Convegno a Roma rilancia il diritto all'obiezione di coscienza, in difesa della pace
e della vita
A 40 anni dal riconoscimento giuridico del diritto all’obiezione di coscienza al servizio
militare in Italia, la Commissione Episcopale della Cei per i problemi sociali e il
lavoro, la giustizia e la pace, insieme con Caritas Italiana e Pax Christi Italia,
ha promosso sabato a Roma un convegno sul tema “Dall’obiezione di coscienza alla coscienza
dell’obiezione”: un’occasione per ribadire la centralità dei valori della pace, la
giustizia, e la solidarietà per il bene comune. Ma quanto è attuale oggi questa tematica?
Claudia Di Lorenzi ne ha parlato con mons. Giuseppe Merisi, presidente
di Caritas Italiana, tra i relatori del convegno:
R. – E’ un tema
che per due motivi almeno è sempre attuale. Uno, perché all’obiezione di coscienza
si è collegato il tema del servizio civile, e quindi Caritas Italiana, che in questi
anni ha accolto, educato, accompagnato, aiutato molti giovani nel servizio civile,
è molto interessata a ciò che questo impegno delle istituzioni pubbliche possa continuare.
L’altro elemento è legato al tema della educazione: di proporre percorsi, strumenti
anche educativi perché i giovani sentano l’appello che parte in positivo dalla giustizia,
dalla libertà, dalla pace, dal bene comune e poi diventa impegno, in negativo, contro
ogni violenza di ogni tipo e quindi, ultimamente, contro la guerra.
D. – Qual
è il contributo dato dai cattolici in difesa del diritto all’obiezione di coscienza?
R.
– Io credo che sia sempre quello dei valori da mettere in gioco. Noi sappiamo che
ciò che ci viene proposto dal Vangelo e dalla mediazione della Dottrina sociale della
Chiesa e dal Magistero e dal Papa in particolare, ci invita a collocare la nostra
vita in un contesto che dica di sì al tema della vita, al tema dell’amore, della giustizia,
della pace …
D. – Come ricordava, molti obiettori di coscienza, in questi 40
anni, hanno potuto offrire il loro contributo nell’ambito dei servizi proposti dalla
Caritas …
R. – Dicevamo del servizio civile: ma c'è anche ogni altra realtà
in cui la Caritas offre la propria competenza, la propria tradizione, la propria disponibilità
a raccordare, a coordinare... Penso ai terremoti, penso alle emergenze, penso alle
alluvioni, penso ai teatri internazionali – i "caschi bianchi", anche – in cui offriamo
competenza per aiutare giovani e meno giovani a rendere un servizio di coerenza a
quei valori di cui dicevamo.
D. - Che cosa può fare lo Stato per favorire la
diffusione di una cultura contraria alla violenza?
R. – Citavamo il servizio
civile: ma anche attraverso la scuola, l’università, la cultura aiutare la conoscenza
dei drammi che la guerra ha portato con sé; i valori che vengono dal Vangelo, dalla
tradizione della Chiesa sono anche per larga parte presenti nella Costituzione della
Repubblica, nelle tavole fondative dell’Europa, dell’Onu … Dare ambiti di partecipazione
alla gente che sono sempre utili, perché quei valori si traducono nel concreto della
realtà di ogni giorno.
D. – In fondo, è una svolta culturale: il cosiddetto
disarmo delle coscienze. Di cosa si tratta?
R. – L’impegno educativo per il
bene contro il male, per l’amore contro la violenza. Dobbiamo aiutare la gente – i
giovani, ma non solo i giovani – a sentire questa responsabilità del bene e della
solidarietà in tutti i campi: la scuola, lo sport, il rapporto quotidiano con la gente,
con gli amici, gli ambiti della partecipazione, del lavoro e della solidarietà …
D.
– Il “no” alla violenza è anche, per estensione, un “sì” alla vita, contro tutte quelle
pratiche che la calpestano e ne offendono la dignità, in particolare in ambito medico-sanitario
…
R. – Siamo qui al convegno sul tema dell’obiezione di coscienza al servizio
militare, ma questi ragionamenti si possono e si devono applicare anche alle altre
occasioni di doverosità dell'obiezione di coscienza, come quella in campo sanitario,
in particolare sul tema della vita e contro l’aborto. Il magistero recente ci ricorda
che è difficile impegnarsi in un campo, in un settore se non c’è un punto di partenza,
nel campo poi della vita, che sottolinei l’esigenza di difenderla dall’inizio alla
fine.