L’Onu: 60mila morti in Siria. Offensiva ribelle contro l'aeroporto di Aleppo e la
base aerea di Idlib
Si fa sempre più drammatico il bilancio del conflitto in Siria: secondo l'Onu, sono
circa 60 mila i morti accertati dall’inizio della crisi nel marzo del 2011. Una cifra
superiore a quanto si temeva, ha commentato l’alto commissario Onu per i diritti umani
Navi Pillay, che ha realizzato l’indagine. Intanto, gli insorti hanno lanciato un'offensiva
contro l'aeroporto di Aleppo e la base aerea di Idlib. Tra i fattori che alimentano
la crisi siriana c’è anche il rifornimento di armi alle parti in lotta. Ma qual è
l’ampiezza del fenomeno? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli
membro del direttivo dell’Istituto Archivio Disarmo:
R. – I dati
in realtà sono molto scarsi. Un po’ di più sappiamo sui dati relativi al governo siriano.
Sappiamo che, per esempio, nell’arco degli ultimi cinque anni le forniture di armamenti
al governo siriano sono aumentate del 600 per cento e praticamente sono quasi tutte
quante provenienti dalla Russia, si calcola il 78 per cento. I dati che si conosconono,
almeno ufficialmente, sono quelli relativi ai grandi sistemi d’arma, quindi parliamo
di aerei, carri armati, missili, navi etc.
D. – Qual è il ruolo dell’Iran che
è storicamente vicino alla Siria?
R. – Le forniture ufficiali alla Siria negli
ultimi anni provengono soprattutto dalla Bielorussia, dalla Bulgaria, dalla Cecoslovacchia,
dalla Corea del nord, dal Pakistan, e come dicevo prima, dalla Russia. Abbiamo qualche
dato riguardante l’Iran nei confronti della Siria e ci risultano un certo numero di
missili antinave e di sistemi di difesa costiera. Sono relativamente poche cose. Il
problema grosso, invece, è quello relativo alle cosiddette armi piccole e leggere:
non vanno dimenticate ed è questo il buco nero dell’informazione mondiale.
D.
- Chi assicura il rifornimento di armi ai ribelli?
R. - Le notizie che si hanno
sono agenzie di stampa che riportano voci secondo cui, per esempio, dal giugno scorso
ci sono agenti della Cia che attraverso la Turchia riforniscono di armi i ribelli.
Questo, però, evidentemente, avviene da molto più tempo perché il conflitto dura ormai
da oltre un anno e mezzo e le forze di opposizione sostengono, direi ormai con successo,
il confronto con un esercito organizzato come quello siriano. Ciò che è difficile
in realtà è quantificare gli armamenti che, teniamo presente, spesso e volentieri
non sono di fabbricazione occidentale ma sono materiali ex Unione Sovietica che finiscono
nel mercato nero mondiale degli armamenti.
D. – La Turchia appoggia il fronte
antigovernativo, è così anche sul fronte del rifornimento di armi?
R. – Questo
ufficialmente viene sempre negato anche se poi in realtà avviene. Teniamo presente
che la Turchia negli ultimi anni sta giocando un ruolo sempre più da leader regionale
e che geograficamente la Turchia si affaccia a nord sulla Siria, sull’Iraq, sull’Iran;
i contatti sono molto ravvicinati e la Turchia, evidentemente, ha interesse a posizionarsi
come potenza leader a livello locale e quindi a soppiantare un governo come quello
di Assad che, comunque, era più legato a Teheran che a Istanbul.