2013-01-04 13:06:17

Attentato a Damasco: almeno 11 morti. Sempre più tragica la situazione dei profughi


In Siria, sono almeno 11 i morti in un attentato compiuto nella notte contro un distributore di benzina a Damasco. Decine i feriti gravi. L’esplosione ha colto nel sonno le tante persone che stavano dormendo in attesa del rifornimento di carburante. Intanto, si fa sempre più drammatica la situazione dei profughi siriani. Marie Duhamel ha intervistato Fabrice Weissman, del Centro di ricerca sull’azione umanitaria di Medici senza Frontiere: RealAudioMP3

R.- Il y a, si vous voulez, cet aide mis en place avec par le réseau des médecins…
C’è una sorta di sostegno messo in opera dai medici siriani con un aiuto limitato dall’estero, che consente di offrire un minimo di servizi di assistenza sanitaria che però è ampiamente insufficiente rispetto alle esigenze. Nelle zone controllate dall’opposizione appare evidente la necessità di molti più aiuti, soprattutto in termini di medicinali e personale medico. Poi, c’è la necessità di alloggi, di cibo ed energia elettrica: ci sono infatti oltre due milioni di persone sfollate internamente, gran parte delle quali si è rifugiata nei villaggi più distanti dalle linee del fronte, nella zona “ribelle”. Le persone che sono fuggite dalle zone dei combattimenti vivono dai parenti in appartamenti sovraffollati, oppure nelle tende. Le loro condizioni di vita sono molto precarie, considerando anche l’inverno che in questa regione è molto rigido: spesso la notte porta il gelo. Oltre alla difficoltà di alloggiare queste persone, c’è anche la crisi energetica: diventa sempre più difficile trovare carburante nelle regioni controllate dall’opposizione armata. E’ noto che prima della guerra la benzina e gli altri aiuti erano sovvenzionati dal governo e che oggi, invece, non solo non c’è più sovvenzione ma nemmeno rifornimento dalle regioni controllate dal governo, e i Paesi limitrofi sono restii a fornire carburante ed energia. Nella regione di Aleppo, ad esempio, il prezzo della benzina è aumentato di 30 volte, e questo rende gli spostamenti estremamente difficili, fa aumentare il costo dei trasporti e quindi il prezzo del cibo, rende più difficile il riscaldamento delle case e spiega anche la mancanza di farina: i mulini non possono lavorare perché mancano il carburante o la corrente elettrica. Oggi registriamo carenza di pane nella maggior parte delle città, come ad Aleppo. Anche in questo caso, si può calcolare che nelle zone controllate dai ribelli servirebbe un aiuto alimentare molto più consistente, sotto forma di farina, di latte in polvere per i bambini.

D. – Arrivano gli aiuti umanitari internazionali?

R. - L'aide internationale est encore très limitée…
L’aiuto internazionale è ancora molto limitato: si tratta sostanzialmente di aiuto medico fornito dalle reti di solidarietà siriane con il supporto dei Paesi vicini, mentre gli attori tradizionali dell’aiuto internazionale – sia le agenzie dell’Onu, sia le grandi Ong internazionali – sono poco presenti nella regione, a causa del mancato sostegno finanziario e diplomatico da parte della comunità internazionale, quindi dei Paesi occidentali, della Cina e della Russia. Bisogna dire che lavorare oggi nella zona controllata dai ribelli è possibile sia da un punto di vista logistico che di sicurezza, anche se ovviamente permane il rischio dei bombardamenti aerei; nonostante molti Paesi riconoscano l’opposizione siriana come l’unico legittimo rappresentante del popolo siriano, sono in pochi quelli disposti a finanziare le operazioni di soccorso umanitario nelle zone ribelli e a fornire garanzie politiche agli operatori delle Nazioni Unite che consentirebbero loro di entrare nelle zone in questione, sfuggendo al controllo di Damasco.


Ed è particolarmente difficile la situazione per migliaia di bambini profughi siriani in Libano: nelle regioni libanesi del Nord e Bekaa sono circa 35 mila bambini siriani con meno di 14 anni che vivono in condizioni critiche. In questo periodo, la situazione meteorologica con temperature sempre più rigide rende la situazione ancora più drammatica. La priorità è mantenere i piccoli al caldo, al sicuro e sani. A Dalhamieh, un piccolo villaggio della Valle della Bekaa, circa 30 chilometri ad est di Beirut, i rifugiati siriani sono sparsi in un accampamento dove le tende si moltiplicano di giorno in giorno. Fino a qualche giorno c’erano 698 persone, tra cui 86 bambini con meno di 2 anni, giunti dalla Siria. In questi giorni – ricorda l’agenzia Fides - si trovano a dover far fronte alle rigide temperature invernali. Le tende sono fatte di cartone e plastica e non sono adeguate per il clima rigido della zona. Secondo le ultime statistiche dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, i profughi registrati o in attesa di registrazione in Libano sono oltre 160 mila. Tuttavia, il numero reale è notevolmente superiore visto che molti, per timore, preferiscono non registrarsi. La scorsa settimana, circa 270 rifugiati sono stati ricoverati in ospedale. C’è anche il pericolo di epidemie di epatite e colera. Nel piccolo villaggio di Adous stanno aumentando i ricoveri negli ospedali. Per cercare di limitare questa emergenza, l’Unicef e altre organizzazioni umanitarie stanno avviando in Libano un programma per distribuire ai rifugiati ad Akkar, nel Libano del Nord e nella Valle della Bekaa, kit con materiali di supporto per far fronte all’inverno. Occorrono scarpe, calze, pantaloni, giacche, cappelli, guanti ma anche teli di plastica, coperte, forniture mediche e alimentari. (A.L.)







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