Libano: per i vescovi maroniti l'afflusso dei profughi siriani può destabilizzare
il Paese
L'ospitalità verso i profughi che fuggono dalla Siria dilaniata dalla guerra è un
atto meritorio che va incentivato. Ma con l'aumento inarrestabile del numero dei rifugiati
crescono anche le insidie alla stabilità politica e all'ordine sociale “che il Libano
non è in grado di sostenere”. Così ieri, nella consueta riunione mensile convocata
preso la sede patriarcale a Bkerké, il Sinodo dei vescovi maroniti ha preso atto dell'inquietudine
che attraversa il Paese, i cui fragili equilibri sono messi a dura prova dalla crisi
economica e dagli effetti della guerra civile nella vicina Siria. I vescovi maroniti
hanno anche auspicato che le forze politiche trovino un accordo proficuo e ampiamente
condiviso per varare una nuova legge elettorale, denunciando nel contempo il rischio
di paralisi e di collasso a cui porterebbe inevitabilmente il perdurante accaparramento
in chiave privata o settaria delle istituzioni nazionali. Nel comunicato finale, pervenuto
all'agenzia Fides, l'episcopato maronita affronta con avveduto discernimento pastorale
i nodi politici e istituzionali della crisi libanese, richiamando tutti a servire
la pace in quella parte del mondo - il Medio Oriente - “che Dio ha scelto per rivelare
il mistero della salvezza e della redenzione”. I vescovi della più rilevante comunità
cristiana libanese esaltano le iniziative caritatevoli messe in campo a favore dei
profughi provenienti dalla Siria. Ma esprimono anche inquietudine “per l'aumento quotidiano
del numero dei rifugiati, e tra loro per la presenza dei palestinesi. I soccorsi umanitari,
che esigono la convergenza di tutti gli sforzi – osserva il sinodo maronita - esigono
anche, accanto all'empatia, che l'autorità libanese prenda le misure necessarie affinché
l'ospitalità offerta ai profughi tenga conto delle minacce politiche, sociali e connesse
con la sicurezza che il Libano non è in grado di sostenere”. Il comunicato sinodale
auspica che la commissione parlamentare ristretta incaricata di predisporre la nuova
legge elettorale trovi una soluzione in grado di assicurare la parità effettiva e
l'uguaglianza nella rappresentanza di tutte le componenti del popolo libanese. Un
accordo rapido per un nuovo governo – auspicano i vescovi maroniti – potrà puntare
a tutelare la sicurezza, rilanciare l'economia e farsi carico dei bisogni reali della
popolazione, mettendo il Libano al riparo “da tutte le rivalità degli assi regionali
e internazionali”. In tale orizzonte, secondo i vescovi maroniti occorre distinguere
con nettezza “gli imperativi del funzionamento dello Stato e gli obiettivi politici,
privati e settari perseguiti dalle diverse parti”. A detta dei vescovi, la confusione
delle due dimensioni ha effetti paralizzanti sulle istituzioni, visto anche “lo sforzo
impiegato da ogni parte per rivolgere a proprio vantaggio l'azione dello Stato, coprire
la corruzione amministrativa e la dilapidazione del denaro pubblico”. Uno Stato che
persiste in questa confusione – conclude il comunicato - “è condannato alla paralisi,
all'impotenza e, in fin dei conti, al collasso”. Secondo fonti libanesi, in una riunione
svoltasi domenica scorsa sempre a Bkerké, le diverse forze politiche cristiane – attualmente
divise e legate a coalizioni contrapposte – hanno raggiunto il consenso sul progetto
di legge elettorale proposto dal cosiddetto “Rassemblement ortodosso”, in base al
quale i cittadini dovrebbero votare candidati appartenenti alle rispettive confessioni
religiose. (R.P.)