Le candidature provenienti dalla società civile: fenomeno nuovo nel panorama politico
Esponenti di associazioni civili e d’ispirazione ecclesiale, magistrati, direttori
di giornali e giornalisti, imprenditori e lavoratori: mai in Italia si erano visti
tanti candidati provenienti dalla società civile come in occasione di questa campagna
elettorale. Solo lunedì si lamentava un pericoloso distacco e una forte disaffezione
dei cittadini nei riguardi della politica e dei politici definiti un “casta”. Con
l’impegno da parte di tanti cittadini, possiamo pensare ora che quel sentimento sia
stato superato? Adriana Masotti lo ha chiesto al politologo, Paolo Franchi:
R. – Intanto,
dobbiamo un pochino aspettare, perché ci sono due processi di tipo diverso: forse
si incontreranno, ma non è detto. Il primo riguarda i milioni di elettori italiani
e i loro comportamenti elettorali, cioè quelli che nei sondaggi preelettorali vengono
dati come presumibili astenuti, come indecisi se votare o meno. Se questo fatto del
moltiplicarsi delle candidature della società civile contraddica o no l’ampiezza di
questo fenomeno, onestamente non sono in grado di dirlo. Io credo che il fenomeno
permanga e sia solo parzialmente contraddetto per quanto riguarda le candidature da
parte della società civile. Questa è una novità che però, non a caso, rispetto ai
due partiti fin qui principali, Pdl e Pd, si manifesta un po’ meno. La grande novità
che invece si determina è quella relativa a un’offerta politica comunque nuova, che
è quella che si sta attrezzando attorno a Monti e che vedremo poi alla fine con quale
risultato elettorale.
D. - Forse, anche il fatto che ci sia stato un anno di
governo tecnico può avere richiamato le forze non prettamente politiche - membri di
associazioni, imprenditori, giornalisti - che sembra abbiano sentito questa vocazione
a contribuire al futuro...
R. - Quello che rende la cosa interessante, e solo
all’apparenza paradossale, è che si tratta di un’attività - quella del parlamentare
- fin qui ampiamente spregiata. In particolare, mentre venti anni fa avere la qualifica
di onorevole era una cosa che dava prestigio sociale - a parte i vantaggi economici
che ne derivavano - oggi molti di coloro che si candidano vengono da settori che nei
confronti del mondo parlamentare, o anche più in generale dell’attività politica professionale,
hanno spesso perlomeno manifestato distacco e fastidio. Quindi, qualcosa di nuovo
è capitato: una voglia di esserci e di fare parte di un progetto.
D. - Tutte
queste novità potranno portare a una politica più vicina ai cittadini? Possiamo almeno
auspicarlo?
R. - Auspicarlo è quasi doveroso. In realtà, per quello che riguarda
i parlamentari, noi ci muoviamo sempre in un ambito pessimo che è quello dell’attuale
legge elettorale, secondo la quale i parlamentari non sono eletti di fatto, ma sono
nominati. Già questo rende difficile il ravvivarsi di un rapporto forte e di maggiore
vicinanza ai cittadini. Poi, secondo me, ci sono dei problemi che riguardano anche
i meccanismi. Il lavoro parlamentare che è stato un lavoro molto serio per molti decenni,
negli ultimi anni si è molto svilito, sia sicuramente per la qualità dei parlamentari,
sia anche per quello che è un effettivo svuotamento del ruolo del lavoro delle Camere
che c’è stato e che ha fatto sì che la produzione legislativa fosse molto modesta
e che praticamente si trattasse di alcune centinaia di persone che stavano lì a votare
sì o a votare no, insomma a premere un bottone. Quindi, credo ci sia anche un problema
di riforme. Una riforma dell’attività parlamentare in generale credo sia una cosa
che favorirebbe moltissimo la possibilità di un rinnovamento e di un cambiamento nella
politica. La questione che il lavoro politico come professione, secondo la classica
definizione di Max Weber, sia tendenzialmente da rigettare - e che quindi il problema
sia togliere di mezzo in assoluto la figura del politico di professione per sostituirla
con rappresentati della società civile che siano lì per una legislatura, per due,
e poi tornino al loro lavoro - è un discorso che oggi viene dato molto per scontato,
ma praticamente solo in Italia.