Card. Ruini: no a "riduzione della ragione a dominio della natura"
“La ragione è la forma della vita, e la riduzione, come vuole il positivismo, della
ragione a mero dominio della natura impoverisce la vita stessa e ci mostra come tale
dominio non possa mai essere l’unico e più alto fine dell’uomo”. Così il card. Camillo
Ruini, presidente del Comitato Cei per il Progetto culturale, ha sintetizzato il pensiero
di Spaemann, così come emerge dal suo libro “Fini naturali”, la cui edizione in italiano
(per i tipi di Ares) è stata presentata ieri pomeriggio a Roma. “Il positivismo, nelle
sue varie forme - ha esordito il card. Ruini ripreso dall'agenzia Sir - resta il vero
antecedente storico che ci consente di comprendere i maggiori temi del nostro tempo,
una sorta di premessa indispensabile per afferrare le coordinate essenziali della
discussione contemporanea”. “Per la critica della ragione positivista”: potrebbe essere
questo, secondo il relatore, il “titolo ideale” dell’opera del filosofo tedesco, in
cui si dimostra che la “città degli scienziati” non è che un’ennesima “metamorfosi”
della “città di Dio”. “Proprio la scienza, quando cerca di farsi legame sociale, alla
fine è costretta a riscoprire la religione”, ha detto il cardinale, ricordando che
“fu il cristianesimo, grazie alla sintesi tra aristotelismo e dottrina della creazione
operata da Tommaso, a raggiungere il compimento di una visione teleologica del mondo”.
Tra le concezioni dominate da un “antiteologismo radicale”, Speamann nel suo libro
prende in considerazione il darwinismo biologico, per dimostrare come “anche in biologia
il tentativo di rinunciare a concetti teleologici si rivela fallimentare”. “Spiegazione
causale, sistema, informazione, materia e regole del gioco, caso e necessità, libertà,
vita, coscienza, moralità”: questi i concetti principali del “programma evoluzionista”,
che privati però di un principio finalistico, secondo la ricostruzione di Spaemann,
“perdono determinazione e significato”. Di qui la necessità della “riscoperta della
teleologia”, a partire “dalla consapevolezza, oggi ormai molto diffusa, di che cosa
significhi riduzione della natura alla sua spiegazione causale, e cioè alla volontà
di dominare la natura”. In un “dialogo serrato con la cultura contemporanea”, ha concluso
il card. Ruini citando le ultime parti del volume, Spaemann mette in evidenza “le
conseguenze di questa progressiva de-teologizzazione del dominio della natura, la
quale non può che ricadere sulla natura stessa, ridotta a mero oggetto manipolabile,
e divenire autodistruttiva”. (R.P.)