Mali, 11 morti negli scontri a Konna. Anche il Senegal invia soldati
Sono ripresi stamattina i raid francesi in Mali contro gli estremisti islamici che
controllano il nord del Paese. Intanto, in diretta tv, il presidente maliano Traoré
ha parlato di un bilancio di 11 morti, tra cui un militare francese, e una sessantina
di feriti negli scontri a Konna, dove sarebbero rimasti uccisi anche diversi jihadisti,
tra cui un capo dei ribelli salafiti. In poche ore la Francia è rimasta coinvolta
in due conflitti: in Somalia, infatti, il blitz per la liberazione dell’agente dei
servizi segreti Denis Allex, da quattro anni in mano ai ribelli somali, è tragicamente
fallito, causando anche 8 vittime civili. E mentre Londra si prepara a fornire supporto
logistico a Parigi in Mali, sulla cui situazione la Comunità economica degli Stati
dell’Africa occidentale ha convocato un vertice per mercoledì prossimi, dell’attacco
in Mali, Eugenio Bonanata ha parlato con Domenico Quirico, inviato del
quotidiano la Stampa, in partenza per il Paese: 00:03:05:26
R.
- Se qualcuno non interveniva, l’esercito maliano sarebbe probabilmente crollato e
la possibilità che gli uomini di Al Qaeda e i loro alleati, i touareg salafiti, potessero
prendere Mopti, l’ultima grande città del Paese prima di Bamako era assolutamente
concreta. L’intervento della Francia è diventato necessario perché, dall’aprile dello
scorso anno, cioè da quando gli integralisti hanno preso il Nord del Paese, nessuno
ha fatto nulla se non chiacchiere.
D. - In campo anche l’Ecowas – la Comunità
economica dell’Africa occidentale, con oltre tremila uomini nella regione...
R.
- Ci sono Paesi - parlo soprattutto dell’Algeria - che non vogliono nessun intervento
occidentale nella zona. Non lo vogliono perché si considerano delle potenze regionali
e perché trovano che aver raccolto tutti i fondamentalisti nel Nord del Mali è un
sistema molto comodo per evitare che operino nel loro territorio. Se aspettavamo la
formazione di questa ‘presunta armata’ che avrebbe dovuto liberare il Nord, avremmo
dovuto aspettare degli anni. Invece, ci sono dei Paesi come il Niger e la Nigeria
che erano pronti ad intervenire perché anche loro avevano dei problemi con i fondamentalisti.
Quindi diciamo che è stato l’attacco dei "nordisti" a determinare la necessità di
fare la guerra, una guerra che nessuno voleva fare.
D. - Quali sono i rischi
nello scenario africano, a cominciare dalla situazione in Mauritania, ad esempio...
R.
- Questo è il "nuovo Afghanistan": è il nuovo terreno di lotta scelto dal radicalismo
islamico per battersi contro l’Occidente. Al contrario dell’Afghanistan, però, il
Nord del Mali è al centro di un territorio in cui ci sono immense riserve di petrolio
e di gas - parlo dell’Algeria, dei nuovi giacimenti che sono stati scoperti in Niger,
nello stesso Mali, in Mauritania. Si trova a fianco delle maggiori riserve mondiali
di uranio che muovono le centrali occidentali, che è costituito dal Niger. Ed è al
centro del passaggio dei clandestini che vengono verso l’Europa e del passaggio della
droga. Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) controlla, dall’aprile dello scorso anno,
questo territorio. Lo controlla direttamente e da lì può determinare, ad esempio,
la trasformazione radicale di tutte le rivoluzioni della "primavera araba". È evidente
che, a circa un’ora di aereo dal Mediterraneo e dall’Europa, questo rappresenta il
maggiore pericolo che l’Occidente sta correndo da qualche anno a questa parte.
D.
- In Francia qual è il clima di opinione che si è sviluppato attorno alla situazione
in Mali? R. - Ci sono delle parti del Paese, come l’estrema sinistra, che contestano.
La Destra, invece, almeno in parte, è sostanzialmente d’accordo per i vecchi riflessi
condizionati della ‘France Afrique’. Il problema è che la Francia da qualche anno
sta - non solamente dalla presidenza di Hollande che si è appena insediato – perdendo
il suo entroterra africano. Ricordiamo la vecchia frase di De Gaulle: “La Francia
senza l’Africa è una potenza di quarto ordine”. Progressivamente, però, i francesi
sono stati espulsi da molte zone dove la Francia, una volta, era la potenza dominante
e sostituiti dagli Stati Uniti, dalla Cina e quindi da attori che hanno maggiore peso
di quanto possano averne i francesi. Lasciare che anche il Mali andasse in malora,
sarebbe stato veramente un po’ troppo per loro.