Natale nelle Chiese orientali. Il vescovo di Giza: festa di speranza, ma clima pesante
in Egitto
Nonostante l’incertezza politica, in Egitto le Chiese ortodosse e le Chiese cattoliche
di rito orientale che seguono il calendario giuliano si apprestano - come ha ricordato
il Papa all'Angelus - a celebrare, oggi, il Natale con fede e speranza nel futuro,
anche se non mancano i timori. Del clima che si respira nelle comunità locali alla
vigilia, Roberta Barbi ha parlato con il vescovo di Giza, mons. Antonios
Aziz Mina:
R. – Per il
Natale, dobbiamo avere fede, dobbiamo avere speranza, anche se la situazione è pesante:
comunque Natale rimane Natale, la felicità è nel cuore e non nella situazione politica.
Noi abbiamo sempre fiducia di poter uscire dall’impasse per poter arrivare un giorno
alla pace vera e propria, non solo per il nostro Paese ma per i Paesi di tutto il
mondo.
D. – Ci sono leader islamici estremisti, però, che minacciano i musulmani
che faranno gli auguri di Natale ai cristiani, bollandoli come traditori, mentre il
Natale – come diceva lei – è una festa di pace …
R. – Sono estremisti, hanno
questa chiusura mentale ed è questo che ha spaccato il popolo di Egitto in due fazioni:
gli islamisti, che credono di essere i veri credenti, e tutti gli altri – i musulmani
moderati, i cristiani o qualsiasi altra fazione, non soltanto religiosa – sono ritenuti
da loro miscredenti.
D. – E’ cambiata la situazione dopo la vittoria del “sì”
al referendum, che inserisce la Sharìa tra le fonti di diritto nella Costituzione
egiziana?
R. – La situazione è diventata più tranquilla perché non ci sono
più manifestazioni. Tutti si preparano per le elezioni parlamentari. Spero che possano
prepararsi bene per una battaglia che sia una battaglia corretta e giusta, per arrivare
a vedere chi prenderà in mano la guida di questo Paese.
D. – Dunque, che tipo
di Natale si festeggia quest’anno in Egitto? Qual è la testimonianza che la Chiesa
locale può dare al mondo?
R. – Quest’anno è pieno di ricorrenze: è l’Anno della
fede, è l’Anno della nuova evangelizzazione, è l’anno in cui abbiamo ricevuto dalle
mani del Santo Padre l’Esortazione apostolica del Sinodo per il Medio Oriente del
2010, il cui titolo era: “La Chiesa, comunione e testimonianza”. E non si può fare
né comunione né testimonianza senza fede, e la fede ci spinge ad evangelizzare, a
testimoniare, a dare testimonianza della nostra fede. Questa è la nostra fede: per
piccoli che siamo – piccoli di numero, certamente – siamo però grandi di spirito,
grandi perché Cristo ci sostiene, è Lui che opera attraverso noi, attraverso la sua
Chiesa.
D. – Quale augurio vuole fare alla sua comunità?
R. – Lo faccio
non solo alla mia comunità, ma a tutto il mondo: un augurio di pace. Soprattutto interiore:
che siamo riconciliati con noi stessi, con i nostri vicini, con chi abita con noi,
con quelli più lontani, cioè con tutto il mondo, e con Dio, che è l’essenziale. Essere
riconciliati con Dio: questo è il significato del Natale. Lui si è incarnato, è diventato
uomo, per realizzare la riconciliazione fra il Cielo e la Terra.