L'intensa esperienza dei 45 mila giovani ortodossi, cattolici e protestanti, a Roma
per l'incontro di preghiera di Taizé
Si avvia alla conclusione l’incontro europeo di giovani organizzato a Roma dalla comunità
ecumenica di Taizé dal 28 dicembre ad oggi 2 gennaio 2013. L'arrivo nella capitale,
l'incontro con il Papa, i momenti di preghiera e la visita ai luoghi sacri hanno svelato
ai 45mila partecipanti, il volto e il cuore della cristianità. Nelle parole di frère
John, il senso di questa nuova tappa del “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”
cominciato 35 anni fa. L’intervista è di Emanuela Campanile.
R. – Quando
i giovani hanno cominciato a venire da noi a Taizé, frere Roger, il nostro fondatore,
non voleva che questa fosse solo una bella esperienza, un evento, ma che trovasse
una continuità. Quindi, è questo lo scopo: creare questa fiducia in Dio che ci permette
di vivere la fiducia tra di noi, di essere testimoni di un mondo migliore e di essere
corresponsabili della Chiesa; aiutare i giovani a vivere una fede matura e a riunirsi
al di là di tutte le barriere presenti.
D. – Nel secondo giorno dell’incontro
europeo, 45 mila giovani ortodossi, cattolici e protestanti si sono riuniti in Piazza
San Pietro, per una preghiera comune con Papa Benedetto XVI. Il saluto di frere Alois
al Santo Padre fa riferimento anche ai cristiani riconciliati, come testimoni di pace.
Che cosa significa essere cristiano riconciliato?
R. – Vuol dire non aspettare
che ci sia il giorno di un’eventuale riunione delle Chiese, ma cominciare già dentro
di sé, nel cuore, a riconciliarsi con gli altri. Questo vuol dire per i cristiani
capire i doni delle altre tradizioni, metterle nella propria fede. E questo cerchiamo
di vivere a Taizé. Penso che ognuno possa fare questo passo dentro di sé e questo
prepara la Chiesa riconciliata di domani.
D. – Il Papa, in risposta ovviamente
a questo saluto di frere Alois, ha ricordato che è la quarta volta che la comunità
di Taizé tiene un incontro europeo a Roma. Qual è il filo rosso di questi incontri
romani di Taizé?
R. – Penso la scoperta dei luoghi importanti della fede. Per
esempio, io sono stato a tutti e quattro gli incontri a Roma. Nel primo incontro c’era
stata la visita alle catacombe e in quel momento avevamo fatto passare tutti giovani
nelle catacombe. Quest’anno non sarà possibile per tutti. Mi sembra, però, importante
che ritrovino le radici della fede in Gesù Cristo, vissuta dai cristiani di Roma da
duemila anni.
D. – Io vorrei ricordare che la Comunità di Taizé non vuole organizzare
un movimento di giovani attorno a se stessa. Spieghiamo bene. Cerca invece di accompagnare
i ragazzi proprio nell’approfondimento della fede e magari stimolarli ad impegnarsi
nella Chiesa e in particolare nelle proprie parrocchie, perché poi è lì che si fa
più saporito il sale...
R. – Esatto, questa è la nostra linea: aiutare i giovani
ad essere fermento lì dove si trovano: nelle parrocchie, nelle chiese, nei gruppi
e nei movimenti.
D. – Molti dei ragazzi che sono venuti qua a Roma sono stati
accolti da famiglie romane. Roma ha davvero aperto le proprie braccia?
R. –
E anche tanti nelle comunità religiose, che è una cosa specifica di Roma, essendoci
tutte queste comunità di suore. Chi ha avuto la fortuna di stare nelle famiglie e
nelle comunità ha ricevuto una bellissima accoglienza, perché i romani sono molto
accoglienti, soprattutto quando vedono le persone. Prima, magari, c’è un po’ di diffidenza
- “Che lingua possiamo parlare? Non ci capiremo” – ma una volta che vedono le persone,
si rendono conto che è molto semplice e tutto diventa facile.