2013-01-03 14:22:21

L’Onu: 60mila morti in Siria. Offensiva ribelle contro l'aeroporto di Aleppo e la base aerea di Idlib


Si fa sempre più drammatico il bilancio del conflitto in Siria: secondo l'Onu, sono circa 60 mila i morti accertati dall’inizio della crisi nel marzo del 2011. Una cifra superiore a quanto si temeva, ha commentato l’alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay, che ha realizzato l’indagine. Intanto, gli insorti hanno lanciato un'offensiva contro l'aeroporto di Aleppo e la base aerea di Idlib. Tra i fattori che alimentano la crisi siriana c’è anche il rifornimento di armi alle parti in lotta. Ma qual è l’ampiezza del fenomeno? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli membro del direttivo dell’Istituto Archivio Disarmo:RealAudioMP3

R. – I dati in realtà sono molto scarsi. Un po’ di più sappiamo sui dati relativi al governo siriano. Sappiamo che, per esempio, nell’arco degli ultimi cinque anni le forniture di armamenti al governo siriano sono aumentate del 600 per cento e praticamente sono quasi tutte quante provenienti dalla Russia, si calcola il 78 per cento. I dati che si conosconono, almeno ufficialmente, sono quelli relativi ai grandi sistemi d’arma, quindi parliamo di aerei, carri armati, missili, navi etc.

D. – Qual è il ruolo dell’Iran che è storicamente vicino alla Siria?

R. – Le forniture ufficiali alla Siria negli ultimi anni provengono soprattutto dalla Bielorussia, dalla Bulgaria, dalla Cecoslovacchia, dalla Corea del nord, dal Pakistan, e come dicevo prima, dalla Russia. Abbiamo qualche dato riguardante l’Iran nei confronti della Siria e ci risultano un certo numero di missili antinave e di sistemi di difesa costiera. Sono relativamente poche cose. Il problema grosso, invece, è quello relativo alle cosiddette armi piccole e leggere: non vanno dimenticate ed è questo il buco nero dell’informazione mondiale.

D. - Chi assicura il rifornimento di armi ai ribelli?

R. - Le notizie che si hanno sono agenzie di stampa che riportano voci secondo cui, per esempio, dal giugno scorso ci sono agenti della Cia che attraverso la Turchia riforniscono di armi i ribelli. Questo, però, evidentemente, avviene da molto più tempo perché il conflitto dura ormai da oltre un anno e mezzo e le forze di opposizione sostengono, direi ormai con successo, il confronto con un esercito organizzato come quello siriano. Ciò che è difficile in realtà è quantificare gli armamenti che, teniamo presente, spesso e volentieri non sono di fabbricazione occidentale ma sono materiali ex Unione Sovietica che finiscono nel mercato nero mondiale degli armamenti.

D. – La Turchia appoggia il fronte antigovernativo, è così anche sul fronte del rifornimento di armi?

R. – Questo ufficialmente viene sempre negato anche se poi in realtà avviene. Teniamo presente che la Turchia negli ultimi anni sta giocando un ruolo sempre più da leader regionale e che geograficamente la Turchia si affaccia a nord sulla Siria, sull’Iraq, sull’Iran; i contatti sono molto ravvicinati e la Turchia, evidentemente, ha interesse a posizionarsi come potenza leader a livello locale e quindi a soppiantare un governo come quello di Assad che, comunque, era più legato a Teheran che a Istanbul.







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