2013-01-11 13:53:18

Rehn: ripresa nell’Eurozona solo dal 2014. Becchetti: eccessive misure di austerity nell'Ue


L'economia dell'Eurozona è ancora debole la ripresa ci sarà solo a partire dal 2014. Così il commissario europeo Olli Rehn. Parlando dell’Italia, che ieri ha collocato 3,5 miliari di btp a 3 anni, ha detto che “è molto più stabile e sicura”, e che con gli “spread dimezzati risparmia circa 3 miliardi”. Intanto il Giappone vara un piano da 226,5 miliardi di dollari. Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

Le nebbie sull’Europa non si diraderanno prima del 2014, ne è convinto il commissario europeo Olli Rehn, che ieri è tornato a ribadire che “i cittadini” del Vecchio continente “dovranno fronteggiare ancora mesi difficili e che si continuerà a sentire l'impatto della crisi”. Un pessimismo che ridimensiona, in un certo senso, le previsioni del presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che aveva parlato di graduale ripresa da quest’anno, nonostante “l’allarme disoccupazione” lanciato dal presidente dell’Eurogruppo Juncker. Comunque Rehn guardando all’Italia ha precisato che già dal 2011 sono state “avviate misure di consolidamento coerenti”. Intanto anche l’Asia fa i conti con la crisi, il Giappone ha approvato un pacchetto di stimoli fiscali per l'economia del valore di 20 trilioni di yen, circa 226 miliardi di dollari. Le misure comprendono una serie di progetti per la realizzazione di grandi infrastrutture e provvedimenti per favorire gli investimenti e generare la creazione di 600mila posti di lavoro.

Per un commento sulla situazione economica, Massimiliano Menichetti ha intervistato l’economista Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica all’Università di Roma “Tor Vergata”:RealAudioMP3

R. – L’Europa deve cambiare e deve diventare molto più aggressiva nelle sue politiche macroeconomiche. Gli altri Paesi usano il tasso di cambio, gli Stati Uniti, con la Banca Centrale, hanno ribadito che ormai l’obiettivo è quello dell'occupazione e non solo della moneta. Ci sono Paesi che hanno politiche molto più espansive: Giappone e Stati Uniti in primis. L’Europa deve andare in questa direzione. Ci sono varie strade per farlo e una è quella di approvare un bilancio comunitario serio, che preveda investimenti forti nelle infrastrutture digitali e non, perseguire la politica della “golden rule” (lo scorporo degli investimenti pubblici produttivi dal
calcolo del deficit). Questo va accompagnato anche ad una politica sociale più importante, in questo senso è stato molto rilevante il fatto che, a livello europeo, si sia parlato di salario minimo garantito.

D. – Per contrastare la crisi, la parola d’ordine è stata “austerity”, ma anche Olivier Blanchard del Fondo monetario internazionale, pur parlando a titolo personale, si è unito a molti premi Nobel per l’economia, ribadendo che questa strada non è in fin dei conti del tutto positiva…

R. – L’Europa ha esagerato da questo punto di vista. Ovviamente deve stare attenta anche al rigore, alla disciplina di bilancio, ma deve creare una macroeconomia molto più al servizio della persona di quella che abbiamo adesso.

D. – “Austerity” in sostanza viene tradotta in questo momento come taglio allo Stato sociale?

R. – Senz’altro. Bisogna anche modificare proprio la strategia della tassazione. Bisogna tassare ciò che produce effetti sociali negativi: penso al gioco, penso all’inquinamento ambientale, all’inquinamento finanziario, modificare il rapporto tra finanza e impresa. Questa è una strada per evitare i tagli allo Stato sociale, che ho proposto per l’Italia, ma vale anche per l’Europa. Oggi abbiamo gli strumenti tecnologici per azzerare l’evasione, se vogliamo. Azzerare l’evasione vuol dire far pagare tutti, e usare questi soldi per ridurre la pressione fiscale, in questo modo c’è spazio per una riduzione delle tasse fino al 20 per cento. Ci sono, quindi, tutta una serie di possibilità per conciliare la sostenibilità del debito e lo sviluppo. Se si vuole – ripeto – le strategie per trovare le risorse, per riequilibrare l’economia al servizio dell’economia reale e delle persone, ci sono.

D. – Nelle nazioni colpite da “austerity”, il debito pubblico continua a salire…

R. – Continua a salire perché il pil non riparte. Se non c’è crescita, non ci sono entrate per lo Stato capaci di compensare le uscite.

D. – Junker rilancia l’allarme disoccupazione. Politiche di “austerity” e “disoccupazione” in fondo sono legate. Se non riparte l’economia, anche la disoccupazione aumenta.

R. – Certamente. Bisogna puntare a far ripartire l’occupazione, soprattutto quella giovanile, ma senza avere l’illusione che a far ripartire l’occupazione è la mera riforma del mercato del lavoro. Il discorso dell’occupazione dipende anche dal tenore generale delle politiche monetarie, fiscali, dipende dalla loro espansività, dall’investimento.

D. – Una precisazione: non bisogna confondere “austerity” con rigore…

R. – No, assolutamente. L’equilibrio dei conti è necessario, perché altrimenti finiamo in situazioni come quella della Grecia. Ci sono, però, modi e modi per perseguire questo equilibrio. All’interno poi di un saldo complessivo, che deve essere equilibrato, che non deve far aumentare il debito, si possono scegliere tante opzioni diverse. Ed è su questo che si discute.

Ultimo aggiornamento: 12 gennaio 2013







All the contents on this site are copyrighted ©.