2013-01-07 15:42:35

Centrafrica: a Libreville slitta l'apertura dei negoziati di pace


Per motivi ‘tecnici’ è stata rinviata di qualche giorno, tra il 9 e al massimo l’11 gennaio, l’apertura dei negoziati di Libreville inizialmente prevista per ieri: lo ha annunciato il presidente congolese Denis Sassou Nguesso, mediatore della Comunità dei paesi dell’Africa centrale (Ceeac). “Dobbiamo lavorare instancabilmente al consolidamento della pace in Centrafrica, portando il governo e la ribellione sulla strada del dialogo” ha dichiarato Nguesso dopo un breve incontro avuto nella capitale gabonese con il suo omologo centrafricano François Bozizé. “Chiediamo alla comunità internazionale di sostenere l’iniziativa dell’Africa centrale per riportare tutta la stabilità necessaria allo sviluppo di questo Paese fratello” ha aggiunto il capo di stato congolese, ribadendo che “la soluzione militare non è quella giusta”. Nei giorni scorsi più di 750 soldati della forza di interposizione dell’Africa centrale (Fomac) sono stati dispiegati a Damara – 75 chilometri a nord di Bangui – ancora in mano alle truppe governative e decretata dalla Ceeac “linea rossa da non superare”. I soldati inviati dai Paesi vicini hanno come missione di arginare l’avanzata della coalizione ribelle del Seleka e monitorare il rispetto del cessate il fuoco tra i contendenti. Dal canto suo Bozizé, di cui la ribellione continua a chiedere le dimissioni, ha semplicemente dichiarato che la “Repubblica Centrafricana sta vivendo momenti difficili a causa dell’aggressione di elementi esterni chiamati Seleka”. Per Bozizé – arrivato al potere nel 2003 con un colpo di stato – si tratta di “mercenari venuti per aggredire le quiete popolazioni centrafricane”. Ha poi ribadito la sua fiducia “nei padri dell’Africa centrale che ascolteranno gli uni e gli altri e vedremo cosa verrà fuori da questo dialogo”. Mentre il presidente centrafricano è ripartito per Bangui, a Libreville è atterrato un aereo con a bordo la delegazione dei ribelli, guidata dal capo del Seleka, Michel Djotodia. Il velivolo fornito dalle Nazioni Unite è partito da Bria, capoluogo settentrionale controllato dalla ribellione, e ha fatto scalo a N’Djamena. L’aereo che doveva partire da Bangui per trasportare verso Libreville la delegazione governativa e quella dell’opposizione democratica non è invece potuto decollare a causa di avverse condizioni meteorologiche. Nel pomeriggio nella capitale gabonese dovrebbe tenersi una riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi dell’Africa centrale mentre domani è previsto un incontro del Comitato di monitoraggio dell’Accordo di pace globale – firmato nel 2008 sempre a Libreville tra il governo centrafricano e diversi gruppi ribelli – presieduto proprio dal Congo. Giovedì sarà la volta dei Capi di Stato dell’organismo regionale che dovrebbero valutare possibili soluzioni alla crisi centrafricana riaccesasi lo scorso 10 dicembre con l’avvio di un’offensiva del Seleka che contesta il potere di Bozizé e la mancata attuazione dei precedenti accordi di pace. La situazione instabile in Centrafrica sta avendo le prime ripercussioni nei Paesi confinanti. L’emittente della Repubblica Democratica del Congo ‘Radio Okapi’ ha riferito dell’arrivo in due giorni di 300 rifugiati centrafricani a Mobayi Mbongo, nella provincia dell’Equateur (nord-ovest). Ma in tutto, secondo le autorità locali, da quando i ribelli del Seleka hanno preso il controllo di Bambari e Sibut, tra 2000 e 2500 civili hanno attraversato il fiume Ubangi per rifugiarsi in territorio congolese, dove per ora sono stati accolti in famiglia. Inoltre 250 cittadini congolesi residenti a Bangui, la capitale, avrebbero deciso di fare ritorno in patria. La stessa fonte radiofonica ha annunciato che il dispositivo di sicurezza è stato rafforzato nella terza regione militare tra Yaloma e Zongo, lungo il confine col Centrafrica, per evitare che il territorio congolese possa servire da retrovia al Seleka. L'agenzia Fides ha dato oggi notizia che una giornalista della radio comunitaria ’Bé-Oko’’ di Bambari (nel centro della Repubblica Centrafricana), Elisabeth Blanche Olofio, è stata uccisa dai ribelli della coalizione Seleka durante l’occupazione della città. Lo denuncia don Jean Ignace Manéngou, un sacerdote cattolico presidente dell’Associazione delle Radio Comunitarie del Centrafrica (Arc). Sul terreno quindi la situazione è lontana dalla stabilità come spiega al microfono di Davide Maggiore, mons. Juan José Aguirre Muñoz, vescovo di Bangassou: RealAudioMP3

R. - La gente è molto inquieta, perché stanno sentendo che i ribelli si stanno spostando pian piano verso Bangassou e hanno preso le città non molto lontano da Bangassou. Speriamo che si fermino e non arrivino a Bangassou…

D. – Lei fino a ieri era a Bangui, ha avuto queste notizie e quindi ha deciso di tornare a Bangassou?

R. – Sì. Era molto difficile spostarsi perché la strada è completamente interrotta. Ci sono da una parte i militari dell’Unione africana e dall’altra i ribelli che tentano di arrivare a Bangui. E con la strada interrotta io non potevo arrivare a Bangassou. Ieri, invece, per una coincidenza sono riuscito a entrare a Bangassou: volevo veramente essere qui, perché se i ribelli arrivano, voglio essere presente con la mia gente e poter sedermi con loro, incoraggiarli, contare le loro lacrime e consolarli se succede qualcosa. Anche a Bangui la gente era molto inquieta, c’erano i ragazzi che chiudevano le strade, che facevano le barricate con i pneumatici e fermavano tutte le macchine… In altri posti i ribelli sono entrati e hanno fatto del male, hanno rubato molto e speriamo che non capiti anche altrove.

D. – Domani, dovrebbero cominciare i colloqui in Gabon tra i rappresentanti del governo e i rappresentanti della coalizione Seleka. Quali sono i suoi auspici, cosa ci si può aspettare?

R. – Le negoziazioni e il dialogo sono sempre buoni. Speriamo che tutti e tre vedano sia il governo, sia il gruppo Seleka, sia l’opposizione. Non sappiamo ancora se tutti i gruppi ribelli accetteranno di andare, se il governo arriverà, non sappiamo quanto dureranno, se incominciano … Continuiamo a vedere che i ribelli vanno avanti a prendere le città. Preghiamo il Signore di trovare la pace. Qui nell’est del Centrafrica c’è un’altra ribellione. Noi siamo presi da due ribellioni diverse: una è quella di cui abbiamo parlato e l’altra che ci portiamo dietro da sei anni è la ribellione guidata da Joseph Kony. Stiamo vivendo un calvario! Joseph Kony è un ugandese, che è venuto in Centrafrica con i suoi ribelli e stanno facendo del male in metà della diocesi di Bangassou. Stiamo vivendo momenti molto duri: villaggi bruciati, ragazzi e ragazze sequestrati e portati nella foresta…

D. – Ritornando all’argomento dei colloqui che si dovrebbero svolgere in Gabon, c’è chi dice che questi colloqui, potrebbero non avere effetto perché ormai i ribelli sono molto sicuri di poter prendere in qualsiasi momento la capitale. E’ questo un timore che c’è anche a Bangui e a Bangassou?

R. – E’ un timore perché loro sono in una posizione di forza. Loro arrivano a prendere le città con solo due auto piene di soldati, non è che ci sia uno scontro; le forze armate non si difendono, fuggono. Abbiamo fiducia nelle barriere che stanno facendo i soldati delle forze armate africane e che i ribelli non vadano a combattere contro i soldati di altri Paesi. Ma questa mattina hanno già sentito che sono molto vicini a Damara, la città in cui sono questi soldati. Questo ci fa essere molto inquieti. Intanto viviamo in una situazione di affogamento: non abbiamo più carburante, non abbiamo più medicinali, non abbiamo più il telefono, non sappiamo come vanno le cose in altri posti… C’è uno strangolamento di tutto il Paese perché molte cose partono da Bangui e vanno un po’ dappertutto. Se non partono da Bangui perché la strada è chiusa, sentiamo che non possiamo più respirare, stiamo vivendo in questa situazione da tre settimane ormai e non sappiamo quanto tempo potremo resistere.

Ultimo aggiornamento: 8 gennaio







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