2013-01-08 16:16:58

Mafia: 20 anni fa l’omicidio del giornalista Beppe Alfano


Sono passati vent’anni dalla sera in cui il giornalista Beppe Alfano venne ucciso dalla mafia. Per non dimenticare e per discutere sulla cultura della legalità si è tenuto a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, un workshop internazionale sulle mafie. Alla manifestazione sono intervenuti magistrati, rappresentanti delle forze dell'ordine internazionali, giornalisti, testimoni di giustizia e parenti delle vittime di mafia. Il servizio di Gianluca Rossellini:RealAudioMP3

Oggi al Palazzetto dello Sport di Barcellona, alla presenza di centinaia di studenti provenienti da tutta la Sicilia, è intervenuto, tra gli altri, don Luigi Ciotti, presidente dell'associazione Libera: “La legge sulla corruzione passata in Parlamento – ha ribadito - non rispetta quello che l'Europa ci chiede dal 1999”. “Da vent'anni – ha aggiunto don Ciotti - aspettiamo che nel codice penale vengano anche inseriti i reati contro l'ambiente”. “La lotta alla mafia si fa con la cultura, con le politiche sociali, con il lavoro delle forze di polizia e dei magistrati, ma la vera lotta alla mafia oggi si deve fare anche a Roma, in Parlamento, con le leggi giuste”. “Questo è un Paese dove molti si commuovono, quando accadono grandi omicidi e tragedie, ma poi si perde la giusta attenzione”. “Siamo qui a 20 anni dalla morte di Beppe Alfano per ricordarlo e per ricordarci che non possiamo essere cittadini ad intermittenza”. “La mafia – ha sottolineato - non è il problema, lo è quello che la rende forte: alleanze, connessioni e complicità”. Commoventi anche le testimonianze dei parenti delle vittime della mafia, tra cui anche Vincenzo Agostino padre di Antonino, poliziotto ucciso dalla mafia. “Da ventitre anni non mi taglio barba e capelli perché mio figlio è stato ucciso con la complicità delle mele marce che erano dentro lo Stato”. Se qualcuno conosce la verità – ha detto - parli. Nel pomeriggio, dopo la Messa al Duomo di Santa Maria Assunta celebrata da don Luigi Ciotti, è stata intitolata a Beppe Alfano una piazza della città. Ieri si è discusso inoltre sulla cooperazione tra i vari Stati per combattere le mafie. Sonia Alfano, figlia del giornalista ucciso e presidente della commissione antimafia del Parlamento Europeo, ha ribadito una priorità: “Si devono equiparare le leggi dei vari Paesi per contrastare la criminalità che è sempre più internazionale”. “In Italia abbiamo esempi, come la legge sul sequestro dei beni o quella che riconosce l'associazione mafiosa, e si devono estendere anche agli altri Stati”. Roberto Scarpinato, procuratore di Caltanissetta ha poi ricordato che “le resistenze politiche e culturali sono fortissime”. “Serve la figura del Procuratore europeo, che abbia potere investigativo”. “E’ stato un passo molto importante la costituzione della Commissione Antimafia Europea, ma bisogna creare le premesse per costruire un diritto penale europeo”. Sulla forza attuale delle mafie è intervenuto inoltre Michel Quillè direttore aggiunto del'Europol: “Oggi sempre di più – ha affermato - le forze criminali sono globalizzate e si muovono nel mondo. I beni generati dalla 'ndrangheta, ad esempio, sono 44 miliardi di euro e hanno superato il profitto di molte multinazionali come la Microsoft e la Apple”. “Se però esaminiamo la regione d'origine della 'ndrangheta notiamo che questa organizzazione ha reso quel territorio più povero”. “Le forze criminali riescono facilmente a collaborare tra loro, invece le forze di polizia devono confrontarsi con difficoltà perché lavorano in ambiti legislativi diversi”. “Nell'Unione Europea ci sono 27 Paesi che hanno una diversa legislazione per la lotta alla mafia”. “E questo – ha rimarcato - non va bene”. Infine, lo scrittore Roberto Saviano in un messaggio inviato durante la seconda giornata del workshop ha ricordato Alfano: "E' stato ucciso perché stava facendo saltare i meccanismi della criminalità”. “Era necessario sacrificare un uomo, un visionario convinto che a Barcellona Pozzo di Gotto, patria della mafia messinese, una mafia tonta, come si preferiva credere, si nascondesse addirittura il boss dei boss, Nitto Santapaola”. “E dopo la morte – ha aggiunto Saviano - come ha più volte denunciato Sonia Alfano, la solita, consueta, vergognosa diffamazione. I soliti tentativi di screditare il lavoro e la reputazione di una persona coraggiosa che ha voluto fare il suo dovere senza temerne le conseguenze”. “Ma se questo schifo non è riuscito a mortificarne le doti, è vero anche che l'indignazione per la sua morte è durata poche settimane. Ecco perché queste due giornate di commemorazione, di ricordo e di confronto sono fondamentali, necessarie”.







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