2013-01-21 07:45:48

Sono 48 gli ostaggi uccisi in Algeria: la rivendicazione di Al Qaeda


Al Qaeda rivendica la strage avvenuta in Algeria, nel sito gasiero di In Amenas. Sono 48 gli ostaggi rimasti uccisi nel maxi sequestro, concluso dopo quattro giorni dal sanguinoso blitz delle forze speciali algerine. E ieri è giunta la rivendicazione di Al Qaeda. Il servizio di Amina Belkassem:RealAudioMP3

Tentando di bonificare il sito, minato nei giorni scorsi dal gruppo armato, l’esercito algerino avrebbe trovato almeno altri 25 corpi. Sale così a 48 il numero degli ostaggi uccisi, tra cui una decina di giapponesi, un francese, un americano, almeno tre inglesi, poi rumeni, filippini, oltre a 32 jihadisti. “Un vero e proprio atto di guerra”, ha dichiarato il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian. Un assalto rivendicato con un video diffuso ieri su internet, dall’algerino Mokhtar Belmokhtar, in nome di Al qaeda. Intanto è polemica su alcuni aspetti dell’attacco: i 200 addetti alla sicurezza del giacimento erano, infatti, completamente disarmati. Mentre Washington ed altri Paesi europei invitano i loro cittadini a non recarsi in Algeria per l’alto rischio di rapimenti.
Unanime la condanna internazionale, ma c’è anche indignazione nei Paesi coinvolti per un’operazione che alcuni definiscono inaccettabile. Per un’analisi sulla situazione, Roberta Barbi ha raggiunto telefonicamente l’esperto di Nord Africa, Luciano Ardesi:RealAudioMP3

R. – A livello diplomatico, l’Algeria oggi si trova in una bufera. C’è da dire anche che il pozzo In Amenas è un punto strategico delle risorse energetiche del Paese e quindi anche dell’Europa in modo particolare. Gli investitori stranieri chiederanno il rafforzamento delle misure di sicurezza, ma non dovrebbero venir meno l’interesse e gli investimenti.

D. – La condanna internazionale è stata unanime, espressa in particolar modo dagli Stati Uniti. Sulla dinamica dell’azione condotta dall’esercito algerino restano, però, diversi punti da chiarire…

R. – Questo sarà poi anche difficile: avere un quadro completo di quello che effettivamente sia accaduto. L’Algeria non è nuova a questo tipo di azioni: meno eclatanti perché non c’erano stranieri coinvolti, ma nella sua lotta al terrorismo l’Algeria ha spesso impiegato le forze speciali e dei blitz che hanno richiesto prezzi molto alti, sia per i terroristi sia per le stesse forze dell’ordine. Il terrorismo, naturalmente, nasce dalle contraddizioni non solo nella società algerina, ma in tutta l’area del Sahara e del Sahel. Però, è anche vero che attraverso l’“industria” dei sequestri e dei riscatti, l’Occidente ha – suo malgrado – dotato di mezzi finanziari piuttosto notevoli i gruppi terroristici.

D. – Possiamo dunque parlare di una recrudescenza di terrorismo legato all’estremismo di matrice islamica nell’area, o si tratta di un episodio isolato?

R. – Già dall’inizio degli anni Duemila c’era un nucleo risoluto del terrorismo islamico che era passato dall’Algeria nella zona a sud dell’Algeria, sia nel Sahara algerino che nel Sahara del Mali e del Niger che è meno, o comunque più difficilmente, controllabile. Qui ha prosperato, in questi anni, grazie anche al supporto delle reti di contrabbando, dei contrabbandieri che trafficano droga, esseri umani e anche armi. La novità è che con l’implosione dello Stato del Mali, nel Nord del Paese, è venuta meno qualsiasi forma di controllo in quell’area strategica che s’incunea tra l’Algeria, la Mauritania, il Niger e poi, naturalmente, tutto il resto del Sahara e del Sahel. E quindi in questi mesi, dal colpo di Stato nel Mali, i gruppi hanno potuto richiamare forze nuove provenienti dalla Libia, dove sappiamo che c’erano truppe addestrate da Gheddafi in funzione della destabilizzazione dei Paesi vicini. E tutta questa miscela ha creato questa capacità d’impatto formidabile, i cui risultati li abbiamo sotto gli occhi in questi giorni.







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