Dove e perché si combatte? Lo spiega l'Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo
Quanti sono i conflitti nel mondo? Dove si consumano? E quali sono le ragioni che
li generano? Domande difficili, con risposte ancor più complicate. A tracciare una
mappa è l’’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo’, in questi giorni in libreria
con la quarta edizione. 36 schede compilate da vari giornalisti esperti, alle quali
sono stati abbinati suggestive fotografie e alcuni approfondimenti, tra i quali quello
dedicato al rapporto fra finanza e guerra, curato da Banca Etica. A questa edizione
dell’Atlante, edito da Terra Nuova Edizioni, hanno collaborato realtà importanti come
Amnesty International Italia, l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati, l’Associazione
Ilaria Alpi, e molte altre organizzazioni. Quest’anno, inoltre, all’Atlante si accompagna
la Campagna “Emergenza Siria”, promossa dall’Unhcr: un euro per ogni copia venduta
sarà destinato al sostegno e alla protezione dei rifugiati siriani. FrancescaSabatinelli ha intervistato RaffaeleCrocco, giornalista Rai
e inviato di guerra, ideatore e direttore dell’Atlante:
R. - L’ostinazione
dell’uomo sulla guerra è una cosa che mi ha sempre colpito, avendo vissuto per 10
anni le guerre in giro per il mondo. Non riesco mai a capire cosa è che convince una
persona ad andare a farsi ammazzare. Noi cerchiamo di mettere in fila le ragioni e
scopriamo che sono, quasi sempre, ragioni economiche ciò che convince i politici a
fare la guerra, o i signori della guerra a fare la guerra. Le ragioni che convincono,
invece, gli individui a farla sono un po’ più oscure: paure, senso di lealtà, strane
norme, regole, cultura, un misto di cose. Certo è che facendo l’Atlante scopriamo
che sempre meno uomini fanno la guerra e sempre più uomini, donne, anziani e bambini
la subiscono. 90 vittime su 100 sono civili, è un numero spaventoso e una volta non
era così. Questo deve far riflettere.
D. - Voi avete compilato delle schede
in ordine alfabetico, e dunque non per importanza o meno di conflitto. Ci sono poi
dei capitoli a parte, sfogliando l’Atlante si legge di pirateria, disparità sociale,
narcotraffico…
R. - Sì, perché sono tutte ragioni di conflitto. In realtà là
dove non c’è il rispetto dei diritti umani, non c’è equa distribuzione della ricchezza,
non c’è rispetto delle persone, ci sono maggiori motivi, o maggiori ragioni, per cui
un conflitto, una guerra, nascano. Quindi, noi parliamo di queste cose, come della
pirateria, perché ormai è un fenomeno che deve essere tenuto in conto. Sotto il profilo
macro-economico, perché è un fenomeno che incide nella vita di tutti, perché il prezzo
delle merci aumenta, perché i costi di trasporto aumentano e aumentano le assicurazioni
per ragioni di sicurezza. C’è poi una ragione sociale: ci sono interi popoli che oggi
vivono solo facendo i pirati, perché non hanno altro modo per avere denaro, o risorse
e ricchezza. Non possiamo ignorarlo. C’è il fenomeno della vendita di interi pezzi
di Africa alle multinazionali e ai governi che vogliono avere il controllo di terre
coltivabili, perché il cibo sarà una delle prossime ragioni di conflitto. Il cibo
è un grosso problema: le città crescono, la popolazione mondiale cresce e i terreni
coltivabili diminuiscono, ogni minuto perdiamo un ettaro di terra coltivabile, per
effetto della desertificazione - clima - o per effetto delle guerre. Quindi, il cibo
è fondamentale.
D. - Questo è il quarto anno dell’Atlante da te ideato e da
te diretto. Che cambiamenti hai visto in questi quattro anni?
R. - Siamo partiti
con 34 conflitti, ora siamo a 37. C’è stato poi tutto quello che è successo nel mondo
islamico, il problema della pirateria, guerre e conflitti nuovi che nascono, tutta
una serie di cose che si sono mosse e indicano che il pianeta non sta meglio di prima.
D. - Hai citato moltissime cause, riconducendo tutto sempre alla questione
economica, ma quanto c’entra la religione nei conflitti?
R. - Per quello che
vediamo noi, per le informazioni che raccogliamo noi, non c’entra nulla. La religione
viene utilizzata per muovere e convincere la gente a fare la guerra, ma non è una
ragione profonda di conflitto. La religione forma le milizie che possono andare a
scontrarsi, motiva le persone che devono andare a scontrarsi e a morire per un conflitto.
Ma la religione non è un vero motivo di conflitto, sono gli interessi economici i
veri motivi. È banalmente quello: gli integralismi religiosi, gli scontri culturali,
gli scontri fra Oriente ed Occidente, sono dei grandi alibi, utilizzati da chi ha
interesse a fare la guerra per alimentare il conflitto e per trovare nuova carne da
macello. In un rapporto di causa/effetto la religione, o lo scontro culturale, o lo
scontro tra Oriente ed Occidente, non è causa, bensì effetto.