Presentato il libro " Banca e impresa". L'autore: profitto non schiacci la gente
Riscoprire una rete di relazioni più solide e dense di fiducia tra il sistema bancario
e il tessuto industriale. Questo l’obiettivo del libro “Banca e impresa – Un nuovo
rapporto per nuove sfide”, scritto da Giovanni Morzenti,amministratore
economico del Centro di orientamento pastorale ed edito da Tangram edizioni. Il volume
è stato presentato a Roma in questi giorni, dall’Associazione culturale GreenAccord
Onlus. Marina Tomarro ha intervistato l’autore e il cardinaleFrancesco
Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, autore
della postfazione del testo:
R. – La banca
è depositaria di utili, magari delle imprese, e dall’altra parte deve finanziare le
imprese. In questo momento, però, si presentano delle difficoltà enormi e le imprese
non hanno credito. Si tratta di avere una visione di una banca sull’industria un po’
più familiare, un po’ più vicina, con un contatto un po’ più diretto, per far avere
una risposta, che potrebbe essere anche negativa, ma che deve essere immediata, deve
essere pronta e avere una ricaduta anche sul sociale, per l’occupazione. Questa è
una delle situazioni fondamentali.
D. – Perché le piccole banche del territorio
hanno un ruolo così importante, per questo nuovo rapporto tra le banche e le imprese?
R.
– La banca del territorio è la più conosciuta, il direttore della banca conosce il
direttore dell’azienda e, quindi, c’è uno scambio di informazioni che consentono di
avere il quadro più preciso dell’impresa che deve essere finanziata. Vale anche, però,
per la famiglia, perché la famiglia è conosciuta e se devono dargli un mutuo ipotecario
sanno benissimo che, se per caso non riuscirà a pagare una rata, la pagherà dopo,
con un interesse giusto ed equilibrato, perché il contatto è più diretto.
D.
– In che modo le banche possono maggiormente dare fiducia alle imprese e quindi favorire
anche una ripartenza dell’economia italiana?
R. – Il ragionamento è che la
banca presta i soldi a chi li può restituire. Se la persona non li può restituire
in sei mesi, deve consentire che li possa restituire in cinque anni. Quindi, bisogna
allungare la parte del finanziamento. In un momento di crisi, magari gli immobili
valgono meno, la redditività è un po’ più bassa e quindi bisogna rimodulare tutto
questo. Hanno chiuso 100 mila imprese in Italia. La domanda è molto semplice: se le
avessero aiutate un po’, almeno 15-20 mila non le avrebbero salvate? Quindi quante
aziende avremmo salvato e quanti posti di lavoro? Magari questo costo sociale sarebbe
stato spalmato su tanti e quindi con un maggior risultato.
Ma in che modo
il sistema bancario può riscoprire un’economia più umana, che vada ad aiutare anche
le imprese? Ascoltiamo al riguardo il cardinale Francesco Coccopalmerio:
"Anche
le piccole imprese possono essere in qualche modo paragonate alla persona. Credo,
quindi, che il sistema bancario dovrebbe veramente promuovere la persona umana e la
piccola impresa. Il sistema bancario dovrebbe essere molto ramificato sul territorio,
con tante filiali, dove ci siano funzionari: per esempio il direttore è una persona
concreta, che si rapporta con persone concrete, quelle che vengono a chiedere aiuto
o credito. Penso che fra persone concrete ci si possa intendere. Questo potrebbe essere
di grande vantaggio, non soltanto per chi chiede aiuto, chi chiede un credito, ma
anche per la stessa banca che deve fare profitto, ma profitto nel senso buono della
parola, che cioè innanzitutto metta davanti a sé il servizio. Io credo che una banca
che si preoccupa innanzitutto del servizio, del bene, della persona che chiede aiuto,
ne avrà poi a sua volta un vantaggio".