Algeria. Emiro Belmoctar: sequestro è di Al Qaida, negoziamo se cessa guerra in Mali
L'emiro Moctar Belmoctar ha rivendicato ieri in un video la paternità del sequestro
di ostaggi a In Amenas, nel sud dell’Algeria, a nome della rete di Al Qaida. L'emiro
aggiunge afferma di essere pronto "a negoziare con l’Algeria e l'Occidente a condizione
che cessi la guerra in Mali". Intanto, è di 23 morti tra gli ostaggi e 32 tra i terroristi
il bilancio del blitz effettuato dalle forze speciali algerine nell’impianto di In
Amenas, nel sud del Paese, attaccato mercoledì scorso dai terroristi. Il bilancio,
ancora provvisorio, fornito da Algeri precisa che gli attentatori erano di sei nazionalità
diverse, anche non africani, come di diverse nazionalità sono le vittime. Secondo
testimoni, 9 ostaggi giapponesi sarebbero stati giustiziati e l'Inghilterra conferma
le sue vittime, mentre una tv locale riferisce di altri 25 corpi ritrovati ieri mattina,
ma non è chiaro se fossero già stati contati nella stima. Unanime la condanna internazionale,
ma c’è anche indignazione nei Paesi coinvolti per un’operazione che alcuni definiscono
inaccettabile. Per un’analisi sulla situazione, Roberta Barbi ha raggiunto
telefonicamente l’esperto di Nord Africa, Luciano Ardesi:
R. – A livello
diplomatico, l’Algeria oggi si trova in una bufera. C’è da dire anche che il pozzo
In Amenas è un punto strategico delle risorse energetiche del Paese e quindi anche
dell’Europa in modo particolare. Gli investitori stranieri chiederanno il rafforzamento
delle misure di sicurezza, ma non dovrebbero venir meno l’interesse e gli investimenti.
D.
– La condanna internazionale è stata unanime, espressa in particolar modo dagli Stati
Uniti. Sulla dinamica dell’azione condotta dall’esercito algerino restano, però, diversi
punti da chiarire…
R. – Questo sarà poi anche difficile: avere un quadro completo
di quello che effettivamente sia accaduto. L’Algeria non è nuova a questo tipo di
azioni: meno eclatanti perché non c’erano stranieri coinvolti, ma nella sua lotta
al terrorismo l’Algeria ha spesso impiegato le forze speciali e dei blitz che hanno
richiesto prezzi molto alti, sia per i terroristi sia per le stesse forze dell’ordine.
Il terrorismo, naturalmente, nasce dalle contraddizioni non solo nella società algerina,
ma in tutta l’area del Sahara e del Sahel. Però, è anche vero che attraverso l’“industria”
dei sequestri e dei riscatti, l’Occidente ha – suo malgrado – dotato di mezzi finanziari
piuttosto notevoli i gruppi terroristici.
D. – Possiamo dunque parlare di una
recrudescenza di terrorismo legato all’estremismo di matrice islamica nell’area, o
si tratta di un episodio isolato?
R. – Già dall’inizio degli anni Duemila c’era
un nucleo risoluto del terrorismo islamico che era passato dall’Algeria nella zona
a sud dell’Algeria, sia nel Sahara algerino che nel Sahara del Mali e del Niger che
è meno, o comunque più difficilmente, controllabile. Qui ha prosperato, in questi
anni, grazie anche al supporto delle reti di contrabbando, dei contrabbandieri che
trafficano droga, esseri umani e anche armi. La novità è che con l’implosione dello
Stato del Mali, nel Nord del Paese, è venuta meno qualsiasi forma di controllo in
quell’area strategica che s’incunea tra l’Algeria, la Mauritania, il Niger e poi,
naturalmente, tutto il resto del Sahara e del Sahel. E quindi in questi mesi, dal
colpo di Stato nel Mali, i gruppi hanno potuto richiamare forze nuove provenienti
dalla Libia, dove sappiamo che c’erano truppe addestrate da Gheddafi in funzione della
destabilizzazione dei Paesi vicini. E tutta questa miscela ha creato questa capacità
d’impatto formidabile, i cui risultati li abbiamo sotto gli occhi in questi giorni.