Liturgia e spazio sacro, superare "sciatteria" con più formazione
Mons. Tiziano Ghirelli, direttore dell’Ufficio beni culturali ecclesiastici diocesi
di Reggio Emilia Mi
sono trovato spesso di fronte a certe soluzioni architettoniche o di arredo sacro
che poco hanno a che fare con la liturgia cattolica e mi sono chiesto perché. E se
ciò accade anche in altri paesi del mondo. La parola d'ordine del Concilio fu favorire
una liturgia più comprensibile e partecipata. La vera novità fu la nuova impostazione
ecclesiologica dello spazio per la liturgia che considera l'assemblea, gerarchicamente
ordinata, il soggetto celebrante. L'altare, per esempio, è segno di Cristo
quindi, data la destinazione universale della salvezza, prevede dal punto di vista
artistico e architettonico, una forma per cui sia circondabile e ugualmente importante
in tutti i suoi quattro lati. La sensazione però, oggi, è quella di una grande approssimazione
nella disposizione dei luoghi per il culto, di una certa superficialità e dilettantismo.
E' evidente nella sciatteria liturgica, nella scarsa qualità dei canti. Non solo durante
la Santa Messa, ma anche durante il Battesimo o le esequie. Eppure la celebrazione
dovrebbe essere un "anticipo di Paradiso". Riproporre linguaggi del passato significa
però eludere il problema e rifiutare il presente che il Signore ci dà da vivere. Forse
manca una vera formazione liturgica. In Italia però ci sono molti esempi, anche riusciti,
di adeguamenti degli spazi delle cattedrali compiuti per migliorare la qualità celebrativa.
Nel suo saggio "Ierotopi cristiani, le chiese secondo il magistero” (Libreria
Editrice Vaticana), mons. Ghirelli analizza il tema dello spazio liturgico della
chiesa cattolica alla luce della riforma del Concilio vaticano II. Una riflessione
per la comprensione pratica e teorica dello spazio sacro, anche nel contesto della
storia dei vari espiscopati nazionali e della loro riflessione teologica. Un'opera
che vuole anche stimolare nuove realizzazioni per ottenere una buona liturgia nel
rispetto dei riti. Perché - ricorda l'autore - anche per infrangere le regole bisogna
conoscerle profondamente. (Intervista di Fabio Colagrande)