Centrafrica: negoziato più vicino. La Chiesa crede nel dialogo
Messaggi contrastanti, di avvertimento da una parte e di disponibilità al dialogo
dall’altra, sono stati avanzati oggi da alcuni dei protagonisti dell’attuale crisi
in Centrafrica. A Bangui, il generale Jean-Felix Akaga, comandante della Forza multinazionale
dell’Africa centrale (Fomac), contingente dispiegato nel paese dal 2008, ha avvertito
i ribelli di Seleka di astenersi da ulteriori offensive con particolare riferimento
alla città di Damara, ultimo grosso centro prima della capitale ancora in mano alle
truppe governative. Nel corso di una conferenza stampa, Akaga ha detto che Damara
“costituisce una linea rossa” che non può essere superata da nessuno dei due contendenti:
“Penso che la situazione sia arrivata a uno status quo – ha quindi aggiunto – e ritengo
che sia i ribelli che il governo abbiano ormai intenzione di partecipare ai negoziati
che si terranno a Libreville”. In effetti, dopo le dichiarazioni dei giorni scorsi
del presidente François Bozizé (“sì al dialogo, no a una mia ricandidatura alle prossime
elezioni”), oggi anche il portavoce di Seleka a Parigi, Eric Massi, ha detto che i
ribelli hanno fermato la loro avanzata e sono pronti a prendere parte alle trattative
promosse dall’Unione Africana in Gabon: “Vogliamo impegnarci nella discussioni di
Libreville per arrivare a una soluzione politica” ha detto il portavoce” annunciando
proposte per una transizione politica. Secondo fonti locali dell'agenzia Misna, gli
ultimi sviluppi sono stati anche conseguenza dell’arrivo in Centrafrica di rinforzi
per la Fomac e di posizioni più decise espresse dalla Comunità economica degli Stati
dell’Africa centrale. In un'intervista rilasciata al giornale cattolico La Croix,
l’arcivescovo di Bangui mons. Dieudonné Nzapalainga ha detto di credere ancora nel
dialogo e di considerare anzi questa strada come l’unica praticabile: “Non ci sono
alternative” ha detto l’arcivescovo, sottolineando che al di là delle differenze,
la popolazione centrafricana condivide esigenze fondamentali come è la pace, ingrediente
“di un’economia prospera, dello sviluppo, del benessere, della sanità, dell’istruzione”.
Mons. Nzapalainga ha escluso una connotazione religiosa del conflitto (musulmani del
nord contro cristiani del sud) e affermato che esso “è legato a un senso di ingiustizia
e del mancato rispetto di promesse”. Dal canto suo, nel suo messaggio di fine anno
mons. Nestor Désiré Nongo Aziagbia, vescovo di Bossangoa, scrive che “la saggezza
ci spinge alla moderazione e al dialogo. Quale che siano le incomprensioni, un compromesso
è sempre possibile attraverso il dialogo”. Il vescovo - riporta l'agenzia Fides -
ricorda che i poveri sono le prime vittime delle guerre civili che hanno insanguinato
la storia del Centrafrica e denuncia violenze contro i civili nelle aree della sua
diocesi (Kabo e Batangafo) conquistate dai ribelli. (R.P.)