In Mali i ribelli perdono terreno. L'arcivescovo di Accra: intervento francese è ricolonizzazione?
Quanto accaduto in Algeria è legato a doppio filo con la difficile situazione che
si sta vivendo in Mali. Non è un caso, infatti, che ieri i terroristi responsabili
dell’attacco nell’area petrolifera di Is Amenas abbiano chiesto ai francesi di lasciare
il Paese africano. Proprio grazie alla presenza dei militari di Parigi, vaste aree
del Paese finite nellepotrebbero a breve essere liberate. Il servizio è di Giulio
Albanese:00:01:02:50
Sostenuto e sospinto dai francesi - che ormai
hanno raggiunto le 1.800 unità, in attesa di ulteriori rinforzi - l’esercito maliano
avanza nel Nord del Paese, strappando ai ribelli jihadisti Konna, mentre a Diabaly
regna una sorta di calma apparente. Addirittura c’è già chi dice che quest’ultima
cittadina sia stata abbandonata dai jihadisti. Comunque è chiaro che la pressione
militare francese comincerebbe a far sentire i suoi effetti sul campo. Parigi, naturalmente,
è sempre più intenzionata a non restare sola e guarda a Londra sperando di ricostituire
in Mali l’accoppiata vincente che lanciò l’offensiva in Libia nel 2011. Intanto, le
agenzie umanitarie sono preoccupate per i profughi che, tra rifugiati e sfollati,
potrebbero raggiungere, in un breve lasso di tempo, le 400mila unità nei prossimi
mesi e le loro testimonianze sono già adesso raccapriccianti. Stamane, si attendo
gli esiti di una riunione prevista ad Abidjan dell’Ecowas/Cedeao, nella quale si dovrebbe
fare il punto sul dispiegamento della forza d’intervento multinazionale dei paesi
dell’Africa Occidentale, autorizzata dal Consiglio di Sicurezza, che stando ad indiscrezioni
è segnata da difficoltà logistiche e organizzative d’ogni genere. La Mauritania comunque
ha fatto sapere che non interverrà ma che si limiterà a difendere i propri confini.
Il
fondamentalismo islamico sta crescendo in Africa: dai Paesi arabi si sta diffondendo
nel resto del continente, dalla Nigeria alla Somalia e al Mali. Cresce, così, anche
la preoccupazione delle Chiese cristiane africane. Sergio Centofanti ne ha
parlato con l’arcivescovo di Accra, in Ghana, mons. Charles Palmer-Buckle:00:02:33:00
R.
– Fino al secolo scorso, c’è stata una coesistenza molto pacifica con l’islam africano,
perché nell’islam africano non c’erano i fondamentalisti. Diciamo che è da dieci anni
in qua che molti musulmani sono andati a studiare in Arabia Saudita, in Egitto, in
Kuwait, in Libia e Iran e da questi posti, adesso, stanno portando all’interno dell’islam
africano questo fondamentalismo che purtroppo crea problemi all’interno dello stesso
islam e all’interno del continente africano. Ma l’islam africano non era caratterizzato
dal fondamentalismo. D. – Sta crescendo quindi anche il ruolo di al Qaeda in Africa? R.
– Che sia al Qaeda, o al Shabaab è difficile da dire. Ma certo, c’è una crescita graduale
del fondamentalismo. E allora, si fa presto poi a collaborare con altri fondamentalisti
fuori dall’Africa! D. – Come considerare il ruolo delle potenze occidentali in
Africa? R. – Devo dire, per la verità, che io sono deluso dalle potenze occidentali.
Adesso, ad esempio, c’è la Francia che si è impegnata in Mali. Vorrei chiedere: qual
è lo scopo reale del coinvolgimento militare, adesso, della Francia? E’ ancora una
ri-colonizzazione? Purtroppo la Francia si era impegnata anche nella situazione della
Costa d’Avorio e ne abbiamo visto i risultati, alla fine. E’ un Paese che non ha pace
e non avrà pace per i prossimi 25 anni, perché le ferite che sarebbe stato necessario
arginare, cercare di lenire, questo non l’hanno fatto! Quando vedo interventi di altri
Paesi europei, quando si decide – ad esempio – che non si daranno più aiuti finanziari
a questo Paese, non si concederà più questo o quell’intervento, io mi domando: è proprio
per fare fronte a quella crisi, oppure per creare una situazione molto più difficile,
di dipendenza sempre maggiore dall’Europa? Ecco, in questo campo io sono molto deluso
dei Paesi europei: non mi fido più, non credo che vogliano sostenere l’Africa per
difendere i poveri, quelli che soffrono, gli emarginati. Credo di no.