Israele annuncia la costruzione di un muro al confine con la Siria
Un nuovo muro, lungo 58 chilometri ai margini delle alture del Golan, al confine con
la Siria. Ad annunciarne la costruzione il premier israeliano Benyamin Netanyahu,
il quale ha sottolineato che dall'altra parte del confine l'esercito siriano si è
allontanato e al suo posto sono entrate forze della Jihad islamica. Una decisione,
quella di Netanyahu, dettata più da questioni di sicurezza o da motivi elettorali,
visto che tra due settimane Israele andrà alle urne? Salvatore Sabatino lo
ha chiesto a Ennio Di Nolfo, docente emerito di Relazioni Internazionali all’Università
di Firenze:
R. – Personalmente,
penso che prevalgano i motivi elettorali perché, a guardare bene le cose, gli israeliani,
dalla parte siriana, hanno due tutele: le alture che occupano, nel Golan, e il fatto
che lungo la frontiera con il Libano ci siano forze internazionali che tutelano Israele.
Sicché voler costruire lì un altro muro, oltre a quelli, più o meno efficaci, che
hanno costruito altrove, mi pare eccessivo. Anche perché poi, da parte siriana, in
questi giorni, sono arrivati segnali di instabilità, di fragilità. Il discorso di
Assad dell’altro ieri è stato un discorso che rispecchia la fragilità del regime siriano
e diminuisce il pericolo del regime siriano per Israele.
D. – La barriera sarà
identica a quella appena completata lungo il confine con l’Egitto. Insomma, Israele
sta letteralmente sigillando il proprio territorio. Non si rischia un isolamento non
solo fisico? Si moltiplicano anche le critiche e le polemiche internazionali...
R.
– E’ un isolamento concettuale, questo modo di difendere il diritto di Israele all’esistenza,
che è un modo quanto mai in sé fondato, ma è anche un modo ingannevole. Non dimentichiamo
che sotto il muro costruito al confine con l’Egitto sono state, poi, scavate tante
gallerie che hanno consentito, per esempio, ai palestinesi di armarsi quanto volevano
durante i recenti scontri del mese scorso.
D. – A proposito del confine con
l’Egitto, ricordiamo che qui la barriera è lunga ben 230 km; un’opera imponente che
non ha certamente risolto ad esempio il problema del Sinai, che negli ultimi due anni
è divenuto un’area di forte destabilizzazione...
R. – Mi pare che da parte
israeliana si avverta in maniera forse ossessiva la pressione della jihad islamica,
diffusa del resto in tutto il mondo arabo e che però, in questo modo, proprio con
la costruzione di muri come quelle costruiti lungo il Sinai, lasci fuori controllo
una serie di aree strategiche, come la penisola già citata del Sinai, che diventano
così una sorta di area protetta per gli avversari d’Israele, più che per Israele.
D.
– Diciamo che ci sono polemiche forti e prese di posizione anche interne contro Nethanyau,
da parte, per esempio, dell’ex capo dello Shin Bet, la sicurezza interna, Youval Diskin,
che ha accusato il premier di essere vittima di “visioni messianiche”. Insomma, Nethanyau
con questa politica rischia anche di avere forti correnti contro?
R. – Sì,
rischia questo, anche se a dir la verità tutto concorre a far aumentare la possibilità
di essere eletto. Non dimentichiamo il fatto che la manifestazione organizzata da
Hamas e Fatah, l’altro giorno, con la partecipazione di un milione di palestinesi,
rappresenta una specie di sfida all’esistenza di Israele e quindi legittima le reazioni
di Israele. Quindi, toglie un po' di peso alle accuse contro Nethanyau, che del resto
hanno però fondamento etico, fondamento pratico, fondamento militare.