Prostituzione: le nuove rotte per il drammatico sfruttamento delle donne nigeriane
Dalla Nigeria all’Italia passando per la Libia. E’ la nuova rotta dello sfruttamento
delle donne vittime della prostituzione. Una volta arrivate, con la promessa di un
lavoro, vengono ricattate e costrette ad esporsi in vendita come merce sulle strade.
Le ragazze sfruttate sono quasi l’80% del totale delle donne che si prostituiscono,
lo dichiara l’ultimo rapporto annuale dell’Associazione “Amici di Lazzaro”, che da
molti anni contrasta il fenomeno della prostituzione. Alessandro Filippelli
ha intervistato Paolo Botti, responsabile dell’organizzazione:
R. – La situazione
che noi incontriamo, soprattutto in strada, è di varie centinaia di ragazze – quest’anno
ne abbiamo incontrate 400: noi seguiamo soprattutto la prostituzione nigeriana; l’80
per cento di queste sono sfruttate. Poi c’è un 20 per cento che è fatto di prostituzione
di ritorno, nel senso che sono ragazze che sono state sfruttate anni fa, si erano
sistemate e adesso, per la crisi, sono disperate e quindi le chiamiamo “sfruttate
dalla povertà”. Quindi sono ragazze che comunque in precedenza sono state vittime
di sfruttamento, si sono liberate, hanno finito di pagare gli sfruttatori che alla
fine le hanno lasciate libere e poi, però, si sono trovate senza mezzi culturali
per trovarsi un lavoro. Quindi, ragazze con bassissima scolarizzazione, ragazze analfabete,
ragazze senza possibilità di inserirsi bene nella nostra società.
D. – Quali
sono le condizioni di sfruttamento a cui vengono sottoposte queste giovani donne?
R.
– Lo sfruttamento delle nigeriane in genere avviene con un accordo che si fa in Nigeria,
addirittura con le famiglie delle ragazze. Si dice loro: vieni in Italia, portiamo
tua figlia in Italia, le troviamo un lavoro con il quale potrà sistemare aiutare tutta
la famiglia allargata in Africa. E poi, quando questo patto viene siglato e le ragazze
arrivano in Europa, in Italia vengono poi costrette non a lavorare con un lavoro normale,
ma vengono messe in strada con la minaccia sia delle ritorsioni sulla famiglia, sia
su di loro – quindi, violenza concreta su di loro. Allo stesso tempo c’è anche questo
patto che hanno fatto, che lega fermamente psicologicamente, spiritualmente agli sfruttatori,
che è un rito voodoo: per noi è un rito lontano, incomprensibile ma per la tradizione
africana è molto importante perché coinvolge moltissimo lo spirito e la psiche delle
ragazze. Per questo, loro si sentono legate agli sfruttatori e li pagano per anni
finché non riescono ad estinguere questo debito che gli sfruttatori impongono loro.
A volte sono 50.000, 70.000, 80.000 euro …
D. – Qual è l’appoggio che l’Associazione
offre affinché queste ragazze denuncino gli sfruttatori?
R. – Noi incontriamo
le ragazze in strada. Spieghiamo loro le possibilità di essere aiutate, cioè: se una
ragazza denuncia, noi spieghiamo che può ricevere il permesso di soggiorno, l’accoglienza
in comunità di accoglienza – in Italia ce ne sono tantissime di ispirazione religiosa
– e quindi la possibilità di avere un percorso di formazione. Il che significa imparare
l’italiano, imparare un mestiere e poi trovare un lavoro. Quindi, la possibilità dell’accoglienza
c’è; la difficoltà è convincerle a non avere più paura degli sfruttatori, delle ritorsioni
su di loro.