L’ombra del cyberbullismo sul drammatico suicidio della 14.enne di Novara
Suscita profondo dolore e amarezza la notizia del suicidio della 14.enne di Novara
avvenuto nella notte tra il 4 e il 5 gennaio scorsi, ma anche indignazione per il
fenomeno di bullismo che sembra esserci dietro la sua drammatica decisione. In attesa
che gli inquirenti accertino i fatti, sul web sono tantissimi i "post" di amici e
conoscenti che in queste ore denunciano il dolore della ragazzina vittima di dileggio
e derisione su Internet. Non è il primo caso di quello che chiamiamo cyber-bullismo.
Fausta Speranza ne ha parlato con il prof. Giampiero Gamaleri, docente
di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università Roma Tre:
R. - Soprattutto
nei ragazzi, ma - a questo punto - anche negli adulti, sembra che la propria personalità
non riesca a manifestarsi ed esprimersi pienamente, se non ha anche questo esito,
questa manifestazione virtuale: se non va in Rete. C’è questa ansia - diciamo così
- di partecipazione all’universo della Rete, che fa sì che soprattutto i ragazzi siano
risucchiati e cerchino di esserci nel modo più pervasivo possibile.
D. - Adesso,
un reato, come quello che abbiamo da sempre conosciuto, della diffamazione o il fenomeno
del bullismo, nella Rete riceve un’amplificazione terribile: su Internet niente si
cancella. Questi ragazzi “iperconnessi” sono consapevoli di tutto ciò?
R. -
Non sono pronti. Per un semplice fatto: la formazione che ricevono, la riflessione
che si fanno e che viene loro proposta anche dagli educatori, è una riflessione che
non mette in evidenza i caratteri di quella che è la piazza telematica e per cui si
creano delle situazioni veramente molto molto pesanti ed imbarazzanti. Non si mette
in evidenza il fatto che ciò che va in Rete tende ad essere permanente, quindi, è
irrimediabile. Quando si è fatto un passo in avanti non si può più fare un passo indietro,
quando il passo in avanti è addirittura fatto da qualcuno che magari non ci vuol bene
e ci vuole danneggiare, rimane permanentemente dentro la Rete. Quindi, non è eliminabile
e non è circoscrivibile: se noi abbiamo, per esempio - penso ai ragazzi e a noi stessi
- un dissapore con alcuni amici, possiamo chiarirlo. Ma nella Rete questo è molto
più difficile, anche perché nel frattempo - per cerchi concentrici - questa posizione,
questa diffamazione, questa nota negativa, si è diffusa: come quando si butta un sasso
nell’acqua e le onde arrivano a tutte le rive. Quindi, bisogna prendere coscienza
ed avere un tipo di formazione che renda noto quali sono le caratteristiche strutturali
della Rete. Ci sono alcune parole del Santo Padre che vorrei ricordare in questo momento.
Fanno parte del messaggio dell’anno scorso, molto molto significativo, sul "silenzio
e parola", in cui si parla di Twitter, per esempio, e si dice che: “Nell’essenzialità
di questi brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico - dice testualmente
il Papa - si possono esprimere pensieri profondi, se ciascuno non trascura di coltivare
la propria interiorità”. Questa è una pista formidabile: non dimenticare di coltivare
l’interiorità. Non si possono prendere alla leggera queste cose. Se io ho questa possibilità,
mi butto e dico quello che mi passa per la testa. Invece io ho questa possibilità
che è tanto potente, per cui devo misurare quello che dico, alimentare un’interiorità
e chiedere a me stesso che cosa sto facendo e verso quale strada mi sto muovendo.
Quindi, credo che su questo punto ci sia molto da fare. Non vorrei fare il solito
richiamo ai doveri della scuola, ma purtroppo questo è un passaggio di civiltà, è
un vero e proprio passaggio di civiltà, dove la scuola e la formazione non possono
sottrarsi.