2013-01-14 08:13:29

Ancora raid francesi in Mali. Appoggio a Parigi di Usa e Gran Bretagna


Quarto giorno di operazioni francesi in Mali contro i jihadisti che controllano la zona di Awazad e che però, dopo i raid di Parigi, avrebbero abbandonato la città di Gao. Intanto a sostenere logisticamente le truppe francesi anche Stati Uniti, Gran Bretagna, Danimarca mentre la Germania ha escluso l’invio di soldati. Critiche all’operazione sono venute invece dal presidente egiziano Morsi che invoca una soluzione politica. Il servizio di Giulio Albanese: RealAudioMP3

Continua, senza sosta, la missione di guerra francese in Mali. Si tratta, soprattutto, di raid aerei a ripetizione contro le forze ribelli di matrice jihadista che controllano la regione settentrionale dell’Azawad. Ma la resistenza dei miliziani è notevole, a riprova che sono meglio equipaggiati ed addestrati di quanto Parigi si aspettasse, grazie alle armi saccheggiate dai depositi libici dopo la caduta nel 2011 del regime di Gheddafi. Al momento, è praticamente impossibile sapere quale sia il bilancio delle perdite tra le forze jihadiste, ma è certo, stando a fonti indipendenti, che vi siano numerose vittime tra i civili. Sul piano del sostegno internazionale all’operazione, Stati Uniti e Gran Bretagna stanno fornendo appoggio logistico. Intanto, questa sera, sono arrivati in Mali i primi ufficiali della forza della Ecowas/Cedeao (Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale) che organizzeranno l’arrivo delle truppe africane incaricate di scalzare, con l’avallo dell’Onu, i miliziani insediati da nove mesi nell’Azawad.

Su iniziativa della Francia è previsto per oggi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sul tavolo la situazione in Mali. A Parigi il presidente Hollande ha convocato il Consiglio di Difesa. Incerto il numero delle vittime dall’inizio dell’offensiva mentre centinaia di persone in fuga dalle violenze si stanno riversando verso la Mauritania. Il parere di Domenico Quirico, inviato del quotidiano La Stampa, intervistato da Eugenio Bonanata: RealAudioMP3


R. - Se qualcuno non interveniva, l’esercito maliano sarebbe probabilmente crollato e la possibilità che gli uomini di Al Qaeda e i loro alleati, i touareg salafiti, potessero prendere Mopti, l’ultima grande città del Paese prima di Bamako era assolutamente concreta. L’intervento della Francia è diventato necessario perché, dall’aprile dello scorso anno, cioè da quando gli integralisti hanno preso il Nord del Paese, nessuno ha fatto nulla se non chiacchiere.

D. - In campo anche l’Ecowas – la Comunità economica dell’Africa occidentale, con oltre tremila uomini nella regione...

R. - Ci sono Paesi - parlo soprattutto dell’Algeria - che non vogliono nessun intervento occidentale nella zona. Non lo vogliono perché si considerano delle potenze regionali e perché trovano che aver raccolto tutti i fondamentalisti nel Nord del Mali è un sistema molto comodo per evitare che operino nel loro territorio. Se aspettavamo la formazione di questa ‘presunta armata’ che avrebbe dovuto liberare il Nord, avremmo dovuto aspettare degli anni. Invece, ci sono dei Paesi come il Niger e la Nigeria che erano pronti ad intervenire perché anche loro avevano dei problemi con i fondamentalisti. Quindi diciamo che è stato l’attacco dei "nordisti" a determinare la necessità di fare la guerra, una guerra che nessuno voleva fare.

D. - Quali sono i rischi nello scenario africano, a cominciare dalla situazione in Mauritania, ad esempio...

R. - Questo è il "nuovo Afghanistan": è il nuovo terreno di lotta scelto dal radicalismo islamico per battersi contro l’Occidente. Al contrario dell’Afghanistan, però, il Nord del Mali è al centro di un territorio in cui ci sono immense riserve di petrolio e di gas - parlo dell’Algeria, dei nuovi giacimenti che sono stati scoperti in Niger, nello stesso Mali, in Mauritania. Si trova a fianco delle maggiori riserve mondiali di uranio che muovono le centrali occidentali, che è costituito dal Niger. Ed è al centro del passaggio dei clandestini che vengono verso l’Europa e del passaggio della droga. Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) controlla, dall’aprile dello scorso anno, questo territorio. Lo controlla direttamente e da lì può determinare, ad esempio, la trasformazione radicale di tutte le rivoluzioni della "primavera araba". È evidente che, a circa un’ora di aereo dal Mediterraneo e dall’Europa, questo rappresenta il maggiore pericolo che l’Occidente sta correndo da qualche anno a questa parte.

D. - In Francia qual è il clima di opinione che si è sviluppato attorno alla situazione in Mali?

R. - Ci sono delle parti del Paese, come l’estrema sinistra, che contestano. La Destra, invece, almeno in parte, è sostanzialmente d’accordo per i vecchi riflessi condizionati della ‘France Afrique’. Il problema è che la Francia da qualche anno sta - non solamente dalla presidenza di Hollande che si è appena insediato – perdendo il suo entroterra africano. Ricordiamo la vecchia frase di De Gaulle: “La Francia senza l’Africa è una potenza di quarto ordine”. Progressivamente, però, i francesi sono stati espulsi da molte zone dove la Francia, una volta, era la potenza dominante e sostituiti dagli Stati Uniti, dalla Cina e quindi da attori che hanno maggiore peso di quanto possano averne i francesi. Lasciare che anche il Mali andasse in malora, sarebbe stato veramente un po’ troppo per loro.







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