2013-01-16 15:43:53

Da Germania e Italia apporto logistico alle forze francesi in Mali


La Corte penale internazionale ha aperto un'inchiesta sui presunti crimini di guerra commessi in Mali da gennaio 2012. Ieri il presidente francese Hollande ha spiegato che il suo Paese “non persegue nessun interesse” economico in Mali, ma solo quello della pace. Se l'operazione dovesse durare ''più di quattro mesi'' – ha detto il capo dell’Eliseo – bisognerà ricorrere al voto del Parlamento. A sostegno dell’impegno di Parigi per impedire l’avanzata delle forze ribelli jihadiste, l’Italia fornirà concreto sostegno logistico, mentre la Germania metterà a disposizione aerei militari. Sul conflitto in corso Antonella Palermo ha intervistato Enzo Nucci, corrispondente Rai per l’Africa sub sahariana:RealAudioMP3

R. - C’è il rischio che il Mali diventi l’Afghanistan della Francia, che il Paese rimanga impantanato in un conflitto da cui poi sarà difficile uscire. Assisteremo all’ennesimo fallimento: un governo centrale, quello di Bamako, che farà qualche riforma, per guadagnare un minimo di credibilità; un ripiegamento tattico degli estremisti islamici per poi far ripartire questa guerra, fra qualche tempo, in grande stile, come è successo in Afghanistan e precedentemente in Vietnam. E’ una brutta guerra; è una guerra come tutte le guerre, che sappiamo non risolvono i conflitti, ma anzi a volte li esaltano; è una guerra molto difficile, perché il Mali è anche – ricordiamolo – un importante porto strategico di arrivo della cocaina dal Sud America, con un governo centrale, quello di Bamako, che è debolissimo e che è stato abbattuto appunto da un colpo di Stato, proprio perché si è dimostrato incapace e inadatto a fermare la rivolta dei tuareg. Quindi, un’autorità centrale, priva di autorevolezza e di credibilità politica, non riuscirà sicuramente poi a governare un processo di pacificazione in queste zone percorse da sempre da forti segnali di autonomia.

D. - Rivendicano, per esempio, più autonomia i tuareg ...

R. - I tuareg è da tempo che chiedono autonomia, anche giustamente, perché i confini di questi Paesi sono stati disegnati da noi occidentali, da noi europei, e spesso l’idea di confine non ha alcun senso per queste popolazioni che sono nomadi e che si spostano da un Paese all’altro. Poi c’è anche la questione economica, purtroppo, come al solito. Ricordiamo che il Mali è il terzo produttore di oro al mondo e questa è quindi una causa. In realtà, però, la vera posta in gioco è la partita che si sta giocando nel confinante Niger.

D. - Qual è il ruolo del Niger?

R. - Il Niger è il quinto produttore mondiale di uranio. La Francia ha in questo Paese, in Niger, la presenza d’importanti società, che sono multinazionali, e l’uranio estratto in Niger alimenta 59 centrali nucleari francesi, che provvedono all’80 per cento del fabbisogno dell’energia della Francia. Per assurdo, ricordiamo che il Niger, pur essendo produttore di uranio, ottiene la sua elettricità dai combustibili fossili o importandola dalla Nigeria. In questo Paese confinante, dove sono molto attive le società francesi, va detto che si vive una situazione altrettanto instabile. Anche il Niger ospita basi di terroristi islamici ed è sempre sull’orlo di una crisi. Questo intervento in Mali è un po’ una sveglia che la Francia vuole dare anche al Niger di non cercare altre strade, perché vuole continuare a mantenere il monopolio dell’uranio, che è la vera partita in gioco. E’ una situazione difficile che prevede una risoluzione lunga, sanguinosa e non facile.

Sulla situazione in Mali, Antonella Palermo ha raccolto la testimonianza di Massitan Kantè, maliana immigrata a Trento da 17 anni, appena rientrata in Italia dal Paese africano:RealAudioMP3

R. - La gente era spaventata. Tutti avevano paura. Si parlava solo della guerra. Quando sono arrivata, c’era appena stata un’irruzione in una moschea. Estremisti erano venuti dicendo che erano arrivati dei tuareg a pregare; invece erano degli estremisti, dei ribelli armati, non con fucili, ma con coltelli. Pare che abbiano strangolato quasi tutti quelli che si trovavano lì. È stato il panico per tutti. La gente si è convinta che potevano arrivare non solo al nord del Mali ma ovunque. La figlia di una mia amica viveva a Gao con suo marito. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata insieme.

D. - Che cosa le ha raccontato?

R. - Lei mi ha detto che queste persone sono arrivate prima cercando di entrare come fanno gli stranieri di solito, che cercano prima di tutto abitazioni in affitto. Questi però erano disposti a pagare più del solito per avere un riparo. Una volta che uno o due vengono accolti in casa, questi cominciano a maltrattare la gente, a partire dal capo di famiglia imponendo le loro regole, altrimenti uccidono tutti. Sono stata lì due mesi e vivevamo tutti con la paura, con terrore. Si diceva che fermavano gli autobus di linea che venivano anche da Gao o dal Niger. Li fermavano in campagna e facevano scendere tutti i passeggeri e loro salivano al loro posto. In questo modo avevano la possibilità di arrivare anche in città. Avevamo tutti paura, chiudevamo le porte. Dicono che in città facevano irruzione nelle case. Se eri un militare o figlio di militare ti uccidevano subito. Le donne dovevano essere vestite in un certo modo, dovevano indossare il burka. Anche gli uomini dovevano seguire delle regole dure altrimenti, venivano tagliate le mani i piedi, le orecchie...

D. - Come sono stati accolti i soldati francesi?

R. - Bene. Con gioia, con grandissima speranza. Eravamo felici di vederli arrivare. Li ho visti arrivare attraverso la televisione non di persona, ma quando abbiamo visti questi soldati, è tornata in tutti la speranza.







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