Borse positive dopo l'accordo sul fiscal cliff negli Stati Uniti
Borse europee in volata sulla scia dell’approvazione negli Stati Uniti dell’accordo
bipartisan sul fiscal cliff che ha evitato l’ulteriore aumento delle tasse. In extremis
la Camera con 257 sì e 167 no ha approvato l’accordo già licenziato dal Senato. Soddisfatto
il presidente Obama per il quale però questo è “solo un primo passo nella lotta al
deficit”. Il servizio di Benedetta Capelli:
Tira un sospiro
di sollievo Obama, volato alle Hawaii per proseguire le sue vacanze, e che proprio
sul Fiscal Cliff aveva puntato in campagna elettorale. “Ho mantenuto la promessa di
alzare le tasse ai più ricchi – ha dichiarato al termine del voto alla Camera – e
di salvaguardare la classe media”. E in effetti il testo approvato con una maggioranza
bipartisan ma con lacerazioni in entrambi gli schieramenti, va in questa direzione.
Aumento delle imposte per. Riconfermati gli sgravi fiscali alla classe media; proroga
di 5 anni del credito di imposta per le famiglie con figli e per gli studenti alle
prese con le rette del college; estese fino al 2013 le agevolazioni per i disoccupati
di lungo periodo. Agevolazioni anche per le imprese che innovano e che investono nelle
energie rinnovabili; aumento delle tasse di successione di 5 punti percentuali per
proprietà che superano i 10 milioni di dollari; innalzamento poi dell'aliquota fiscale
al 20% per chi guadagna più di 400mila dollari l’anno., in due mesi si dovrà mettere
a punto un programma di tagli mirati “perché – ha detto Obama – il deficit è ancora
troppo elevato”. Un lasso di tempo nel quale pensare a come consolidare le finanze
pubbliche e rimettere l’economia americana sulla strada della ripresa.
Tutto
rinviato invece sul fronte della spesa pubblica sul quale si temono nuove divisioni
tra repubblicani e democratici. Su questa intesa ascoltiamo il parere di Stefano
Manzocchi, docente di economia internazionale alla Luiss di Roma. L’intervista
è di Benedetta Capelli:
R. - Sostanzialmente
l’unica vera misura che è stata approvata è questo aumento delle tasse per chi guadagna
oltre 400-450 mila dollari l’anno, per il resto è tutto rimandato fra due mesi, per
quanto riguarda i tagli fiscali. Che le borse abbiano reagito positivamente è naturale
perché l’ipotesi alternativa per il fallimento dell’accordo avrebbe causato un forte
rischio di contrazione per l’economia americana. Per l’economia europea, da una parte
è un messaggio incoraggiante perché vuol dire che gli Stati Uniti hanno recuperato
capacità di leadership e di ripresa economica; dall’altra parte dovrebbe farci riflettere,
invece, su certe incapacità europee di cogliere le occasioni per andare avanti con
progresso negli accordi.
D. – A livello politico, entrambi gli schieramenti
hanno visto delle divisioni al loro interno. Questo sul negoziato futuro riguardante
i tagli alla spesa quanto potrà pesare?
R. – Certamente Obama dovrà contrattare
sui tagli alla spesa perché c’è un’anima del partito che vorrebbe aumentare, invece,
la spesa pubblica per l’assistenza, per l’assicurazione contro la disoccupazione,
per la spesa in infrastrutture. Lui dovrà fare i conti con tutte queste cose. Ma,
il campo repubblicano è molto più seriamente diviso, perché viene da una sconfitta
sonora alle ultime elezioni e poi perché è diviso fra un’anima radicale che vorrebbe
tagliare le tasse anche ai ricchi e tagliare la spesa pubblica a vantaggio dei poveri;
e tra quella più moderata che vorrebbe una politica con una minore presenza dello
Stato, ma in maniera non così radicale. Queste due anime, oggi, sembrano davvero inconciliabili.
D.
– Quanto sono realistici, ad esempio, i tagli al budget del Pentagono?
R. –
Bisogna capire anche quello che sta davvero succedendo dentro la società americana:
il presidente Bush è stato di fatto, alla fine, accusato da tutti gli elettori - che
poi hanno votato Obama - di avere speso, sperperato risorse enormi per le guerre che
ha fatto; il presidente Obama si è impegnato e sta, da questo punto di vista, riducendo
quel tipo di spesa – quella militare – e dall’altra parte si sta concentrando sul
fronte interno, ovvero, sulla disoccupazione, lotta alla povertà… Naturalmente, gli
equilibri andranno trovati, però questa idea di concentrare le risorse sul benessere
dei cittadini, credo che sarà la bussola che verrà seguita quando si troverà l’accordo
definitivo.
D. – Le misure contenute nel Fiscal Cliff, cosa ci dicono dei cambiamenti
interni alla società americana?
R. – C’è un disegno complessivo di cui fanno
parte le misure. Non dimentichiamo che da quest’anno, 2013, partirà la riforma sanitaria
di Obama, un’enorme svolta per la tutela della salute di tutti i cittadini. Poi c'è
l’assegno di sussidio di disoccupazione ma anche il cosiddetto “welfare to work”,
cioè la capacità di reinserire i lavoratori espulsi nel sistema produttivo. Ci sono
anche le spese per le piccole e medie imprese che verranno aumentate da questa amministrazione
per la ricerca e l’innovazione. Questo significa un’attenzione sia alle parti più
dinamiche della società – giovani, piccole imprese ed innovazione - sia alle parti
più deboli – sanità e disoccupazione – e tutto ciò sarà finanziato da un aumento delle
tasse su chi guadagna molto. C’è un’idea di America dove i più forti, i più meritevoli,
potevano comunque contribuire meno al benessere di chi invece è più debole ed Obama
sta, in qualche modo, agendo molto fortemente per correggere questa cosa. Naturalmente,
qui incontra le resistenze repubblicane, ma i repubblicani si rendono conto – probabilmente
i più moderati – che l’America è cambiata e questo spacca quel partito.