Rosarno tre anni dopo la rivolta: è ancora emergenza immigrati
A tre anni dalla rivolta di Rosarno, in Calabria è ancora emergenza. Nelle tendopoli
allestite per accogliere i lavoratori stagionali, provenienti dall’Africa, vivono
oltre mille persone a fronte di una capienza di 250. La situazione rischia di diventare
esplosiva, si teme, infatti, un’altra rivolta. “Di fronte a realtà simili – afferma
il vescovo di Oppido-Palmi, mons. Francesco Milito – non si può rimanere immobili”.
La Caritas italiana ha stanziato la somma di 30 mila euro che si aggiunge ai diecimila
euro messi a disposizione dalla diocesi. Alessandro Filippelli ha intervistato
don Salvatore Tucci della parrocchia di San Nicola di Mira a Messignadi, Reggio
Calabria.
R. – E’ una
situazione, certamente, che ci lascia sempre degli interrogativi. Da tre anni, dopo
che c’è stata questa rivoluzione, la situazione non è cambiata: è una situazione gravissima,
di indigenza nella quale versano migliaia di nostri fratelli immigrati, distribuiti
nella Piana di Gioia Tauro ma anche in certe collinette delle nostre campagne. Come
si può continuare sempre così? Come si possono lasciare questi nostri fratelli in
queste baracche, dove ci sono la sete, la fame, la nudità e non solo: anche le malattie?
Certo, noi speriamo che l’appello lanciato dal vescovo, mons. Francesco Milito, sia
risuonato con forza nei cuori non soltanto nel popolo ma – mi auguro – anche nelle
istituzioni. Il messaggio del vescovo in realtà è una domanda che vuole scuotere le
nostre coscienze, i nostri cuori e innanzitutto la nostra fede: ogni volta che avete
fatto qualcosa ad uno di questi nostri piccoli, l’avete fatto a me, ha detto Gesù.
Quindi, penso che questo messaggio sia stato sposato da tutti; speriamo che questi
nostri fratelli possano sempre di più trovare calore da parte nostra.
D. –
Come la Chiesa ha contribuito per arginare l’emergenza?
R. – La Chiesa ha contribuito
con un contributo economico di quasi 10 mila euro – se non erro – oltre alla Caritas
nazionale, che ha dato 30 mila euro. Questo per quanto riguarda l’aspetto economico.
Questo aiuto non riguarda soltanto le varie mense: la mattina la nostra Caritas diocesana
porta latte caldo; le parrocchie hanno aperto diverse mense. Abbiamo preparato, qualche
domenica fa, 120 pasti … Ecco, mi sembra che una risposta immediata ci sia stata.
D.
– Qual è l’appoggio che la comunità, i cittadini quindi, offrono a chi vive nelle
tendopoli, in uno stato di degrado?
R. – Possiamo dire che non c’è stata indifferenza:
c’è stato appoggio subito, pronto. Non soltanto una coperta, ma anche viveri, vestiario
e anche medici che stanno dando un contributo volontario per curare le malattie che
si sono manifestate.