Siria. Appello di mons. Hindo: il nostro grano saccheggiato e venduto ai turchi
Due appelli urgenti sono stati rivolti alla presidenza della Fao - l'Organizzazione
delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, con sede centrale a Roma
– e al Primo Ministro irakeno, Nuri al-Maliki, con la richiesta di un intervento immediato
davanti all'emergenza umanitaria che sta stritolando centinaia di migliaia di siriani
nella regione di Jazira, nell'Alta Mesopotamia siriana. A richiamare di nuovo l'attenzione
su uno dei tanti versanti oscurati del dramma siriano è l'arcivescovo Jacques Behnan
Hindo, titolare della arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi: le cose si aggravano
in fretta, e la situazione – avverte l'arcivescovo siriano - “potrebbe presto diventare
catastrofica”. Nel testo dell'appello alla Fao, riportato dall'agenzia Fides, il deterioramento
delle condizioni di sopravvivenza della popolazione dell'area è delineato nei dettagli.
All'inizio dell'inverno, ogni attività economica appare paralizzata. Le strade per
i rifornimenti in direzione ovest sono interrotte da più di un mese, e ciò provoca
il progressivo esaurimento dei beni di prima necessità e un aumento vertiginoso dei
prezzi di tutte le derrate. La mancanza di carburanti impedisce il riscaldamento delle
abitazioni e ha portato al blocco totale di tutte le attività agricole, proprio mentre
inizia la stagione della semina. “I silos di grano - riferisce in particolare l'arcivescovo
Hindo - sono stati saccheggiati e il frumento è stato venduto a commercianti turchi
che lo hanno convogliato in Turchia, sotto lo sguardo dei doganieri turchi. Il nostro
grano è stato venduto a un prezzo molto basso”. La regione di Jazira era rinomata
per la produzione di grano di ottima qualità. Nei decenni scorsi, a prelevare sottocosto
il frumento pregiato dell'area, erano le politiche agricole del governo centrale di
Damasco. Oltre al grano saccheggiato, l’arcivescovo Hindo denuncia la progressiva
scomparsa di altri prodotti vitali, come il latte per i bambini e le medicine, a partire
dagli antibiotici. L'unica rotta di collegamento con l'esterno rimane la strada internazionale
diretta in Irak, che collega l'Alta Mesopotania siriana a Mossul. Nel testo del suo
secondo appello, rivolto al Premier irakeno Al-Maliki, mons. Hindo pone al leader
politico del Paese confinante una richiesta concreta: “Vi preghiamo di soccorrerci
il più in fretta possibile, inviandoci 600 cisterne di carburante, 300 cisterne di
benzina e alcune tonnellate di farina”. L'arcivescovo siriano, nel messaggio inviato
anche a Fides, accomuna le sofferenze vissute adesso dal suo popolo con quelle che
gli iracheni hanno provato nel loro recente passato: “Noi - scrive mons. Hindo ad
al-Maliki - soffriamo ciò che ha sofferto il popolo irakeno per l'imposizione dell'embargo.
Le prime vittime sono stati i bambini. Voi avete provato nei vostri corpi, nelle vostre
anime e nei vostri bambini, tutta l'ingiustizia che ne deriva. Perché ad essere punito
è solo il popolo, e non il governo. Gli Stati così pongono i loro interessi al di
sopra degli interessi degli uomini, e anche al di sopra dei diritti che Dio ha su
ciò che è opera Sua”. La regione di Jazira, con i centri urbani di Kamishly e Hassakè
(capoluogo dell'omonimo governatorato) contava un milione e mezzo di abitanti, ai
quali dall'inizio della guerra civile si sono aggiunti almeno 400mila profughi provenienti
da Aleppo, Homs, Deir-Ez-Zor e Damasco. (R.P.)