Attentato a Damasco: almeno 11 morti. Sempre più tragica la situazione dei profughi
In Siria, sono almeno 11 i morti in un attentato compiuto nella notte contro un distributore
di benzina a Damasco. Decine i feriti gravi. L’esplosione ha colto nel sonno le tante
persone che stavano dormendo in attesa del rifornimento di carburante. Intanto, si
fa sempre più drammatica la situazione dei profughi siriani. Marie Duhamel
ha intervistato Fabrice Weissman, del Centro di ricerca sull’azione umanitaria
di Medici senza Frontiere:
R.- Il y a,
si vous voulez, cet aide mis en place avec par le réseau des médecins… C’è una
sorta di sostegno messo in opera dai medici siriani con un aiuto limitato dall’estero,
che consente di offrire un minimo di servizi di assistenza sanitaria che però è ampiamente
insufficiente rispetto alle esigenze. Nelle zone controllate dall’opposizione appare
evidente la necessità di molti più aiuti, soprattutto in termini di medicinali e personale
medico. Poi, c’è la necessità di alloggi, di cibo ed energia elettrica: ci sono infatti
oltre due milioni di persone sfollate internamente, gran parte delle quali si è rifugiata
nei villaggi più distanti dalle linee del fronte, nella zona “ribelle”. Le persone
che sono fuggite dalle zone dei combattimenti vivono dai parenti in appartamenti sovraffollati,
oppure nelle tende. Le loro condizioni di vita sono molto precarie, considerando anche
l’inverno che in questa regione è molto rigido: spesso la notte porta il gelo. Oltre
alla difficoltà di alloggiare queste persone, c’è anche la crisi energetica: diventa
sempre più difficile trovare carburante nelle regioni controllate dall’opposizione
armata. E’ noto che prima della guerra la benzina e gli altri aiuti erano sovvenzionati
dal governo e che oggi, invece, non solo non c’è più sovvenzione ma nemmeno rifornimento
dalle regioni controllate dal governo, e i Paesi limitrofi sono restii a fornire carburante
ed energia. Nella regione di Aleppo, ad esempio, il prezzo della benzina è aumentato
di 30 volte, e questo rende gli spostamenti estremamente difficili, fa aumentare il
costo dei trasporti e quindi il prezzo del cibo, rende più difficile il riscaldamento
delle case e spiega anche la mancanza di farina: i mulini non possono lavorare perché
mancano il carburante o la corrente elettrica. Oggi registriamo carenza di pane nella
maggior parte delle città, come ad Aleppo. Anche in questo caso, si può calcolare
che nelle zone controllate dai ribelli servirebbe un aiuto alimentare molto più consistente,
sotto forma di farina, di latte in polvere per i bambini.
D. – Arrivano gli
aiuti umanitari internazionali?
R. - L'aide internationale est encore très
limitée… L’aiuto internazionale è ancora molto limitato: si tratta sostanzialmente
di aiuto medico fornito dalle reti di solidarietà siriane con il supporto dei Paesi
vicini, mentre gli attori tradizionali dell’aiuto internazionale – sia le agenzie
dell’Onu, sia le grandi Ong internazionali – sono poco presenti nella regione, a causa
del mancato sostegno finanziario e diplomatico da parte della comunità internazionale,
quindi dei Paesi occidentali, della Cina e della Russia. Bisogna dire che lavorare
oggi nella zona controllata dai ribelli è possibile sia da un punto di vista logistico
che di sicurezza, anche se ovviamente permane il rischio dei bombardamenti aerei;
nonostante molti Paesi riconoscano l’opposizione siriana come l’unico legittimo rappresentante
del popolo siriano, sono in pochi quelli disposti a finanziare le operazioni di soccorso
umanitario nelle zone ribelli e a fornire garanzie politiche agli operatori delle
Nazioni Unite che consentirebbero loro di entrare nelle zone in questione, sfuggendo
al controllo di Damasco.
Ed è particolarmente difficile la situazione
per migliaia di bambini profughi siriani in Libano: nelle regioni libanesi del Nord
e Bekaa sono circa 35 mila bambini siriani con meno di 14 anni che vivono in condizioni
critiche. In questo periodo, la situazione meteorologica con temperature sempre più
rigide rende la situazione ancora più drammatica. La priorità è mantenere i piccoli
al caldo, al sicuro e sani. A Dalhamieh, un piccolo villaggio della Valle della Bekaa,
circa 30 chilometri ad est di Beirut, i rifugiati siriani sono sparsi in un accampamento
dove le tende si moltiplicano di giorno in giorno. Fino a qualche giorno c’erano 698
persone, tra cui 86 bambini con meno di 2 anni, giunti dalla Siria. In questi giorni
– ricorda l’agenzia Fides - si trovano a dover far fronte alle rigide temperature
invernali. Le tende sono fatte di cartone e plastica e non sono adeguate per il clima
rigido della zona. Secondo le ultime statistiche dell’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati, i profughi registrati o in attesa di registrazione in Libano
sono oltre 160 mila. Tuttavia, il numero reale è notevolmente superiore visto che
molti, per timore, preferiscono non registrarsi. La scorsa settimana, circa 270 rifugiati
sono stati ricoverati in ospedale. C’è anche il pericolo di epidemie di epatite e
colera. Nel piccolo villaggio di Adous stanno aumentando i ricoveri negli ospedali.
Per cercare di limitare questa emergenza, l’Unicef e altre organizzazioni umanitarie
stanno avviando in Libano un programma per distribuire ai rifugiati ad Akkar, nel
Libano del Nord e nella Valle della Bekaa, kit con materiali di supporto per far fronte
all’inverno. Occorrono scarpe, calze, pantaloni, giacche, cappelli, guanti ma anche
teli di plastica, coperte, forniture mediche e alimentari. (A.L.)