Roma, neonato abbandonato sta bene. Legge garantisce anonimato a chi partorisce in
ospedale
In ospedale, il Sant’Eugenio di Roma, l'hanno chiamato Emanuele, pesa oltre tre chili,
è in discrete condizioni e si alimenta regolarmente. Stiamo parlando del neonato che
poco prima di mezzanotte di venerdì scorso è stato partorito e subito abbandonato
nel water di un bagno, in un McDonald's della capitale. Il piccolo è rimasto per alcuni
minuti nell’acqua, all’esterno solo la testa e un braccino. La polizia è ora al lavoro
per cercare di rintracciare la mamma partendo dalla sua immagine registrata dalle
videocamere di sicurezza del locale. Si tratta forse di una donna dell’est Europa,
forse di una prostituta. La donna ha perso molto sangue durante il parto e rischia
una grave infezione se non viene assistita. Ma come spiegare un gesto simile? Al microfono
di Adriana Masotti, Marina, una volontaria del Segretariato sociale
per la vita onlus di Roma:
R. – E’ difficile
riuscire a capire il motivo di questa scelta. Forse, la disperazione, chi lo sa. Forse
il non conoscere la possibilità di partorire in ospedale e lasciare il bambino in
adozione, cosa che è possibilissima. In questo modo si salverebbe il bambino e gli
si darebbe la sicurezza di nascere in un luogo dove è protetto. Bisognerebbe aiutare
queste mamme che si trovano in difficoltà a capire che devono andare a partorire in
ospedale e possono non essere riconosciute e quindi essere mamme “segrete”. Vorrei
però fare un collegamento con un altro discorso, quello di cui noi ci occupiamo, cioè
la difesa della vita fin dal concepimento. Bene o male questa mamma il bambino l’aveva
accolto, non aveva abortito. Quindi, un primo passo di amore verso questo figlio l’aveva
realizzato. Forse, non si è trovata di fronte a una conoscenza o forse le è mancato
questo ulteriore passo. Tutte le mamme incinte, però, che aspettano un bambino, che
lo hanno anche appena concepito, sappiano che c’è la possibilità di essere aiutate
in centri come il nostro, in tutta Italia e anche in tutto il mondo, centri che aiutano
le donne in gravidanza ad accogliere il loro bambino e a poterlo portare avanti per
farlo nascere e seguirlo anche dopo la nascita.
D. – C’è anche un’altra possibilità
che richiama i tempi antichi, ma che potrebbe funzionare ancora, la ruota degli esposti,
che esiste anche a Roma...
R. – Esistono queste esperienze e sono anche queste
delle buone possibilità, perché almeno il bambino si lascia in un luogo sicuro. Sono
presenti in qualche città e possono essere un’alternativa. Ripeto, però, che essendoci
la possibilità di partorire in ospedale è inutile partorire da sole, esponendosi a
dei rischi.
D. – Adesso, c’è una corsa alla solidarietà verso questo piccolo,
che è stato chiamato Emanuele. Tanti si fanno avanti anche per l’adozione. Peccato
che questo succeda – almeno sembra – solo nei casi estremi...
R. – Di coppie
che vogliono adottare ce ne sono tante. Bisognerebbe voler adottare, però, anche quei
bambini che magari hanno delle difficoltà, hanno dei problemi o sono più grandicelli.
D. – Il Movimento per la vita ha anche un progetto di adozione delle madri,
che aspettano un figlio...
R. – E’ un’adozione a distanza, un’adozione intesa
in senso metaforico, attraverso un aiuto economico per le donne che aspettano un figlio
e che sono indotte ad abortire proprio per motivi economici. Si chiama “Progetto Gemma”
ed è un aiuto che viene dato per un anno e mezzo alla mamma, proprio per aiutarla
a non fare l’aborto. Questo è per tutti e non solo per chi va alla ribalta della cronaca.
La solidarietà va verso tutti, anche i più nascosti.