2013-01-05 14:49:39

Siria, si combatte a Damasco. L'impegno di Save the Children per i bambini rifugiati


Continuano i combattimenti in Siria, dove le forze governative si stanno scontrando con i ribelli per il controllo di Daraya, importante sobborgo di Damasco. Intanto, sono arrivati in Turchia i primi militari statunitensi incaricati di supportare il dispiegamento sul territorio di Ankara dei missili Patriot richiesti dalle autorità locali alla Nato. L’Alleanza atlantica ha sottolineato come il dispiegamento abbia esclusivamente una “funzione difensiva” del confine. La crisi militare porta con sé anche l’emergenza umanitaria, che coinvolge ormai oltre mezzo milione di sfollati. Particolare allarme desta la situazione dei bambini. Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente in Giordania Saba al-Mobaslat, project director di Save The Children nel Paese, che ha aperto nel campo di Zaatari un asilo per i bambini tra zero e cinque anni:RealAudioMP3

R. – We believe that this particular age…
Crediamo che questa particolare fascia di età abbia specifiche necessità, tra queste protezione e istruzione. Dal nostro punto di vista, ai bambini che vivono in un ambiente sicuro, insieme con i loro coetanei, è consentito di continuare a svilupparsi e a imparare, in modo da non perdere quella fase importante della vita in cui le capacità di apprendimento, le capacità cerebrali, la capacità di acquisire vocabolario sono più alte. C’è un’area ricreativa dove il gioco è strutturato in maniera tale da rispondere alle esigenze dei bimbi: sviluppare le abilità motorie, l’attitudine a interagire con i coetanei, a risolvere problemi, prendere piccole decisioni... Inoltre, fornisce loro la protezione di base e dà ai genitori il tempo per riposare e organizzare la vita.

D. – Quanti bambini ci sono nel campo di Zaatari e qual è la loro esperienza, dopo quasi due anni di guerra? Come sono arrivati in Giordania: erano accompagnati o soli?

R. – According to the Unhcr registration, the percentage of children…
Secondo le registrazioni dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur), la percentuale di bambini con età inferiore ai 18 anni raggiunge circa il 57% della popolazione totale presente nel campo. Oggi, la popolazione totale è di circa 45 mila rifugiati. La maggior parte dei bambini è arrivata con i loro genitori, o accompagna da parenti. Ogni giorno però accogliamo tra gli 11 e i 15 bambini senza nessun accompagnamento, che hanno attraversato il confine da soli. Alcuni di loro viaggiano alcuni giorni prima di raggiungere il confine, soprattutto se vengono da zone della Siria lontane dal confine. A prescindere dalla durata del viaggio, la paura che li accompagna è quella di essere coinvolti in sparatorie o bombardati o comunque colpiti: produce un effetto tremendo sui bambini. Quando i bambini partecipano per la prima volta alle nostre attività, si sente che hanno grande paura ed ansia a livelli altissimi, hanno paura di essere separati dai loro genitori. A volte sono molto aggressivi, anche a livello fisico, e ci vogliono molte sedute, con partecipazione regolare alle nostre attività, prima che i bambini si calmino e ritornino alla normalità.

D. – Si ricorda qualche storia in particolare?

R. – There was a little kid, he is seven years old…
Sì, ricordo un bambino di sette anni. Gli chiedemmo di parlarci della sua famiglia: vivevano in una tenda vicino ad uno dei nostri centri per famiglie con bambini. Disse: “Nella nostra tenda ripetiamo spesso la parola freddo, perché avevamo sempre freddo, al punto che la prima parola pronunciata dal mio fratellino piccolo è stata 'freddo', prima ancora che mamma e papà. Questo riassume come le necessità siano immense: sono oltre ogni immaginazione!

D. – Nessuno sa quanto il conflitto possa durare. Cosa può essere fatto, in questo contesto, per garantire un futuro migliore a giovani e bambini che soffrono a causa della guerra?

R. – No one knows when those children will go back home…
Nessuno può sapere quando questi bambini riusciranno a tornare a casa e nessuno sa se ritroveranno una casa alla quale tornare, perché continuano a ricevere notizie delle loro case colpite e delle loro scuole bombardate. Nonostante, tutte le sofferenze e nonostante l’entità della crisi, credo che dobbiamo lavorare insieme, come una famiglia internazionale, per garantire i diritti di questi bambini. I bambini hanno diritti che devono essere rispettati, sia in caso di emergenza, che in un giorno qualsiasi.







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