Al via la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Il Papa: insieme siamo
volto e forza di Cristo
“Quel che il Signore esige da noi”: su queste parole del Profeta Michea si fonda il
tema dell’edizione 2013 della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che
è iniziata ieri. Sin dall’alba del suo Pontificato, Benedetto XVI ha posto il dialogo
ecumenico tra le priorità del suo ministero e in molte circostanze le sue parole hanno
espresso con forza l’auspicio che tutti i credenti in Cristo ritrovino l’unità della
prima ora della Chiesa. Alessandro De Carolis ricorda alcune affermazioni del
Pontefice sull’argomento:
L’unità della
Chiesa nasce a poche ore dalla sua apparente fine. Nasce nel Cenacolo – in quella
splendida, intensa preghiera di Gesù che affida al Padre gli Apostoli – e sembra distrutta
di lì a poco, quando l’autore della preghiera pende crocifisso sul Golgota. Tra il
Getsemani e il Calvario gli Apostoli rinnegano, scappano, si danno per vinti. E in
quel loro disperdersi sembra annidarsi il segno di ciò che, nei secoli avvenire, sarà
della comunità cristiana, creata sul sangue di un Dio morto e risorto ma incapace
di restare unita come il suo Artefice l’aveva pensata e benedetta. Riflettendo sui
primi anni del cristianesimo, Benedetto XVI notò in una occasione l’intervento cui
fu costretto San Paolo già ai tempi dei primi fedeli corinzi:
“L’Apostolo,
infatti, aveva saputo che nella comunità cristiana di Corinto erano nate discordie
e divisioni; perciò, con grande fermezza, aggiunge: 'E’ forse diviso il Cristo?' (1,13).
Così dicendo, egli afferma che ogni divisione nella Chiesa è un’offesa a Cristo; e,
al tempo stesso, che è sempre in Lui, unico Capo e Signore, che possiamo ritrovarci
uniti, per la forza inesauribile della sua grazia”. (Angelus, 23 gennaio 2011)
La
tentazione della discordia è davvero antica pur tra chi è stato creato per essere
una cosa sola. E la conseguenza di quella “offesa a Cristo” – ha messo più volte in
risalto il Papa – è che la divisione tra i cristiani è sovente uno schermo nero che
non lascia trasparire appieno la presenza di Dio al resto dell’umanità:
"Il
mondo soffre per l’assenza di Dio, per l’inaccessibilità di Dio, ha desiderio di conoscere
il volto di Dio. Ma come potrebbero e possono, gli uomini di oggi, conoscere questo
volto di Dio nel volto di Gesù Cristo se noi cristiani siamo divisi, se uno insegna
contro l’altro, se uno sta contro l’altro? Solo nell’unità possiamo mostrare realmente
a questo mondo – che ne ha bisogno – il volto di Dio, il volto di Cristo". (Udienza
generale, 23 genn. 2008)
E il primo e più immediato modo di testimoniare
l’unità tra cristiani divisi è quello di pregare assieme:
"Nella preghiera
comune, le comunità cristiane si pongono insieme di fronte al Signore e, prendendo
coscienza delle contraddizioni generate dalla divisione, manifestano la volontà di
ubbidire alla sua volontà ricorrendo fiduciosi al suo onnipotente soccorso (...) La
preghiera comune non è quindi un atto volontaristico o puramente sociologico, ma è
espressione della fede che unisce tutti i discepoli di Cristo”. (Udienza generale,
23 genn. 2008)
Preghiera, certo, ma non solo, per non essere cembali
squillanti. Ci vuole anche l’azione, quella della carità. Ed è ciò che Benedetto XVI
ha sempre auspicato del dialogo ecumenico. Affiancare alla preghiera condivisa anche
dei gesti concreti di condivisa solidarietà:
“Ciò favorisce il cammino dell’unità,
perché si può dire che ogni sollievo, pur piccolo, che i cristiani recano insieme
alla sofferenza del prossimo, contribuisce a rendere più visibile anche la loro comunione
e la loro fedeltà al comando del Signore”.