Adozioni internazionali in calo in Italia: i dati della Commissione e il parere del
Cifa
Diminuiscono le adozioni internazionali in Italia: 3.106 bambini in meno nel 2012,
il 22,8%, rispetto al 2011. In calo del 21,7% anche le coppie adottive. I dati sono
della commissione governativa per le adozioni internazionali. La Federazione russa,
tra i Paesi di provenienza, resta in testa, ma a breve le cose potrebbero cambiare.
Il Cremlino infatti tra molte proteste, ha vietato per legge le adozioni di orfani
russi da parte di cittadini Usa. Per un commento, a partire dai nuovi dati della Commissione
Gabriella Ceraso ha intervistato la vicepresidente Daniela Bacchetta:
R. – Nel corso
degli anni precedenti, abbiamo sempre mantenuto i numeri – e anzi, siamo anche saliti!
– delle adozioni. Mentre per tutti gli altri Paesi, Stati Uniti in testa, il picco
c’è stato negli anni 2004-2005, per poi avere discese abbastanza consistenti. La stessa
cosa vale per la Francia. Questo perché c’è una cultura diversa dell’adozione: un
grande ricorso all’adozione indipendente ha fatto sì che sostanzialmente venisse accettata,
socialmente e umanamente dalle famiglie, solo l’adozione di bambini piccoli. In Italia,
invece, proprio per effetto di questo fatto che culturalmente è molto forte - l’adozione
qui è seguita dagli enti, ormai avviene da 12 anni, con la consapevolezza che ci sono
bambini che hanno bisogno di adozione anche se hanno più di tre anni e possono essere
adozioni positive - ebbene, ciò ha fatto sì che crescesse la disponibilità all’adozione
e ci ha di fatto portato avanti rispetto ad altri Paesi.
D. – Quest’anno, invece,
la tendenza si inverte: diminuiscono le coppie che vogliono adottare e diminuiscono
anche i bambini che arrivano in Italia. Questo come lo spiega?
R. – I numeri
di quest’anno risentono di un calo soprattutto per le riorganizzazioni o per le difficoltà
operative dei Paesi in cui andiamo ad adottare. Noi abbiamo visto la sostanziale tenuta,
salvo pochi numeri, della Federazione russa – il calo è veramente minimo – e invece
un grosso calo della Colombia, Paese nel quale nel 2012 c’è stata da una parte una
campagne mediatica abbastanza negativa contro le adozioni internazionali, che quindi
ha pesato. Dall’altra parte, c'è stata una revisione di una parte notevole, di più
di mille fascicoli di adottabilità, che ha comportato dei rallentamenti. La stessa
cosa possiamo dire a proposito della diminuzione che abbiamo constatato in Vietnam
e in India, entrambi Paesi che hanno varato nuove normative che hanno inciso sulle
procedure. Certamente, in molti Paesi – soprattutto quelli dell’Est europeo e diversi
Paesi del Sudamerica – l’incremento, il rafforzamento delle politiche per la tutela
della famiglia, dell’infanzia in vista dell'aumento delle adozioni nazionali comporta
una riduzione del numero dei minori per i quali la soluzione dell’adozione internazionale
potrebbe essere effettivamente la soluzione migliore. Siamo nell’ambito di un’evoluzione
del mondo, che sempre più vede l’adozione internazionale come uno strumento meno necessario.
D.
– Esclude che in Italia anche problemi economici relativi agli eccessivi costi per
le adozioni internazionali possano essere tra le cause della diminuzione?
R.
– No. Ripeto, sicuramente c’è un’incidenza, ma non credo che sia ancora così rilevante.
Mette
l’accento sulla situazione delle famiglie italiane, e sulla scarsa attenzione del
governo alle politiche a loro sostegno, Gianfranco Arnoletti, presidente dell’Ong
Cifa-da trent’anni specialista in adozioni- che, al microfono di Gabriella Ceraso,
dà la sua lettura dei dati della Commissione:
R. – Li leggo
con preoccupazione, nel senso che avere un figlio oggi in Italia è una cosa che non
viene assolutamente incentivata e incontra una serie di difficoltà proprio legate
all’aspetto economico, che credo sia la cosa più banale che posso dirle. L’adozione
internazionale, per scelta del nostro legislatore, ha un costo, mentre non c’e l’ha
l’adozione nazionale, che è invece un fatto pubblico e non un fatto privato. Se non
ci sarà un’inversione di tendenza, per cui avere un figlio sia equivalente in qualunque
modo si esplichi, probabilmente il nostro governo, e il governo che ci sarà, non dimostrerà
di avere attenzione verso la famiglia.
D. – In generale, quanto grava su una
coppia?
R. – Considerato quello che rimborsa lo Stato, grava sui 15 mila euro.
D.
– E quanto ci vuole come tempo?
R. – Un anno e mezzo.
D. – In più, con
la possibilità di assentarsi dal proprio luogo di lavoro...
R. – Sì, che è
la parte più delicata. Assentarsi dal lavoro per fare un’adozione internazionale –
quindi un mese – mette in crisi il rapporto di lavoro con il datore di lavoro. Questa
è la parte più rilevante che noto e che riflette una politica della famiglia, che
dire modesta è una semplificazione.
D. – Secondo la Commissione, il calo delle
adozioni è dovuto a particolari problematiche che ci sono nei Paesi di provenienza
come la Colombia, il Vietnam e l’India...
R. – E’ un dato sicuramente non contestabile.
Potrebbero, però, arrivare molti più bambini da altri Paesi. Alcuni Paesi stanno sollecitando
a presentare più domande, ma noi non abbiamo le coppie. Il calo grosso non è stato
delle adozioni quest’anno: è stato negli ultimi due anni il calo delle domande di
adozione. Io credo che la famiglia abbia un grosso desiderio ancora oggi di avere
figli, ma bisogna metterla nelle condizioni di poterlo fare.
D. – Parliamo
della Russia. E’ stata presa questa decisione: c’è una legge per cui gli orfani russi
non potranno andare in America. Alle spalle c’è una situazione sia di attesa da parte
delle famiglie statunitensi, che già avevano avviato la pratica e che non sanno cosa
succederà, sia dei bambini che erano in partenza e sono stati bloccati. Dal vostro
punto di vista, questo com’è valutabile?
R. – Con tutto il rispetto per la
sovranità dei Paesi, si perde di vista quale sia il diritto dei bambini. Se uno avesse
agito per modificare il diritto di un bambino, avrebbe avuto un senso. Invece, in
realtà, questa decisione è stata presa per ritorsione, per rapporti diplomatici che
sono andati in modo negativo con gli Stati Uniti d’America. Il problema è che, in
quel momento, con una decisione del genere, il diritto dei bambini che si trovano
negli istituti e che stanno aspettando l’adozione non è stato preso assolutamente
in considerazione.