Siria. Scontri a Damasco e Idlib. Mons. Zenari: è una tragedia quotidiana
Domenica di sangue in Siria; solo ieri una settantina le vittime. Gli scontri si concentrano
soprattutto nei sobborghi di Damasco e a Idlib. Sentiamo Marina Calculli:
I raid più violenti
si abbattono su Daraa, vicino alla capitale, ma anche su Homs, Idilib e Dayr al Zawr.
Sabato, i combattimenti tra curdi e militanti islamisti nei pressi di Rass-el-ein
avevano provocato 300 morti. E intanto a dispetto delle richieste dell'opposizione
della comunità internazionale sabato il ministro degli esteri Mhallem ha ribadito
che non c'è spazio per trattare di una sostituzione di Bashar. Intanto però la mamma
del rais ha raggiunto suo figlio a Dubai. Nel Paese ha fatto ingresso da venerdì una
missione umanitaria delle Nazioni Unite guidate da John Ging. I membri della missione
sono sttai accolti dal vice-ministro degli esteri Faisal Muqdad e altri ministri.
A Istanbul, invece, si è riunita ieri la coalizione nazionale siriana con l'obiettivo
di designare il primo ministro in esilio. Il meeting ha anche avuto l'obiettivo di
preparare una riunione ufficiale dell'opposizione siriana che si terrà il 28 febbraio
a Parigi.
In Siria, dunque, si continua a vivere un clima di violenza come
conferma al microfono di Debora Donnini, il nunzio apostolico a Damasco, mons.
Mario Zenari:
R. – La situazione,
purtroppo, da quello che vediamo e sentiamo anche con le nostre orecchie, va di male
in peggio. Qui, a Damasco, sono quotidiane le esplosioni che si sentono, i voli aerei
dei cacciabombardieri che si levano in volo… In altre parti del Paese è la stessa
cosa. Direi che purtroppo è diventata una tragedia quotidiana, le esplosioni, gli
attacchi… Purtroppo, la soluzione di questo conflitto sembra farsi sempre più ingarbugliata,
con ogni giorno che passa: è molto difficile vedere la fine del tunnel.
D.
– Al dramma della violenza e dei morti, si aggiunge un inverno particolarmente rigido
che sta pesando molto sulle persone…
R. – Questo inverno è incominciato in
una maniera più rigida del solito: è caduta abbondante neve, una settimana fa. La
gente non sa più come riscaldarsi e come scaldare il cibo. Ho sentito dire che in
alcuni posti, ad esempio ad Aleppo, la gente ha anche incominciato a tagliare gli
alberi, che è proibito perché in alcune zone della Siria si è al limite del deserto:
tagliare una pianta, quindi, è una cosa gravissima. Però, questa povera gente non
ha gas né gasolio, non sa come scaldarsi quel po’ di cibo né come scaldare l’acqua
e quindi si arriva anche a questo. Guardando la situazione in generale – l’inverno
e la penuria di cibo, di medicinali, di coperte e del riscaldamento di casa per tanta
gente – io credo che siamo veramente in una situazione di emergenza, di una grave
crisi umanitaria e che la comunità internazionale debba agire, prenderne atto e sollecitare
le parti in conflitto ad una tregua umanitaria. La gente non può più sostenere questa
rigida stagione invernale con scarsità enorme di cibo, di vestiario e di medicinali.
D.
– In che modo la fede sta aiutando i cristiani ad affrontare questa grave situazione?
R.
– I cristiani, qui in Siria, sono cittadini arabi, siriani a pieno titolo e anche
loro soffrono le terribili conseguenze di questo sanguinoso e lungo conflitto. Anche
loro hanno avuto vittime e feriti, anche loro sono stati sfollati e tanti di loro
non hanno lavoro, come tutti, e soffrono la stessa situazione di povertà e di indigenza.
Tra le vittime, vorrei ricordare una suora che nell’esplosione di alcuni giorni fa,
avvenuta all’università di Aleppo, mentre stava tornando a casa – era già vicina al
suo convento – purtroppo non è tornata a casa: si teme che, poveretta, abbia condiviso
la sorte delle vittime di questa terribile esplosione.