Lincoln, il presidente che salvò l’anima dell’America
Nello studio ovale, di fronte alla scrivania del presidente Barack Obama campeggia
un ritratto di Abraham Lincoln. Una figura che oggi torna ad essere di interesse mondiale
anche grazie al kolossal di Steven Spielperg, in arrivo la prossima settimana nei
cinema italiani. Per una riflessione su Lincoln, il presidente che abolì la schiavitù
dei neri americani e tenne unita la nazione dopo una sanguinosa guerra civile, Alessandro
Gisotti ha intervistato l’americanista Giuseppe Mammarella, docente emerito
di relazioni internazionali alla Stanford University:
R. – Lincoln
fa parte di una triade di grandi presidenti: Washington, lo stesso Lincoln e Roosevelt.
In questa triade lui ha una posizione molto particolare: mentre Washington crea l’Unione
americana, Lincoln la preserva, mentre Roosevelt fa dell’America una grande potenza.
Questa è la funzione fondamentale di Lincoln: preservare l’unità del Paese, che è
anche la ragione principale della Guerra di Secessione. E’ chiaro che Lincoln combatte
per l’emancipazione degli schiavi, ma la funzione principale di Lincoln, e il grande
successo di Lincoln, è stato quello di preservare l’unità dell’Unione americana.
D.
– Nel preservare l’unità dell’Unione, l’unità della nazione, ha in qualche modo anche
preservato l’anima dell’America, come poi si è sviluppata?
R. – Certo. Infatti,
alcuni dei suoi biografi sostengono che la grande capacità di comunicare di Lincoln
stava nel fatto che venisse identificato come il tipico americano del suo tempo, che
accompagnava una certa semplicità di fondo con l’autenticità delle sue azioni, delle
sue parole, delle sue condotte. Quindi, un uomo anche di grande moralità.
D.
– I discorsi di Lincoln sono pieni di citazioni bibliche ed evangeliche. Si può dire
che la dimensione etico-religiosa abbia avuto un ruolo fondamentale nell’impegno del
presidente Lincoln?
R. – Dicono che Lincoln avesse l’abitudine di dedicarsi
alla contemplazione, spesso astraendosi dalla realtà esterna. C’è un episodio, fra
l’altro, abbastanza importante nella storia della Guerra di Secessione, dopo la battaglia
di Hampton Roads, che il Nord vince, quando Lincoln decise di emanare l’editto di
Emancipazione degli schiavi, nonostante alcuni dei suoi ministri fossero contrari,
perché pensavano che questo non fosse il momento più giusto. Dirà Lincoln che egli
aveva concluso un’alleanza con l’Onnipotente per liberare gli schiavi, non
appena i ribelli fossero stati cacciati dal Maryland. Siccome ciò era avvenuto, si
sentiva obbligato a mantenere il suo impegno, che era un impegno nei confronti degli
schiavi, ma anche nei confronti dell’Onnipotente. Quindi, c’è questa ispirazione.
Lui era, poi, un grande conoscitore della Bibbia e le citazioni bibliche nei suoi
discorsi erano frequentissime.
D. – Lincoln ebbe a dire una volta: “Non potrei
sostenere per un incarico pubblico un uomo che fosse nemico della religione”. E questo
è proprio dello spirito americano. Chesterton affermò: “L’America è una nazione con
l’anima di una Chiesa”...
R. – La religione ha sempre avuto un ruolo estremamente
importante nella politica americana. E in modo particolare in quegli anni era ancora
molto forte l’influenza puritana, che è alla base della creazione della nazione americana.
D. – Ad un secolo e mezzo dalla sua morte, pensando anche al fatto che proprio
un afro-americano è oggi alla Casa Bianca, qual è l’eredità, secondo lei, più duratura
che il presidente Lincoln ha lasciato agli Stati Uniti?
R. – L’unità del Paese.
Oggi l’America è spaccata, come mai lo è stata nel passato recente. Quindi, in questo
senso, l’uomo Lincoln è soprattutto il simbolo dell’unità del Paese. E’ comprensibile
che l’attuale presidente lo tenga come riferimento, come ispirazione, in un momento
in cui appunto il Paese è diviso.