2013-01-17 15:53:24

La famiglia fondata sul matrimonio al centro della Giornata del dialogo ebraico-cattolico


E' stata celebrata ieri in tutt’Italia la 24.ma Giornata per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei dedicata quest’anno a una riflessione sulla ‘settima’ delle ‘Dieci parole’, secondo il computo ebraico: ‘Non commettere adulterio’. Nel sussidio preparato per l’evento il vescovo di Pistoia, Mansueto Bianchi, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, e il rabbino Elia Enrico Richetti, presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia, invitano a riflettere sul rapporto sponsale fra uomo e donna, inserito nell’istituto familiare, come riflesso dell’alleanza tra uomo e Dio. Ascoltiamo mons. Bianchi, al microfono di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. – Nel vincolo che lega l’uomo alla donna è riconoscibile quella che potremmo chiamare la struttura naturale di questo rapporto ma anche, insieme, la rivelazione del volto e della santità di Dio per l’uomo, che è data nel vincolo dell’Alleanza e si realizza in una sua forma alta nell’alleanza nuziale tra l’uomo e la donna. Ritengo anche che questo impegno a riconoscere e a promuovere l’attenzione verso il vincolo nuziale nel nostro tempo ci aiuti e ci impegni, in un certo senso, ad opporci a quella banalizzazione e a quel qualunquismo che si stanno un po’ addensando intorno all’amore nuziale, intorno allo statuto familiare, così caratteristici di certe stratificazioni della cultura del nostro tempo.

D. - La famiglia fondata sul matrimonio è in pericolo, secondo lei?

R. - Ritengo che sia minacciata dalla cultura attuale perché la struttura familiare viene svuotata dei suoi contenuti specifici e riempita di una tipologia di altri rapporti, di altre convivenze, che non hanno molto a che fare con il progetto di Dio sulla famiglia umana così come si rivela nella struttura delle persone e anche come si rivela nella Rivelazione biblica.

D. – Vogliamo ricordare che esiste un documento della Pontificia commissione biblica, che porta la firma dell’allora cardinale Ratzinger, del 2001, che ci chiede un impegno costante di rilettura dell’ebraismo e della sua tradizione esegetica. Questo è un impegno che a volte si dimentica un po’…

R. – Questo è verissimo ed è un documento prezioso perché non solo indica punti stabili di affidamento e realizzazione ma anche perché chiama a cambiare un atteggiamento mentale tante volte soggiacente nelle persone, cioè quello di pensare all’ebraismo come ad un evento del passato mentre il documento evidenzia con molta chiarezza come le Scritture, anche nella fase della prima Alleanza, sono la radice della nostra identità, e che noi stessi non riusciremmo a riconoscerci, secondo la nostra specificità cristiana, prescindendo da quelle Scritture che ci rendono fratelli dell’ebraismo. Ma poi, ancora, ci aiuta a capire che l’ebraismo è un filone ricchissimo che si snoda in sintonia col cammino della storia ed è una tradizione ricchissima di spiritualità, di cultura, di esperienza liturgica, che in questo senso accompagna certamente il cammino dell’Italia ma ancora più ampiamente il cammino dell’Europa, il cammino dell’umanità.


Nella riflessione sul "settimo comandamento", al centro di questa giornata del dialogo fra cattolici ed ebrei, entra anche il concetto di ‘santificazione’ della vita matrimoniale, 'Kedushà' in ebraico. Ascoltiamo il rabbino Elia Enrico Richetti, sempre al microfono di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. - Il concetto ebraico di kedushà ha a che fare con il portare i momenti della vita quotidiana e naturale della persona, ad un livello di consapevolezza superiore, quindi al livello di rendersi come ogni cosa è voluta da Dio in un certo modo. La santificazione della vita matrimoniale consiste proprio nel non viver questa vita come un fatto puramente fisico, ma come un momento di un disegno maggiore che serve a mantenere in vita l’universo.

D. - Da questo comandamento possiamo trarre anche un importante insegnamento per quanto riguarda il ruolo della famiglia nella società…

R. - Certamente. Proprio perché nell’ottica della tradizione ebraica la famiglia è il primo nucleo della società. La società è vista in quanto esiste qualcuno che porta avanti l’esistenza umana, cioè la coppia.

D. - Dal punto di vista proprio dell’opinione pubblica della cultura attuale, lei vede che il modello di famiglia - quello appunto fondato dal matrimonio tra un uomo e una donna - è in qualche modo in pericolo in questo momento?

R. - Diciamo che c’è una parte della società umana che rischia di dimenticarsi che la società nasce attraverso l’unione di un uomo e di una donna. Non penso che ci sia un rischio che ciò venga a cessare. So che i matrimoni diminuiscono, ma non cesseranno mai, grazie a Dio, perché esiste sempre qualcuno che sente in sé questa necessità cosmica della verità.

D. - Nel sussidio per questa Giornata del dialogo voi scrivete parole molto forti: uno dei problemi del dialogo ebraico - cristiano è l’oggi, cioè la consapevolezza, da parte cristiana, che l’ebraismo non è finito...

R. - Al giorno d’oggi abbiamo molti segnali che indicano che ci sono ancora molte sacche di odio, di contrapposizione nei confronti del modo ebraico. Io credo che soltanto la conoscenza e il dialogo possono far conoscere la realtà, e quindi contribuire a far cessare l’odio, perché l’odio è figlio dell’ignoranza.

D. - Con quale atteggiamento vivere questa 24.ma Giornata per il dialogo tra cattolici ed ebrei?

R. - Direi che se la giornata deve essere veramente uno spunto per questo incontro, per questa conoscenza, per porre queste basi e per il comune sentire, il mondo cristiano troverà sempre disponibilità totale da parte dei rabbini.

Ultimo aggiornamento: 18 gennaio 2013







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