Myanmar. La Chiesa: “Un Anno giubilare di libertà e riconciliazione per il Paese"
Quello appena cominciato è “un anno giubilare per il Myanmar”, infatti “dopo 50 anni
di tenebre soffocanti, oggi brilla una luce nella bella nazione birmana”: lo afferma
in un messaggio inviato all’agenzia Fides per il nuovo anno, mons. Charles Maung Bo,
arcivescovo di Yangon e Segretario generale della Conferenza episcopale del Myanmar,
ricordando che nel 1962 era iniziato il tempo della dittatura nel Paese, mentre oggi
“la sofferenza sta lentamente cedendo il passo alla speranza”. “Questo messaggio –
nota il presule – deve essere portato in ogni angolo della nazione, in quest’anno
di nuova evangelizzazione, con un rinnovato vigore di fede”. L’arcivescovo ricorda
il doloroso passato con accenti poetici: “Nel 1962, il buio ha inghiottito la Birmania.
La sua storia è stata congelata, la sua bellezza nascosta, i suoi figli ridotti alla
schiavitù del silenzio, molti al martirio, molti a lunghe notti di lacrime. Milioni
sono divenuti sfollati o immigrati clandestini. Le nostre ragazze innocenti sono state
vendute come schiave del sesso e le loro lacrime sepolte in grotte silenziose di disumanità.
Due generazioni hanno intrapreso un viaggio nel tunnel buio della disperazione”. Oggi
Mons. Bo guarda al futuro con fiducia: “Dopo 50 anni, ci siamo riuniti per rivedere
la luce. La luce della verità risplende su di noi, la luce della libertà sta lentamente
risvegliando la nostra gente, la luce delle opportunità che stanno emergendo. Nel
nostro Natale Cristo è nato, donandoci una nuova luce di speranza. Questo è un anno
molto significativo per il nostro popolo, è un Anno Giubilare, un Anno di Grazia per
il popolo del Myanmar”. L’arcivescovo, rimarcando che “Dio guida il suo popolo nel
suo cammino”, applica al Myanmar di oggi le pratiche del Giubileo biblico: “Nel Giubileo
si liberano gli schiavi. Noi, in quest’anno, chiediamo di liberare tutti i prigionieri
politici, prigionieri di coscienza, i nostri uomini e donne nelle carceri”. Nel Giubileo,
prosegue “tutti i debiti sono cancellati: La nostra è una nazione in debito. Nessuna
famiglia è esente da debiti soffocanti . Urge sollevare il peso dei prestiti soprattutto
dalle spalle di agricoltori e pescatori”. Nell’Anno di grazia, “ognuno ritorna alla
sua proprietà”. “Oggi – dice il messaggio – siamo una nazione di sfollati. Oltre tre
milioni di persone sono fuori dal nostro Paese senza documenti regolari. Alcuni sono
rifugiati, molti vivono in condizioni disumane. I nostri figli e le figlie devono
tornare alla loro terra madre”. Un altro messaggio giubilare è “proclamare la libertà
agli oppressi”: “La democrazia porta grandi speranze. Ma – nota il vescovo – come
si è visto di recente, le vecchie abitudini sono dure a morire. Se i monaci sono percossi,
che libertà c’è in questa terra? Il rispetto della dignità umana e dei diritti umani
hanno bisogno di crescere nella nostra nazione”. Il Giubileo è anche un anno di misericordia
e di riconciliazione. Il Segretario della Conferenza episcopale auspica “la riconciliazione
tra tutte le parti in guerra e il trionfo della pace. Per troppo tempo – ribadisce
– questa nazione è stata in guerra con se stessa… migliaia di morti in guerre insensate,
molti giovani uccisi e la terra bagnata del sangue dell’odio reciproco”. Oggi, conclude,
“è tempo di costruire la pace” e “la pace può essere costruita solo sulla giustizia”.
(R.P.)