Siria, si combatte a Damasco. L'impegno di Save the Children per i bambini rifugiati
Continuano i combattimenti in Siria, dove le forze governative si stanno scontrando
con i ribelli per il controllo di Daraya, importante sobborgo di Damasco. Intanto,
sono arrivati in Turchia i primi militari statunitensi incaricati di supportare il
dispiegamento sul territorio di Ankara dei missili Patriot richiesti dalle autorità
locali alla Nato. L’Alleanza atlantica ha sottolineato come il dispiegamento abbia
esclusivamente una “funzione difensiva” del confine. La crisi militare porta con sé
anche l’emergenza umanitaria, che coinvolge ormai oltre mezzo milione di sfollati.
Particolare allarme desta la situazione dei bambini. Davide Maggiore ha raggiunto
telefonicamente in Giordania Saba al-Mobaslat, project director di Save The
Children nel Paese, che ha aperto nel campo di Zaatari un asilo per i bambini tra
zero e cinque anni:
R. – We believe
that this particular age… Crediamo che questa particolare fascia di età abbia specifiche
necessità, tra queste protezione e istruzione. Dal nostro punto di vista, ai bambini
che vivono in un ambiente sicuro, insieme con i loro coetanei, è consentito di continuare
a svilupparsi e a imparare, in modo da non perdere quella fase importante della vita
in cui le capacità di apprendimento, le capacità cerebrali, la capacità di acquisire
vocabolario sono più alte. C’è un’area ricreativa dove il gioco è strutturato in maniera
tale da rispondere alle esigenze dei bimbi: sviluppare le abilità motorie, l’attitudine
a interagire con i coetanei, a risolvere problemi, prendere piccole decisioni... Inoltre,
fornisce loro la protezione di base e dà ai genitori il tempo per riposare e organizzare
la vita.
D. – Quanti bambini ci sono nel campo di Zaatari e qual è la loro
esperienza, dopo quasi due anni di guerra? Come sono arrivati in Giordania: erano
accompagnati o soli?
R. – According to the Unhcr registration, the percentage
of children… Secondo le registrazioni dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i Rifugiati (Acnur), la percentuale di bambini con età inferiore ai 18 anni raggiunge
circa il 57% della popolazione totale presente nel campo. Oggi, la popolazione totale
è di circa 45 mila rifugiati. La maggior parte dei bambini è arrivata con i loro genitori,
o accompagna da parenti. Ogni giorno però accogliamo tra gli 11 e i 15 bambini senza
nessun accompagnamento, che hanno attraversato il confine da soli. Alcuni di loro
viaggiano alcuni giorni prima di raggiungere il confine, soprattutto se vengono da
zone della Siria lontane dal confine. A prescindere dalla durata del viaggio, la paura
che li accompagna è quella di essere coinvolti in sparatorie o bombardati o comunque
colpiti: produce un effetto tremendo sui bambini. Quando i bambini partecipano per
la prima volta alle nostre attività, si sente che hanno grande paura ed ansia a livelli
altissimi, hanno paura di essere separati dai loro genitori. A volte sono molto aggressivi,
anche a livello fisico, e ci vogliono molte sedute, con partecipazione regolare alle
nostre attività, prima che i bambini si calmino e ritornino alla normalità.
D.
– Si ricorda qualche storia in particolare?
R. – There was a little kid, he
is seven years old… Sì, ricordo un bambino di sette anni. Gli chiedemmo di parlarci
della sua famiglia: vivevano in una tenda vicino ad uno dei nostri centri per famiglie
con bambini. Disse: “Nella nostra tenda ripetiamo spesso la parola freddo, perché
avevamo sempre freddo, al punto che la prima parola pronunciata dal mio fratellino
piccolo è stata 'freddo', prima ancora che mamma e papà. Questo riassume come le necessità
siano immense: sono oltre ogni immaginazione!
D. – Nessuno sa quanto il conflitto
possa durare. Cosa può essere fatto, in questo contesto, per garantire un futuro migliore
a giovani e bambini che soffrono a causa della guerra?
R. – No one knows when
those children will go back home… Nessuno può sapere quando questi bambini riusciranno
a tornare a casa e nessuno sa se ritroveranno una casa alla quale tornare, perché
continuano a ricevere notizie delle loro case colpite e delle loro scuole bombardate.
Nonostante, tutte le sofferenze e nonostante l’entità della crisi, credo che dobbiamo
lavorare insieme, come una famiglia internazionale, per garantire i diritti di questi
bambini. I bambini hanno diritti che devono essere rispettati, sia in caso di emergenza,
che in un giorno qualsiasi.