2013-01-12 16:50:28

Sprecati ogni anno nel mondo due miliardi di tonnellate di cibo


Due miliardi di tonnellate è la quantità di cibo prodotto che ogni anno finisce buttato prima che venga consumato. Un dato sconcertante che arriva dal report “Cibo globale: non sprecare, non volere” della britannica Institution of Mechanical Engineers. Sotto accusa i comportamenti dei consumatori nella scelta degli alimentari e i sistemi di distribuzione e conservazione, che causano un’inutile perdita di risorse agricole, suolo, acqua ed energia utilizzati per la produzione e la trasformazione dei prodotti. Lorenzo Pirovano ha intervistato il professor Andrea Segrè, direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Università di Bologna e presidente di Last Minute Market: RealAudioMP3

R. – E’ una filiera agroalimentare mondiale inefficiente, sprecona. Lo spreco è a valle nei Paesi cosiddetti sviluppati, mentre in quelli in via di sviluppo parliamo più propriamente di perdite. Quindi è un problema da una parte di comportamenti e, dall’altra, di tecnologia e di organizzazione.

D. – In quali passaggi del sistema si concentra lo spreco di cibo?

R. – L’anello più debole, e anche quello più consistente, è lo spreco domestico. Potrebbe essere una forbice intorno al 20 per cento in tutta la filiera. Lo spreco domestico non è recuperabile, finisce direttamente nel bidone della spazzatura, quindi si accumula nei rifiuti: ci costa e inquina.

D. – In Italia, come nel mondo, quali sono i necessari cambiamenti sia nelle famiglie sia per quanto riguarda il sistema della distribuzione del commercio?

R. – In Italia, nei Paesi cosiddetti sviluppati, bisogna che il consumatore sia più responsabile, cercando di pianificare i propri consumi come facevano nei corsi di economia domestica le nostre nonne. Invece, nei Paesi meno sviluppati, il lavoro da fare è nell’organizzazione della filiera, nella tecnologia, in modo che queste perdite si riducano; significa risparmiare soprattutto delle risorse che sono limitate che noi, con questo consumo sfrenato, che poi finisce nel bidone della spazzatura, stiamo appunto “consumando”.

D. – Quali sono i margini di miglioramento in questo campo?

R. – Ce ne sono tanti e noi abbiamo promosso la risoluzione europea contro lo spreco, che è stata votata al Parlamento europeo esattamente un anno fa, dove ci sono una serie di indicazioni concrete che i governi, gli Stati membri in questo caso, potrebbero già adottare. Per esempio, cosa si potrebbe fare per mettere un po’ d’ordine sulle etichette? Questo “consumarsi preferibilmente entro” del prodotto secco pensiamo che sia una scadenza definitiva, ma non è vero. Si può andare anche oltre. Basta aprire la confezione e verificarne il contenuto, ma legalmente si può andare oltre. Il prodotto fresco – lo jogurt, il latte – ha una scadenza fissa, ma immaginiamo se ci fosse la possibilità di vedere due scadenze come in alcuni Paesi, cioè da consumarsi entro una certa data – scadenza commerciale – e poi portarlo a casa e sapere che per il consumo si ha un’altra settimana. Terza misura, la regolamentazione delle vendite scontate. Va bene recuperare, ma se quello jogurt che sta per scadere, me lo trovo al 50 per cento, lo compro pianificando il mio consumo. E’ una questione che si risolverebbe veramente con poco, basterebbe farlo.

D. – La crisi economica non ha suscitato soluzioni meno sprecone e più virtuose nelle famiglie italiane?

R. – In parte sì. Si acquista di meno - purtroppo anche il cibo – perché siamo in crisi. Quindi il dato sui rifiuti è diminuito. Lo spreco, però, è diverso dal rifiuto. Dai primi dati che ho non è diminuito. Vuol dire, quindi, che il nostro comportamento ancora non si è modificato. La crisi però aiuta perché si comincia ad essere più attenti.









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