Parlamentari in Giordania: è guerra di cifre sull'affluenza
Elezioni parlamentari in Giordania. E’ guerra di cifre sull’affluenza. Sui risultati
del voto appare quasi scontato che la maggior parte dei 150 membri dell'Assemblea
saranno rappresentanti delle tradizionali basi di potere del Paese, ovvero: le forze
di sicurezza, il mondo degli affari e i gruppi tribali. Il primo ministro, Abdullah
Nesour, parla di prossime dimissioni per permettere la formazione del nuovo esecutivo,
che sarà scelto, come di rito, dal Re Abdallah. Graziano Motta:
I Fratelli Musulmani,
che negli ultimi anni hanno rafforzato la loro antica avversione alla monarchia Hashemita,
hanno condizionato le elezioni legislative di ieri, boicottandole insieme ai seguaci
del vicino Fronte di Riforma Nazionale, che ha riunito nuovi oppositori dei recenti
governi, sull’onda della cosiddetta Primavera Araba. Secondo i dati ufficiali si sono
recati alle urne il 56,7 per cento dei 2 milioni e 300 mila elettori. Dati contestati,
soprattutto dai fondamentalisti, secondo i quali la percentuale sarebbe del 25 per
cento. Essi hanno inoltre denunciato brogli e irregolarità. I risultati della consultazione
dovrebbero comunque assicurare, ai partiti che da sempre esprimono il grande consenso
nazionale alla monarchia, la governabilità dei giordani, pur nelle difficoltà di ordine
economico che attraversano e perché impegnati, nei limiti della loro tradizionale
ospitalità, ad accogliere un gran numero di profughi siriani, come già hanno fatto
negli anni scorsi per i profughi dell’Iraq. Resta naturalmente insidiosa la presenza
dei Fratelli Musulmani e che re Abdallah rinunci a parte dei suoi poteri. Per i loro
esponenti la bassa percentuale di votanti ha compromesso la legittimità del nuovo
Parlamento.