre mezzo milione di persone Rom subirono lo sterminio
nazista. Questo, spesso, non viene citato nei libri e nelle cronache. Noi lo ricordiamo
per il passato, ma in realtà pensiamo anche al futuro, cioè a come fare per l’inclusione
sociale di queste comunità. L’unica soluzione è reintrodurli tra noi, non relegarli
nei campi rom, fare delle miniaree, reintrodurli nel consorzio civile, ed educarli
all’istruzione, alla cultura e al lavoro".
Anche l’arte, la musica e la
cultura, dunque, hanno un ruolo importante, e per questo è nata la campagna “Dosta!”,
termine che in lingua romanes significa “basta”: un’iniziativa, volta a diffondere
la conoscenza delle comunità Rom, Sinti e Camminanti, attraverso una diversa rappresentazione,
più attenta alla loro quotidianità, coinvolgendo direttamente gli interessati. Spettacoli,
mostre, concerti, ma anche esposizione di prodotti artigianali, ieri, proprio nella
Giornata della memoria, hanno ricordato il Porrajmos al Museo Maxi di Roma. L’obiettivo:
superare i pregiudizi. Santino Spinelli è un musicista e docente universitario
di etnia Rom:
“Noi vogliamo un’Europa unita, solidale e senza discriminazione.
La Shoah è finita nel ’45, il Porrajmos dei Rom, cioè il divoramento, continua tuttora.
I campi nomadi non sono altro che un retaggio della cultura nazifascista, di quella
ferocia concentrazionaria che doveva dividere, annullare nella dignità la persona
e separarla dagli altri. Questo contravviene a qualsiasi logica democratica, a qualsiasi
Costituzione e a qualsiasi Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”.
In
Europa, rom, sinti e camminanti sono 12 milioni, in Italia circa 140 mila. Spesso
vivono in condizioni difficili, sono oggetti di discriminazione, ma sono un popolo
ricco di storia e tradizioni, tutt’altro che nomade. L’80 per cento dei rom e dei
sinti, che vivono in Europa, è stanziale. Spesso si parla della necessità di trovare
una soluzione al problema dell’integrazione, ma quasi mai si è riusciti ad ottenere
un risultato. Da dove bisogna partire? Don Paolo Lojudice è direttore spirituale
al Seminario Romano Maggiore, che da tempo segue la comunità rom della capitale:
“Credo
che un intervento sia quello del semplice, del singolo cittadino, che deve pensare,
riflettere, mettersi davanti ad alcune situazioni presenti in questa realtà, davanti
ai propri occhi, vicino alle proprie case, cercando di capire cosa c’è dietro, perché
purtroppo, soprattutto certe popolazioni rom sono legate allo stereotipo di qualcuno
che sicuramente delinque e ruba. Forse, però, conoscere, andando più a fondo, significa
affrontare meglio un problema, in tutta la sua complessità”.